Mattis bacchetta la politica estera e militare cinese

(di Matteo Acciaccarelli)
06/06/18

Il segretario alla Difesa degli Stati Uniti James Mattis, parlando all’annuale Shangri-La Dialogue a Singapore, ha criticato duramente la politica estera e militare cinese sulle isole contestate nel mar Cinese meridionale. Non è soltanto la situazione di Taiwan a preoccupare Mattis, ma anche le politiche “intimidatorie e coercitive” messe in atto da Pechino nei confronti dei Paesi limitrofi, che contraddicono quanto disse Xi Jinping nel 2015 quando rassicurò che la Cina non avrebbe militarizzato il mar Cinese meridionale.

Le mosse politico-militare di Pechino hanno portato gli Stati Uniti a ritirare l’invito esteso alla Cina per la RIMPAC, la più grande esercitazione navale congiunta del Pacifico.

Le accuse di Mattis, come riporta Defense News, sono mosse in virtù del recente schieramento di aerei e di navi con capacità di guerra elettronica, capaci di disturbare e di “accecare” potenziali avversari. Non è tutto però, perché, in quello scacchiere importantissimo per gli equilibri del Pacifico sud-occidentale, sarebbero stati schierati, sulle isole artificiali costruite da Pechino, anche dei missili terra-aria e anti-nave. Infine, come ciliegina sulla torta, recentemente in una di queste isole sono stati schierati anche i bombardieri con capacità nucleari H-6K (v.articolo).

Per gli Stati Uniti, ovviamente, l’atteggiamento e le ambizioni cinesi sull’area sono inaccettabili, anche perché quella precisa zona marittima rappresenta un crocevia strategico di notevole importanza. Prima di tutto per una questione energetica, infatti l’area è ricca di giacimenti di petrolio e di gas metano, controllato e diviso tra le 5 “potenze” della zona (Vietnam, Indonesia, Cina, Malesia, Filippine). Un altro aspetto importante, per certi aspetti sottovalutato, è la massiccia presenza di pesce in quella precisa zona che, per la Cina, rappresenterebbe un grande bacino di approvvigionamento alimentare per un paese demograficamente ancora in crescita. Il terzo aspetto riguarda le rotte marittime, infatti nel mar Cinese meridionale passa, in direzione verso lo stretto di Malacca, la principale rotta commerciale al mondo (la Circum Equatorial Route) fondamentale per i commerci cinesi nel mondo. L’espansionismo cinese nella zona, infatti, potrebbe essere letto anche in questa chiave, visto che la politica estera di Pechino è orientata ad assicurarsi la sicurezza delle proprie rotte commerciali, come nel caso di Gibuti e di Port Said.

Per gli Stati Uniti anche, però, la sicurezza delle rotte commerciali e la libertà di navigazione nelle stesse è di primaria e di vitale importanza. È facile quindi immaginare quanto le politiche cinesi abbiano portato gli Stati Uniti a ritirare l’invito alla Cina per la RIMPAC. Inoltre, Mattis ha toccato anche la recente ridenominazione del Comando Americano del Pacifico nel Comando Americano dell’Indo-Pacifico. Il nuovo nome, come dichiarato da Mattis, serve per far capire le nuove priorità statunitensi nell’area ed è strettamente legato alle sempre più grandi interconnessioni tra i due oceani.

L’altra questione spinosa nel mar Cinese meridionale e, in parte, in quello orientale è la situazione di Taiwan. Anche perché “l’altra Cina” è sempre stata legata ed amica degli Stati Uniti. Mattis ha sottolineato che dall’America continueranno ad arrivare aiuti e sistemi di difesa necessari a mantenere le capacità di difesa di Taiwan. Oltre a ribadire questo, ha anche riaffermato la ferma opposizione statunitense a qualsiasi tentativo unilaterale, ovviamente cinese, di modificare lo status quo della piccola Repubblica di Cina. Un avvertimento alla Cina che vorrebbe incorporare Taiwan all’interno del Repubblica Popolare Cinese con ogni mezzo necessario, incluso anche l’uso della forza. Mattis, però, non ha solamente criticato la Cina: nel suo discorso ha sottolineato quanto la Cina sia importante nello scacchiere regionale del Pacifico, auspicando che possa avere un ruolo e una voce nel plasmare il sistema internazionale insieme agli Stati Uniti, cooperando ogni volta possibile.

Per concludere è scontato che gli Stati Uniti continueranno a rimanere impegnati nella regione, che con l’amministrazione Trump si è trasformata nello scenario principale, proseguendo una politica di cooperazione per la sicurezza degli Stati presenti nella zona. Il principale compito statunitense sarà quello di continuare a coltivare le alleanze storiche con Corea del Sud e Giappone, in modo tale da poter demandare alcune sfide alla sicurezza, e di migliorare i rapporti con gli Stati presenti nel mar Cinese meridionale al fine di aumentare le capacità di difesa e migliorare l’interoperabilità con le forze armate statunitensi.

(foto: U.S. DoD / U.S. Navy / Ministry of National Defense of the People's Republic of China)