La gloriosa storia delle tout terrein francesi

(di Gianluca Celentano)
14/06/22

Preparandoci alle novità provenienti da Eurosatory 2022 “The Defence & Security Global Event” che si svolge a Parigi, può essere interessante ricordare l’abbondante storica produzione francese di veicoli militari sia su gomma sia su cingoli.

Tra i precursori, ricordo la Panhard & Levassor la più antica fabbrica dell’automotive francese, il gruppo industriale Nexter (ex GIAT Industries) dove tra l’altro viene prodotto il carro da combattimento Leclerc o, ACMAT - Ateliers de Construction Mécanique de l'Atlantique -, oggi inserita nel complesso di Renault Trucks Defense che a sua volta fa capo gruppo Volvo.

Qualcuno avrà già compreso che, al pari della nostra Fiat, anche i cugini d’Oltralpe nel secolo scorso hanno diversificato la loro produzione di veicoli per rifornire mezzi militari durante i conflitti mondiali.

Tra le società già menzionate in altre occasioni ce n’è una in particolare degna d’attenzione, l’icona francese fondata da Andrè Citroën.

La storia del marchio

Prima di descrivere qualche modello è curiosa la storia del caratteristico logo Citroën costituito dalle due V sovrapposte.

Nel 1900 la fabbrica di Andrè Citroën produceva ruote dentate cilindriche per usi industriali e militari, chiamate tecnicamente a doppia elica o bielicoidale, ma conosciute anche come ruote a cuspide. Una caratteristica di queste ruote dentate a cuspide era la vistosa sequenza circolare di solchi a forma di V, uno specifico dettaglio ingegneristico sulla superficie di pressione tra i denti che ispirò il giovane Andrè. Egli infatti utilizzò due denti a V come marchio della nuova Citroën che presero il nome di double chevron, diventado segno distintivo della casa francese nata nel giugno 1919 per la produzione di veicoli e della prima 10 Hp Type A.

TPV, il mito diventato 2CV

Scommetto che la sigla TPV avrà ispirato in qualcuno l’associazione con un grosso blindato...

Doccia fredda! In realtà stiamo parlando dell’opposto, cioè di una pacifica quattro posti super light… (e super molleggiata) di casa Citroën, la 2 Cavalli che ha spopolato nelle vendite.

Una sintetica introduzione è d’obbligo visto che il mito 2CV nasce dopo la presentazione di ben 250 prototipi di TPV, Toute Petite Voiture intorno al 1936.

Be' diciamolo senza indugio, l’innocua Citroën 2CV sembra quasi un insulto in una rubrica di mezzi tattici, ma le cose non stanno proprio così.

Si tratta di un’autovettura molto leggera ed estremamente versatile con un ampia capote in tela di serie, insomma di una campagnola puro sangue non troppo distante dalle prerogative dei Light Multirole Vehicle; inoltre è diventata simpatica al pubblico grazie anche ai film dell’ispettore Clouseau.

Battezzata la lumaca per via della sua velocità di poco più di 60 km/h e una cilindrata di 373 cm3, la 2CV o Deux Chevaux, prese vita nel ‘48 adottando l’innovativo concetto di Traction Avant debuttato sulla francese Tracta A nel ‘28 e diventando successivamente proprio di casa Citroën nel ’34.

La linea morbida della carrozzeria della Citroën 2CV e della storica DS oltreché della Tracta A furono realizzate da un italiano, lo scultore e designer Flaminio Bertoni (foto).

Solo nel febbraio 1970 iniziò la produzione dei modelli 2CV con il motore di 602 cc, lo stesso della Dyane.

La frase e il motore

Curiosa è la celebre frase che il direttore generale di Citroën ing. Boulanger rivolse al capo dello staff di progettisti per la realizzazione della 2 cavalli:

"Voglio quattro ruote sotto ad un ombrello, faccia studiare una vettura che possa trasportare due contadini in zoccoli e 50 kg di patate, o un barilotto di vino, a una velocità massima di 60 km/h e con un consumo di 3 litri per 100 km. Le sospensioni dovranno permettere l'attraversamento di un campo arato con un paniere di uova senza romperle, e la vettura dovrà essere adatta alla guida di una conduttrice principiante e offrire un comfort indiscutibile."

L’ingegner Maurice Sainturat progettò un semplice motore bicilindrico boxer da 375 cm3 raffreddato ad acqua anche se pare si optò successivamente per una testa lamellare con raffreddamento ad aria; avviamento a manovella e un cambio a tre marce completavano la parte meccanica più complessa.

La TPV doveva debuttare come prototipo al salone di Parigi nel ’40, ma il timore che la Wermacht o le SS potessero oltrepassare la linea Maginot mostrando interesse per un veicolo spartano e versatile anche militarmente, costrinse Andrè Citroën a demolirle e sotterrarle quasi tutte. Solo alla fine della guerra l’evoluzione del prototipo TPV ebbe il suo successo.

L’innovativa 4x4 Sahara

Il suo nome corretto è "Citroën 2CV 4x4 Sahara" e la sua caratteristica principale è l’adozione bizzara di due motori, uno anteriore e uno posteriore.

Il cambio è a cloche posto in mezzo ai sedili (e non il tradizionale nel centro del cruscotto) e il suo funzionamento è con un tandem inseribile che muove le due scatole.

Sono presenti due frizioni monodisco a secco nelle rispettive scatole del cambio azionate dal tradizionale pedale che comprime un pistoncino idraulico a due vie.

I serbatoi sono sotto i sedili anteriori e nel bagagliaio posteriore è posto il secondo motore specularmente a quello anteriore.

Esteticamente è riconoscibile dalla ventola posta posteriormente, una linea più bassa e la ruota di scorta sul cofano motore.

La velocità è al di sotto dei 70 km/h e le prime motorizzazioni erano quelle della 2CV tradizionale, cioè un bicilindrico boxer di 375 cm3 diventato poi di 425 cm3 con una potenza passata da 9 a 12 cavalli.

Davvero straordinaria e con un eccellente feedback, si mostra subito senza limiti nello sterrato o sui terreni accidentati o innevati; si pensi che nonostante due propulsori aveva una Ptt di soli 735 kg!

Le sospensioni indipendenti con braccio oscillante per ruota, sono analoghe a quelle della 2CV tradizionale ma con minor escursione. La scocca in lamiera sagomata è assemblata alla carrozzeria per ridurre i pesi.

Chi ha posseduto almeno una Renault 4 (una bestemmia quando si parla di Citroën) come il sottoscritto, comprenderà bene le caratteristiche di queste tipologie di veicoli.

Con la 4x4 si poteva scegliere quale motore/trazione utilizzare, motivo per cui è stata molto apprezzata dai militari delle colonie francesi in Africa e dai geologi incaricati di ispezionare i giacimenti petroliferi.

Perché non un tradizionale 4x4?

Potremmo ricondurre la versatilità della 2CV tradizionale sostanzialmente alla sua limitatissima massa di 560 kg nelle versioni più recenti e alla coppia del suo bicilindrico.

Inserire un ripartitore anteriore, un albero di trasmissione, un differenziale posteriore, avrebbe probabilmente messo in crisi la scocca in lamiera che rischiava di deformarsi con gli urti e le sollecitazioni. Semmai sarebbe stato più logico adoperare un telaio portante come sulle jeep, ma a questo punto i rapporti di peso potenza (e consumi) si sballavano mettendo in crisi il piccolo bicilindrico.

Questa soluzione probabilmente obbligava a rivedere anche il sistema delle sospensioni a molle elicoidali orizzontali contenute in un braccio.

Credo invece senza presunzione, ma come appassionato, che la versione 4x4 Sahara sia stato più un capriccio per spingersi un po' oltre, considerando che le versioni base “Traction Avant” erano già praticamente dei piccoli e sorprendenti fuoristrada.

Citroën Méhari Armée, il posto comando

Prodotta dalla SEAB - Societe d'Exploitation et d'Application des Brevet - sulla base della 2CV, è la più militare di tutte, anche se forse ricorda qualche episodio del film La Pantera Rosa. Si tratta di un evoluzione della 2CV a due porte, ma spesso senza sportelli, ideata dopo aver studiato le conseguenze degli incidenti e comprendendo l’utilità di una struttura meno rigida, in plastica o meglio in abs (acrilonitrile butadiene stirene). Qui da noi era soprannominata Spiaggina perché andava davvero ovunque pesando poco meno della 2CV. Offriva però un carico utile di 400 chili e alcune versioni furgonate/telonate vennero convertite e vendute per compiti militari come il supporto di RPG/lanciagranate anticarro, veicolo d’ispezione o posto comando. Un mezzo estremamente multiruolo e al tempo stesso spartano e senza limiti di impiego, che ha registrato nel mercato civile ben 150mila unità vendute tra il ‘68 e gli anni ‘80. È stata una grande protagonista nei battaglioni della Légion étrangère e nella Gendarmerie avendo anche caratteristiche di avio trasporto/lancio.
Le versioni militari avevano l’impianto elettrico potenziato da 12 a 24 volt (2 batterie da 12volt) e, per le sua leggerezza e sezione degli pneumatici, non servivano marce ridotte né trazione integrale.

Una stampa cattivissima

I giornali del periodo non furono molto teneri con la 2 CV sostenendo senza conoscerla che un’autovettura non poteva costare poco più di una coppia di equini e quindi molto meno di altre vetture.

Venne ironicamente chiamata (alla faccia del bullismo…) “brutto anatroccolo” per il suo colore grigio, o “lumaca di latta” piuttosto che...

Tuttavia nel ‘48 contro ogni aspettativa della critica, la 2CV e le sue derivate ebbero un successo enorme che stupì la stessa Citroën.

Pensate (fonte Citroën) che fu inviata una circolare a tutti i concessionari affinché accertassero e accettassero solo gli acquirenti che non avessero reali possibilità di comperare un altro modello più caro. I tempi d’attesa per una nuova e fiammante 2CV raggiunsero addirittura i due anni e mezzo.

Con la seconda e ultima parte racconteremo altre bizzarre curiosità nell’avvincente storia del marchio double chevron.

(Continua)

Foto: web