La rottura degli schemi nella teoria della guerra aerea: una considerazione.

(di Filippo Del Monte)
26/02/25

Durante la Guerra fredda - ma i suoi prodromi sono rintracciabili fin dalle prime riflessioni del generale Giulio Douhet e nella traslazione dal teatro operativo alla teoria nel corso della Seconda guerra mondiale - due sono state le principali scuole di pensiero strategico connesse alla guerra aerea, fosse essa convenzionale o nucleare: la “countercities" e la "counterforce".

Come i nomi stessi stanno ad indicare, mentre il primo approccio si concentra sulle città e sulle infrastrutture civili (di conseguenza anche sui civili) quali obiettivi preferenziali di una campagna aerea offensiva, il secondo approccio "restringe" il campo degli obiettivi legittimi alle sole forze armate del nemico e alle infrastrutture comunque connesse al suo sforzo bellico.

La teoria "countercities" ha un chiaro richiamo alle sistematizzazioni più tarde della dottrina douhettiana, considerata come una "verticale razionale" di stampo jominiano verso l'impiego dell'arma atomica. Al contrario, i teorici dell'approccio "counterforce" hanno formulato i loro assunti quasi in opposizione rispetto ai principi generali della prima generazione di strateghi nucleari.

L'aspetto interessante e da tenere in considerazione, che emerge dalla guerra tra Israele e Hamas nella Striscia di Gaza, è il sostanziale abbattimento dei muri teorico-dottrinari che separavano i due approcci strategici. Così, mentre in Ucraina i russi non hanno, in sostanza, deviato dal loro approccio "countercities", conducendo una campagna aerea orientata contro la popolazione civile e le infrastrutture energetiche e logistiche; a Gaza s'è verificata una commistione nuova, non paragonabile neanche ai precedenti conflitti tra lo Stato d'Israele e le varie espressioni del nazionalismo palestinese e dei suoi alleati.

La strategia di Hamas - con la compresenza di siti militari e civili negli stessi edifici, l'impiego di ospedali e scuole quali basi militari, la presenza di una radicata e profonda rete di tunnel sotto la città - e le necessità israeliane - su tutte quella di evitare di impantanarsi in una dura battaglia urbana, che avrebbe impedito a Tel Aviv di raggiungere i propri obiettivi - hanno imposto alle truppe dello Stato ebraico di considerare gli obiettivi civili come legittimi in quanto parte del dispositivo militare di Hamas.

L'approccio israeliano alla campagna aerea di Gaza ha lasciato strascichi giuridici, politicamente può essere biasimato, ma militarmente era l'unico concepibile ed attuabile date le condizioni sul campo. E proprio sotto il profilo squisitamente militare, la campagna aerea israeliana a Gaza contribuisce ad alimentare il pensiero critico contro un approccio razionale-scientifico, sistematico e dogmatico che ha condizionato le riflessioni sul potere aereo convenzionale anche dopo la Guerra fredda, specie in Occidente.

Foto: IDF