Armi della Guerra Russo-Ucraina: i droni russi

(di Andrea Gaspardo)
05/06/22

A partire dal 24 febbraio 2022, gli occhi del mondo intero sono puntati sulla guerra che si sta consumando in Ucraina e che, per il momento, oppone il complesso delle Forze Armate e di Sicurezza della Repubblica d'Ucraina da un lato all'alleanza composta dalle Forze Armate della Federazione Russa e dalle Forze Unificate della Novorossiya (cioè l'esercito congiunto delle cosiddette Repubblica Popolare di Donetsk e Repubblica Popolare di Lugansk). Al di là della sua disumana violenza e crudezza, il conflitto ha ancora una volta richiamato l'attenzione, da parte sia degli esperti che del grande pubblico, sugli armamenti utilizzati dalle parti in lotta, come avviene in occasione di ogni grande conflitto internazionale.

Nell'incominciare questa nuova serie battezzata “Armi della Guerra Russo-Ucraina”, parleremo oggi di un soggetto non molto noto ma che sta acquisendo molto velocemente importanza letteralmente sui campi di battaglia: l'utilizzo dei droni da parte delle Forze Armate Russe.

Contrariamente a quanto si può essere tentati di pensare, l'esperienza della Russia con i droni non risale a ieri. Già l'Unione Sovietica iniziò a sperimentare l'utilizzo dei droni a fini militari creando una serie di modelli interessanti, alcuni dei quali sono in servizio tutt'oggi nei ranghi delle aeronautiche di una serie di paesi tra i quali vanno annoverati proprio la Russia e l'Ucraina (nella foto seguente un Tu-141).

Vero è che dopo la caduta dell'Unione Sovietica, la crisi economica ed il marasma generale che caratterizzarono la Russia negli anni '90, fecero sì che anche i programmi di sviluppo della tecnologia degli UAV, che pure negli ultimi anni di vita dell'URSS stavano dando dei segnali assai promettenti, finirono letteralmente nel dimenticatoio e l'intero “settore” entrò in una fase di prolungata “eclissi” che durò fino al 2008.

In quell'anno i russi furono impegnati, a fianco dei loro alleati dell'Abkhazia e dell'Ossezia del Sud, in una breve ma sanguinosa guerra della durata di 12 giorni contro la Georgia.

Sebbene la preponderanza numerica e l'esperienza operativa (le forze russe impegnate in quella guerra appartenevano ad unità veterane del conflitto in Cecenia) garantissero ai russi e ai loro alleati di avere molto rapidamente la meglio sulle compatte e ben equipaggiate ma mal guidate Forze Armate georgiane, essi rimasero comunque notevolmente impressionati dall'equipaggiamento catturato ai loro nemici, in particolare dagli UAV di produzione israeliana.

Ecco perché, all'indomani della conclusione del conflitto, i programmi relativi allo sviluppo dei velivoli senza pilota ripresero, sia sfruttando le tecnologie nazionali sia importando la tecnologia israeliana, ritenuta allora quella più all'avanguardia nel settore assieme a quella statunitense.

Il risultato delle trattative russo-israeliane fu la firma di un contratto che prevedeva, tra il 2011 ed il 2016, la produzione su licenza dello UAV IAI Searcher II, in servizio presso l'Aeronautica Israeliana come successore dei precedenti Tadiran Mastiff e IAI Scout. In base al contratto, la Israel Aerospace Industry (IAI) avrebbe fornito la componentistica che sarebbe stata poi assemblata in Russia presso la UZGA di Ekaterinbug. Nel suddetto periodo, Israele ha fornito kit per la produzione di 30 “sistemi” ognuno costituito da 3 esemplari, per complessivi 90 UAV ribattezzati dai russi “Forpost” (foto). Quando finalmente, nel 2016, Israele cedette alle pressioni internazionali e decise di interrompere le forniture, la Russia continuò la produzione del Forpost in maniera autonoma e con componentistica sviluppata ad hoc dalle industrie russe.

Questa nuova versione “nazionalizzata” è nota con il nome di Forpost R. Essa trasporta un sistema optronico giroscopico di fabbricazione russa; tali dispositivi sono stati progettati da Ural Optical & Mechanical Plant (divisione di Schvabe holding, Rostec Corporation) e NPP Airborne & Marine Electronics. Il carico utile optronico è di 32 kg e comprende l'unità di imaging termico con matrice raffreddata da 3-5 micron, l'unità televisiva, il telemetro/illuminatore laser HTEB.461321.011 prodotto da Quantum Optics, un sistema di datalink ed un software sviluppato in Russia.

Migliorando le prestazioni della versione base che ha un'autonomia di 250 km, il Forpost R può vantare un'autonomia di 450 km, può volare a un'altitudine massima di 6 km e ha una durata del volo di 18 ore. L'incremento delle prestazioni è avvenuto grazie all'introduzione del motore a pistoni APD-85 di concezione nazionale. Il drone ha un peso massimo di 500 kg e può trasportare un carico utile di 120 kg. Non solo, a partire dal 2019, i russi hanno introdotto anche una variante armata del Forpost R denominata Forpost R-UCAV, finora entrata in servizio in almeno 10 esemplari e dotata di due punti d'attacco per sganciare munizionamento di precisione.

Le armi che fino ad ora sono state installate sul Forpost R-UCAV sono la variante avio lanciabile del missile anticarro 9M133M Kornet-D (versione migliorata del 9M133M Kornet-M, a sua volta versione migliorata del 9M133 Kornet base), denominata X-BPLA, le bombe guidate della serie KAB-20 (foto) e differenti tipologie di bombe a caduta libera.

Il Kornet-D è un missile anticarro guidato a puntamento laser che può essere dotato di testata termobarica oppure HEAT disposta in tandem. Il raggio di inviluppo si aggira sugli 8-10 km ed è in grado di perforare da 1.100 a 1.300 mm di acciaio omogeneo laminato (RHA) con applicata protezione ERA.

Per quanto riguarda le bombe KAB-20, esse fanno parte della più vasta famiglia di bombe note come “KAB”, acronimo che sta per “Korrektiruemaya Aviatsionnaya Bomba” (traducibile con “bomba aerea guidata”), mentre il “20” rappresenta il peso in kg.

La famiglia di bombe KAB-20 è stata sviluppata dal Central Scientific Reserch Institute of Chemistry and Mechanics “Dmitry Mendeleev” di Mosca e presenta diverse varianti caratterizzate da diversi sistemi di guida, come la KAB-20L a guida laser e la KAB-20S a guida satellitare, ognuna disponibile con diverse testate: da demolizione, a penetrazione o termobariche. Dall'inizio dell'invasione dell'Ucraina, i russi hanno impiegato il Forpost, il Forpost R ed il Forpost R-UCAV in missioni di sorveglianza, ricognizione, assestamento danni, aggiustamento del tiro d'artiglieria e attacco contro bersagli d'opportunità, ed è prevedibile che, con la continuazione dell'escalation, vedremo tali droni sempre più presenti nei cieli sopra i campi di battaglia.

Un altro drone russo che è stato intensamente impiegato nel teatro di guerra ucraino è stato il Kronshtadt Orion (foto + immagine apertura), tuttavia mentre il Forpost è nato come UAV da ricognizione su cui è stata poi sviluppata una versione armata, lo Orion è stato da subito concepito anche con le caratteristiche di uno UCAV. Sebbene lo sviluppo dell'Orion sia incominciato sin dal 2011, il drone ha spiccato il suo primo volo solo nel 2016 e, dopo un lungo periodo di prove culminato nel dispiegamento in Siria dei prototipi fino ad allora assemblati, è stato finalmente dichiarato operativo nel 2019. Da allora il drone è stato prodotto al ritmo di 30 esemplari l'anno quindi dovrebbero attualmente esserne in servizio circa 60. Durante la parentesi operativa siriana, gli Orion sono stati utilizzati in missioni di ricognizione fotografica, SIGINT/COMINT e di attacco vero e proprio. Potendo trasportare un carico utile di 200 kg, l'Orion è assai più performante del Forpost R-UCAV ed è dotato di quattro punti d'attacco per altrettanti ordigni.

Nel corso delle operazioni della corrente Guerra Russo-Ucraina, quando impiegato in missioni di attacco, l'Orion ha utilizzato il già citato missile X-BPLA, le bombe guidate della sopra menzionata famiglia KAB-20, ma anche quelle della famiglia KAB-25 e KAB-50. Oltre a questi ordigni classificabili come “intelligenti”, gli Orion russi hanno impiegato anche una nutrita gamma di bombe a caduta libera tra le quali vanno menzionate le OFAB-100-120 dal peso di 100 kg. In generale, grazie alle maggiori dimensioni, l'Orion si è dimostrato un sistema d'arma performante ed in grado di ottenere risultati doppi rispetto al Forpost R-UCAV, ma in ogni caso necessiterà dell'integrazione di munizionamento di precisione dalle caratteristiche ancora superiori se vorrà competere alla pari con i droni di fabbricazione turca Baykar Bayraktar TB2 in grado di lanciare le munizioni di precisione MAM-C, MAM-L ed in prospettiva MAM-T.

Non è affatto certo invece che i cieli dell'Ucraina vedranno mai l'apparizione dell'ultimo UCAV russo finora entrato in servizio, il Luch Korsar (foto). Frutto della collaborazione tra l'OKB Luch e la Ruselectronics, il Luch ha beneficiato di un periodo di sviluppo che è durato oltre 9 anni e culminato nell'impiego sperimentale nel teatro di guerra siriano (esattamente come l'Orion). Secondo le fonti ufficiali, l'impiego operativo ha dato risultati eccellenti tanto da spingere le Forze Armate russe ad ordinarne un numero consistente non solo per le Forze di Terra, ma anche per la Marina con entrata in servizio prevista per il 2018. Eppure, nonostante siano passati 4 anni dalla prevista entrata in servizio, non è affatto chiaro quanti esemplari del Korsar siano stati prodotti e se effettivamente le Forze di Terra e la Marina abbiano creato delle unità ad hoc equipaggiate con quello che la stampa specialistica ha comunque descritto come un modello estremamente promettente e, pare, assai più performante se comparato all'americano RQ-7 Shadow ed al turco Baykar Bayraktar TB2.

La Russia ha altri modelli avanzati di UCAV in diversi stadi di sviluppo, come: il Mikoyan Skat, il Sukhoi Okhotnik-B, il Kronshtadt Helios Orion-2, il Sirius e il Grom, tuttavia si può dire con grado assoluto di sicurezza che tali modelli non verranno mai impiegati nell'attuale conflitto d'Ucraina perché il loro stadio di sviluppo è da considerarsi “acerbo” e necessitano ancora di anni prima di poter essere dichiarati operativi e pronti per la produzione di massa.

A conti fatti, per quanto concerne il lato UCAV, la Russia continuerà a combattere questa guerra facendo affidamento solamente su due modelli di UCAV: il Forpost R-UCAV e l'Orion. Finora entrambi i droni sono stati impiegati intensamente nel loro doppio ruolo di ricognizione ed attacco ottenendo risultati apprezzabili che, seppur da considerare assolutamente non decisivi per quanto attiene la dimensione tattica o strategica, serviranno comunque da banco di prova per quelli che saranno i futuri sviluppi dell'arma UCAV di Mosca.

Ben diverso è invece il discorso degli UAV da ricognizione che, seppur latitanti nelle primissime fasi del conflitto, stanno ora vedendo un impiego assai massiccio che si sta rivelando decisivo nelle grandi battaglie dell'area del Donbass e dell'Ucraina meridionale.

L'impiego degli UAV da ricognizione sui cieli dell'Ucraina non è cosa di ieri, dato che sin dal 2014 gli ucraini hanno registrato una costante presenza dei velivoli senza pilota del loro ingombrante vicino soprattutto lungo la cosiddetta “Linea di Contatto” (altresì definita “Linea Zelensky”) abbattendone diversi appartenenti praticamente a tutti i modelli via via introdotti in servizio dalle Forze Armate Russe.

Nel corso degli anni, e ancora di più da febbraio sino ad ora, i russi hanno adoperato in grandi numeri tutte le tipologie di droni da ricognizione in loro possesso: dagli Zastava, copie russe degli IAI Bird-Eye 400 israeliani, agli Eleron-3SV di medie dimensioni, dai piccoli Takhion e Tipchak fino ai droni della serie Granat che, partendo dal modello base Granat-1 passano poi al Granat-2 ed al Granat-4. Ma lo UAV da ricognizione che è diventato il sinonimo stesso dell'impiego dei droni da parte dei russi in questa guerra e non solo è stato senza dubbio l'Orlan-10 (foto seguente).

Entrato in servizio nel 2010, l'Orlan-10 è uno UAV di dimensioni medie caratterizzato da un costo assai basso ed adatto alla produzione di massa e, nel corso degli anni, i russi ne hanno introdotte almeno 11 varianti adatte a specifiche missioni tanto che, oltre alle Forze Armate, è stato adottato anche dall'EMERCOM, il Servizio delle Emergenze (l'equivalente russo della Protezione Civile Italiana). Per garantire una produzione spedita e senza intoppi, le autorità russe hanno inizialmente optato per l'assemblaggio di componentistica di origine straniera come: sistemi di posizionamento Ublox Neo-M8 di provenienza svizzera e Simcom Mobile IMEI di provenienza cinese, servoattuatore Hyperian Atlas anche'esso cinese, motore Saito 40 CC di origine giapponese e sistemi di comunicazione di provenienza statunitense. Anche in questo caso però, con il progressivo acuirsi delle sanzioni internazionali dopo il 2014, i russi hanno cercato di puntare sempre più sulla produzione nazionale dei sub componenti tanto che, nel 2020, hanno annunciato l'entrata in servizio di una variante completamente indigena dotata per altro di un designatore laser in grado di far accrescere ulteriormente la precisione del munizionamento a puntamento laser sparato dall'artiglieria oppure sganciato dagli aerei.

Non è chiaro esattamente quanti Orlan-10 siano stati prodotti sino ad ora. Fonti russe parlano di fino a 1.500 “sistemi” prodotti ed integrati nelle strutture delle Forse Armate nel periodo compreso tra il 2010 ed il 2015. Attenzione però! È necessario notare che i “sistemi” in questo caso si compongono di gruppi di 5 droni, il che da un totale teorico di 7.500 Orlan-10 prodotti nei primi 5 anni. Dato che la produzione dello UAV non si è arrestata nel 2015, essendo infatti continuata fino ad oggi; tale numero sì è nel frattempo accresciuto fino a toccare quota 18.000 droni se venissero confermate le quote di 300 “sistemi” prodotti ogni singolo anno secondo diverse fonti sia russe che internazionali. A dire la verità, tali numeri non dovrebbero stupire dato che l'obiettivo dichiarato delle alte sfere del mondo militare russo all'atto di intraprendere la produzione dell'Orlan-10, era quello di dotare “ogni singolo reggimento delle Forze di Terra di un suo nucleo da ricognizione integrato basato su tre sistemi (quindi 15 droni in tutto) costituiti dagli Orlan-10”.

Per quanto riguarda l'impiego operativo, gli Orlan-10, così come gli altri UAV da ricognizione di tutti i tipi e le dimensioni vengono utilizzati essenzialmente per adempiere a tre missioni:

- primo: missioni di sorveglianza per le colonne russe in avanzamento e lungo la linea del fronte al fine di prevenire attacchi da parte delle forze ucraine;

- secondo: missioni di ricognizione lungo le linee nemiche ed in profondità, specialmente per individuare bersagli altamente paganti in appoggio alle incursioni aeree o delle Spetsnaz;

- terzo: assistere le batterie dell'artiglieria nelle missioni di fuoco sia per incrementare la precisione dei proiettili non guidati che per valorizzare al massimo quelli guidati.

Quest'ultima tipologia di impiego operativo merita un focus speciale perché rappresenta quella in assoluto più importante. Due degli elementi che avevano maggiormente impressionato gli osservatori stranieri nel corso del primo mese di guerra erano stati lo scarso utilizzo dell'artiglieria da parte dei russi e la ridottissima presenza dei loro UAV sui cieli sopra i campi di battaglia.

A partire dagli inizi di aprile, con la ritirata strategica ed il successivo “restringimento” del terreno di scontro, i russi hanno completamente rivoluzionato le loro tattiche di combattimento, optando per un'avanzata metodica, ora più lenta ora più veloce, in funzione della resistenza nemica incontrata, costantemente supportata da un imponente sbarramento d'artiglieria. In questo contesto, l'apporto degli UAV da ricognizione russi, ed in particolare degli Orlan-10, si è rivelato fondamentale. Nonostante infatti l'artiglieria (specie in Russia) sia sempre stata giustamente definita “la regina dei campi di battaglia” è necessario altresì ricordare che essa è caratterizzata anche da un intrinseco grado di imprecisione.

Entro i 10 km infatti, tutti i pezzi d'artiglieria riescono a piazzare i loro colpi con una precisione assai alta. Mano a mano che la distanza aumenta però, diminuisce l'accuratezza. Ciò è dovuto ad una serie di fattori che sono sia di natura tecnica che ambientale e che non staremo qui ad investigare perché ciò non costituisce l'oggetto della presente analisi. Per esempio, è vero che, nominalmente, il potentissimo cannone semovente 2S7 Pion (foto), con bocca di fuoco caratterizzata dal diametro di 203 mm, è accreditato di una gittata massima compresa tra 37,5 e 47,5 km a seconda degli assetti operativi, ma è altrettanto vero che, più gli obiettivi da colpire si trovano vicino alla gittata massima, minori sono le possibilità che i proiettili da esso sparati possano cadere nelle vicinanze (questa è appunto “l'accuratezza”). Esistono persino delle tabelline, diverse a seconda del sistema di artiglieria preso in considerazione, che evidenziano questa progressiva diminuzione dell'accuratezza.

Per ovviare a questo problema, a partire dalla Seconda Guerra Mondiale e per tutta la Guerra Fredda fino ai giorni nostri, i sovietici prima e i russi poi hanno adottato la prassi di disporre sul campo di battaglia grandi masse di artiglieria su fronti ristretti e di dare maggior “potenza” ai numeri schierando cannoni di dimensioni sempre maggiori, capaci di sparare proiettili dal potenziale distruttivo incrementato. Esattamente come nel caso dell'aviazione, l'introduzione del munizionamento intelligente a guida laser ha permesso di rendere il bombardamento d'artiglieria assai più letale e meno dispendioso, specialmente quando accompagnato dalla presenza sul terreno di FAC (Forward Air Controller) che, mescolati alle forze in avanzamento, individuano gli obiettivi da colpire a beneficio tanto dell'artiglieria quanto dei velivoli ad ala fissa e ad ala rotante.

I russi non sono stati da meno rispetto ai paesi occidentali nella ricerca applicata alla produzione dei proiettili guidati sviluppando: i proiettili da mortaio da 120 mm KM-8 Gran, i proiettili da mortaio da 120 mm Kilotov-2 ed i proiettili d'artiglieria da 122 mm Kilotov-2M, i proiettili d'artiglieria da 152 mm 30F38 Santimetr e quelli da 155 mm 30F75 Santimetr-M, i proiettili d'artiglieria da 152/155 mm 2K25 Krasnopol, 2K25M Krasnopol-M e KM-1M Krasnopol-M2.

Tutti questi proiettili sopra menzionati stanno venendo utilizzati in Ucraina con grande efficacia, ma hanno un punto debole costituito dai costi. Ecco perché le truppe sul terreno hanno l'imperativo di utilizzare al meglio queste preziosissime risorse. Ed è proprio qui che intervengono gli UAV da ricognizione!

Grazie alle loro prestazioni i droni di Mosca, in particolare proprio gli Orlan-10, finiscono per compiere una missione di importanza critica perché, riescono a valorizzare al massimo sia gli effetti devastanti del bombardamento areale dei proiettili tradizionali (dei quali la Russia possiede scorte praticamente illimitate) sia la precisione dei proiettili guidati che vengono così riservati ai bersagli altamente paganti. Ecco quindi che l'impiego massivo dei droni ha reso l'artiglieria russa, se possibile, ancora più letale, come hanno scoperto i fanti ucraini di prima linea nel corso degli ultimi due mesi di intensissimi combattimenti nella parte meridionale del paese e nell'area del Donbass.

Non contenti di questo, i russi hanno pensato di incrementare le capacità offensive anche dei loro UAV da ricognizione mediante l'installazione di due piccoli involucri, uno per ciascuna semiala, capaci di rilasciare nel complesso 4 bombe di piccola potenza. Dallo studio dei filmati disponibili in rete si può notare come queste bombe di dimensioni contenute siano caratterizzate da scarsa precisione e da un potenziale distruttivo assai basso (anche se non trascurabile!), e perciò si sarebbe tentati di derubricare il danno che esse causano nel complesso come “minore”, ma questo rappresenta, anzi, una grave sottostima! Infatti il vero danno non è tanto di natura materiale quanto psicologico perché questa pressione continua alla quale i soldati ucraini sono sottoposti notte e giorno, unita allo stress da combattimento ed alla mancanza di sonno (naturale conseguenza dello stare costantemente allerta) può portare nel corso delle settimane e dei mesi all'erosione tanto del morale quanto delle capacità combattive degli armati di Kiev.

La situazione è poi resa ancora più complessa dal fatto che, imitando proprio gli ucraini, i russi hanno incominciato ad utilizzare su scala industriale sul fronte di battaglia anche i droni commerciali, sia per le missioni di ricognizione che per sganciare rudimentali ordigni esplosivi. Tali droni delle origini più disparate e spesse volte donati alle truppe al fronte dai civili russi attraverso massicce campagne di “crowdfunding” si stanno rivelando degli strumenti indispensabili sia come moltiplicatori di potenza per le forze russe, sia come ulteriori elementi di pressione contro le forze ucraine.

Non bisogna credere però che tali sforzi e risultati non siano stati ottenuti senza pagare un alto prezzo. Senza contare le perdite dei droni commerciali, dei quali nessuno sta veramente tenendo il conto, a partire dalle analisi delle evidenze fotografiche e video disponibili online, gli analisti occidentali sono riusciti sino ad ora ad accertare la perdita in combattimento di 80 UAV e UCAV russi così suddivisi: 58 Orlan-10 (foto - di cui 56 nella versione da ricognizione e 2 da guerra elettronica), 3 Orlan-20, 2 Orlan-30, 10 Eleron-3, 2 Takhion, 3 ZALA 421-16E2, 1 Forpost (nella versione da ricognizione) e 1 Orion. Certo, si tratta apparentemente di perdite di non poco conto, però se consideriamo il fatto che nel corso degli ultimi 12 anni la Russia ha prodotto letteralmente migliaia di UAV da ricognizione di oltre 20 modelli diversi si capisce come, anche senza tener conto del massiccio afflusso di droni commerciali su spinta popolare, Mosca abbia a disposizione un numero enorme di assets in grado di assistere la sua artiglieria ed aviazione nel mantenere la pressione sugli ucraini per mesi di fila sino a quando raggiungeranno il loro punto di rottura.

Un'altra area nella quale i droni russi hanno trovato largo impiego è stata quella della soppressione delle difese antiaeree nemiche (SEAD/DEAD), già ampiamente descritta nel corso dei precedenti aggiornamenti sull'andamento della Guerra Russo-Ucraina. In questo tipo di missioni, i russi hanno utilizzato principalmente i droni-bersaglio costruiti dalla ENICS come: gli E2M, gli E95M, gli E22M, gli E08M e gli E17M, ma anche diversi esemplari di vecchi droni risalenti al tempo dell'Unione Sovietica hanno avuto modo di distinguersi in questo ruolo, come il Lavochkin La-17 (nelle sue varianti La-17M e La-17P), il Tupolev Tu-141 “Strizh”, il Tupolev Tu-143 “Reys” ed il Tupolev Tu-243 “Reys-D”.

Nel corso delle prime fasi della guerra le Forze Aeree Russe, la V-VS, ha utilizzato attacchi a sciami costituiti da droni dei modelli sopra elencati per “attirare allo scoperto” le difese antiaeree ucraine, attaccandole poi con varie tipologie di missili antiradiazione lanciati dai velivoli con la stella rossa. Chi volesse leggere più in dettaglio le descrizioni tecniche delle operazioni SEAD/DEAD russe è pregato di andare a leggere le mie vecchie analisi di aggiornamento delle prime fasi dell'attuale conflitto.

I russi hanno utilizzato simili tattiche anche contro i missili antiaerei spalleggiati (MANPADS) come gli Stinger o i Starstreak utilizzando i droni-elicottero JSC CSTS Technodinamika VTOL.

Infine, la nostra narrazione non potrebbe essere completa senza tenere conto del ruolo svolto dall'inizio del conflitto fino ad ora dalle munizioni circuitanti russe (meglio note con il loro nome inglese di “loitering munitions”) del tipo ZALA Kub-BLA, ZALA Lancet-1 e ZALA Lancet-3 (foto).

Sperimentate per la prima volta nel teatro di guerra siriano negli anni compresi tra il 2018 ed il 2020 ed affinate proprio a partire dai dati raccolti in tale contesto, le Kub-BLA, le Lancet-1 e le Lancet-3 stanno ora vedendo in Ucraina il loro primo impiego massivo contro bersagli sia fissi che mobili, in genere in collaborazione con gli UAV da ricognizione che trasmettono i dati sui bersagli che diventano poi oggetto delle missioni suicide di questi “droni kamikaze”.

All'inizio della guerra gli ucraini rinvennero un certo numero di munizioni circuitanti russe in prossimità di una serie di obiettivi, situati soprattutto nell'area di Kiev.

Dalle foto pubblicate online appariva chiaro che le spolette delle cariche esplosive sistemate nel “corpo” dei piccoli droni fossero mal tarate e che fallissero nello scoppiare all'impatto.

Gli ucraini presero la palla al balzo decidendo di pubblicare online le immagini delle munizioni circuitanti russe inesplose a fini propagandistici per ridicolizzare la macchina bellica e le prestazioni degli armamenti russi.

Peccato che in questo frangente l'operazione mediatica (foto) si risolse in uno spettacolare “colpo da maestro dell'imbecille” perché proprio a partire dalla pubblicazione di tali foto, i russi poterono capire quale fosse stato il difetto di taratura delle spolette, che vennero infatti modificate e da quel momento cominciarono ad esplodere eccome!

Il micidiale svarione ucraino in questo frangente trova la sua eco storica in un'analoga stupidaggine che commisero i media britannici all'epoca della Guerra delle Falkland/Malvinas quando svelarono letteralmente in mondovisione che le bombe sganciate dai cacciabombardieri argentini erano mal tarate ed esplodevano solamente dopo che avevano trapassato le navi britanniche da parte a parte senza causare danni eccessivi. I piloti, gli armieri ed i meccanici argentini presero nota, e nelle settimane seguenti per i britannici furono dolori.

Abbiamo così terminato la nostra narrazione riguardo agli sviluppi registrati sino ad ora dalla “guerra dei droni russi” che, pur non essendo assurti agli onori della cronaca, nondimeno stanno svolgendo un compito inestimabile come moltiplicatori di potenza, soprattutto nella ricognizione e nel tiro d'artiglieria, e prevedibilmente continueranno a farlo fino alla cessazione delle ostilità, presto o tardi che arrivino.

Foto: MoD Fed. Russa / ShinePhantom / Twitter / ZALA AERO GROUP / web