La situazione delle forze armate italiane: le mitragliatrici dal dopoguerra a oggi

(di Tiziano Ciocchetti)
21/08/19

Alla fine del conflitto, l’Esercito italiano si trovava ad utilizzare armamenti del periodo prebellico, comprese le mitragliatrici.

Come LMG (Light Machine Gun), la Breda Mod.30 (foto apertura) venne impiegata per un breve periodo in quanto dimostratasi – già nel corso della guerra - poco affidabile ed eccessivamente pesante, nonostante fosse calibrata con l’eccellente munizionamento 6,5x52 mm Mannlicher-Carcano.

Per quanto riguarda le mitragliatrici pesanti, invece, la Breda Mod.37 in calibro 8x59 mm rimase in servizio (il peso dell’arma, senza treppiede, sfiorava i 20 kg), soprattutto nella fanteria d’arresto, fino alla fine degli anni ’60.

Non mancarono certo le forniture americane e inglesi, come i fucili mitragliatori BAR calibro 7,62x63 mm e le mitragliatrici pesanti Browning calibro 12,7x99 mm da parte dei primi; mitragliatrici leggere Bren calibro 7,7x56R mm (.303) da parte dei secondi.

Negli anni ’50, su pressioni di Washington, gli eserciti della NATO adottarono il calibro 7,62x51 mm. Invece di introdurre una nuova mitragliatrice, diverse nazioni decisero di ricalibrare con il nuovo colpo l’ottima MG42 tedesca, utilizzata ampiamente nel corso del conflitto, ridenominata dalla Germania Federale MG3.

Nel 1959 le Forze Armate italiane adottarono la MG 42/59 in calibro 7,62x51, l’arma era prodotta da un consorzio formato dalla Beretta e dalla Franchi, ed era dotata di un otturatore più pesante, rispetto all’originale, che riduceva la cadenza di tiro da 1.200 colpi al minuto a 800, permettendo così una migliore controllabilità dell’arma e un minore surriscaldamento della canna.

Con gli anni ’80, NATO passa ad un calibro inferiore il 5,56x45 e fa la sua apparizione la mitragliatrice leggera belga FNH MINIMI nel medesimo calibro. Tuttavia l’Italia l’adotterà solo nel decennio successivo, in seguito alla rinuncia alla versione LMG AS 70/90, derivata dal nuovo (si fa per dire) fucile d’assalto 70/90.

Attualmente la Beretta sta progettando un nuovo fucile mitragliatore, in calibro 5,56x45, alimentato mediante serbatoio, da affiancare alla famiglia ARX. Mentre nelle squadre fucilieri (della fanteria meccanizzata, da sbarco, e dei bersaglieri, alpini, paracadutisti) vengono impiegate le Minimi sia in calibro 5,56x45 mm sia in calibro 7,62x51 mm.

Gli scenari operativi (soprattutto quello afghano) in cui sono stati impiegati i nostri soldati, hanno dimostrato l’importanza di poter disporre di munizionamento efficace alle medie distanze e in grado di poter penetrare anche bersagli leggermente protetti.

Studi recenti, condotti dal British Army, hanno dimostrato la scarsa efficacia terminale, nelle corte distanze, della Minimi calibro 5,56x45 mm. Gli inglesi stanno pensando addirittura di reintrodurre in servizio il Bren (L-4A3) - utilizzato nelle Falklands e nella prima Guerra del Golfo - in calibro 7,62x51 mm da affiancare al fucile semi-automatico L-129A1 nello stesso calibro (ovvero sostituire il fuoco di saturazione con quello di precisione semi-automatico).

Nelle squadre di fanteria dell’Esercito italiano si potrebbero sostituire le Minimi calibro 5,56 con quelle di calibro superiore (due per squadra), da affiancare ai tiratori esperti armati con i Beretta ARX-200. Oppure, onde alleggerire il peso del munizionamento trasportato, si potrebbe sperimentare, in almeno uno dei fire team (4/5 soldati), l’impiego di un bolt-action in calibro 7,62x51 (per esempio il Victrix PUGIO) in aggiunta all’Arx-200.

Foto: web / Esercito Italiano