La infowar russa

(di N.C.)
04/04/22

(Analisi del discorso tenuto dal generale Chirkin in data 8 marzo 2022 a sostegno dell’“operazione militare speciale” in Ucraina1)

Uno dei principali problemi con cui le Forze Armate russe sono chiamate attualmente a confrontarsi riguarda l’elevato tasso di corruzione fra i suoi quadri. Da molto tempo eliminare la corruzione diffusa tra i vertici sia militari, sia civili, è diventata una priorità assoluta per Mosca.

Un caso di corruzione che ha coinvolto una carica elevata in ambito militare è quello che ha visto l’arresto e la condanna del colonnello generale Vladimir Chirkin (foto), ex capo di stato maggiore dell’Esercito, reo di aver accettato una “bustarella” di 450.000 rubli (circa 20.000 Euro) per agevolare un altro militare, in modo che a questi fosse assegnato un alloggio cui non aveva diritto.2 Il caso Chirkin ha destato un notevole interesse, in quanto è insolito che un funzionario di tale livello, nonché figura pubblica di primo piano, sia stato processato e condannato. Uno degli aspetti più interessanti del caso è stato il coinvolgimento del capo della stato maggiore della Difesa russo, generale Valerij Gerasimov.

Il generale Gerasimov è un convinto sostenitore del generale Chirkin e ha chiesto che, anche qualora egli fosse stato giudicato colpevole del reato ascrittogli, egli non dovesse scontare alcun periodo di detenzione.3 Emerge una sorta di pericolosa miscellanea tra spirito di servizio e devozione non ad una figura istituzionale, ma ad una precisa persona. In Unione Sovietica questo atteggiamento era espresso dal termine “bonapartismo”.

In chiave politica generale, il “bonapartismo” può essere inteso come la “tendenza a servirsi del prestigio militare per la conquista del potere politico.”4 In ambito militare, il “bonapartismo” è espresso anche dal senso di appartenenza al proprio “Fronte” - equivalente dello “Scacchiere”, secondo i nostri canoni attuali - che i militari dell’Armata Rossa ebbero nelle fasi conclusive dalla II Guerra Mondiale. Non erano rare le scritte sui carri armati che indicavano l’impiego su un determinato “Fronte” attraverso il nome del comandante dell’unità schierata: ad esempio Konevtsy, indicava l’appartenenza ad unità schierate sul 1° Fronte Ucraino, comandato dal Maresciallo Konev ed i militari di quelle unità erano fieri di farsi chiamare “quelli di Konev”.

È probabile che nel caso preso in esame Gerasimov abbia voluto tutelare, più che la persona, la regola non scritta di “rispetto a prescindere”, espressione attuale del fenomeno del “bonapartismo”. Nel sistema russo (ma anche in molti altri Paesi, a nostro parere), i legami personali e la lealtà all’individuo spesso prevalgono sulla governance istituzionale e questo episodio prefigura una situazione riconducibile a questo modello. È importante notare che questa concezione di “morale rilassata” non è a esclusivo beneficio dei leader di alto livello, in quanto il sistema giudiziario militare russo ha studiato alcune modifiche per cui reati che una volta erano puniti con il congedo, ora prevedono pene meno severe.

La preoccupazione sorta tra i vertici della Difesa sembra derivi dal fatto che il regolamento precedente eliminava troppi validi ufficiali, colpevoli di reati ritenuti, tutto sommato, di poco conto. Dal punto di vista russo, è molto meglio avere un esercito con i migliori e più brillanti elementi, anche se non irreprensibili sotto il profilo etico, piuttosto che un esercito moralmente inattaccabile, ma meno efficace. Indubbiamente, poiché la Russia continua a sperimentare guerre non dichiarate e metodi di conflitto asimmetrico, ha bisogno di ufficiali che possano operare nella “zona grigia” che si crea quando gli ordini da eseguire entrano palesemente in conflitto con quanto stabilito dalle leggi belliche e dal diritto internazionale.

Fatta questa premessa, volta ad inquadrare il personaggio e a contestualizzare il clima nel quale matura il tipo di retorica che ci accingiamo ad esaminare, vediamo quale sia la narrativa adottata dalla propaganda russa in occasione della guerra in atto tra Russia e Ucraina. Abbiamo scelto di analizzare il discorso tenuto dal summenzionato generale Chirkin l’8 marzo 2022, a dodici giorni dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina da parte delle forze russe, per quella che Mosca ha definito un’“operazione speciale” e che è, a tutti gli effetti, una guerra di aggressione ad un altro Stato.

Colpisce immediatamente, fin dalle prime battute del discorso, il valore informativo delle affermazioni fatte dal generale Chirkin relativamente alle perdite subite fin dai primissimi giorni dell’invasione:

Mi oppongo categoricamente al rilascio di dichiarazioni sul numero delle vittime in combattimento prima che l'operazione abbia concluso anche la sua fase finale. Questo è un regalo per la infowar di qualcun altro, una carta vincente nelle mani del nemico, che divulga false informazioni tra i sinceri allarmisti all'interno del paese: "loro mentono, nascondono la verità, sottostimano tutto", “niente guerra”, “madri, non lasciate così i vostri figli”, “come voglio la pace”, “quanto sangue può essere versato” … Tu puoi e dovresti. I soldati muoiono, sono eroi. Non sono venuti nell'esercito per lucidare le pietre del selciato con i loro stivali. Sono venuti a difendere il loro paese. Anche a costo della propria vita. È stato un errore dello stato maggiore, la gente dovrebbe capire chiaramente lo scopo dell'operazione, la sua necessità, l'inevitabilità delle vittime. Ma non il prezzo attuale.

Sembra duro, ma questa è la dura realtà della guerra. Asciugheremo le lacrime nostre e delle donne dopo la Vittoria; adoriamo ogni vedova, madre, sposa, sorella per le imprese dei loro uomini.

Il fatto di non voler rilasciare dichiarazioni sul numero reale delle vittime subite in una guerra è patrimonio comune alla narrativa della infowar di tutti gli eserciti e, tuttavia, vi è una chiara ammissione da parte russa di avere avuto un significativo numero di “vittime in combattimento”.

Siamo di fronte ad un tentativo di giustificare il mancato ritorno a casa di migliaia di giovani alle armi, senza che vi sia una ragione sufficientemente elevata da renderne accettabile la morte da parte dei propri congiunti e dei propri affetti. Una ragione, pertanto, deve essere “costruita” ed è qui che assistiamo al surreale “rovesciamento” dialettico con cui Chirkin sottolinea il ruolo del soldato e attribuisce un valore “difensivo” ad un’operazione palesemente “offensiva”: “Non sono venuti nell'esercito per lucidare le pietre del selciato con i loro stivali. Sono venuti a difendere il loro paese. Anche a costo della propria vita”.

Ma non è tutto; come detto, le vittime ci sono e vanno giustificate ed ecco allora, il capolavoro di retorica elaborato da Chirkin con una difficile, apparentemente dolorosa, certamente artefatta attribuzione di responsabilità ai quei vertici militari da cui lui stesso proviene: “È stato un errore dello stato maggiore, la gente dovrebbe capire chiaramente lo scopo dell'operazione, la sua necessità, l'inevitabilità delle vittime. Ma non il prezzo attuale.

Si noti che il j’accuse è rivolto alla compagine militare, non alla leadership politica – cioè Putin – che non può essere messa in discussione.

La chiusura è degna di un’epopea risorgimentale, i toni sono deamicisiani: “Asciugheremo le lacrime nostre e delle donne dopo la Vittoria; adoriamo ogni vedova, madre, sposa, sorella per le imprese dei loro uomini.”

Il problema è che, contrariamente a quanto avvenuto in Siria, in Libia e durante gli otto anni del conflitto nel Donbass, oggi a morire non sono più i mercenari del Gruppo Wagner o i paramilitari arruolatisi volontariamente nelle varie formazioni filorusse, bensì soldati di leva o “in ferma breve”, molto giovani, privi esperienza e di addestramento adeguato, sovente anche della consapevolezza di ciò che sono stati chiamati a fare. La loro scomparsa deve trovare un perché nel cuore e nella mente dei loro famigliari.

Va detto, poi, che il discorso si inserisce nella massiccia campagna informativa posta in atto dal Cremlino a supporto della propria iniziativa bellica; questa campagna di infowar è orientata tanto al conseguimento e al consolidamento del consenso interno, quanto al tentativo di disarticolare la coesione all’esterno della Russia, confezionando prodotti mediatici mirati al popolo ucraino e alla Comunità Internazionale. Tutto il discorso è un campionario di linguaggio strutturato sull’enfatizzazione del ruolo salvifico svolto dai Russi nei confronti dei fratelli Ucraini, vittime e ostaggi di un governo e di un Occidente reiteratamente definiti “nazisti”. Proprio la lotta al nazismo è il leit motiv che accompagna le argomentazioni proposte da Chirkin:

Ci sono pochi fiori e pochi pani; le persone sono schiacciate dalla propaganda e dalle bugie e terrorizzate fino alla follia dai nazisti. …Immaginate che durante l'anno di servizio lì, ciò che i nazisti si sono messi in testa abbia dato loro l’opportunità di sparare impunemente agli insediamenti dei “giubbotti trapuntati e dei coloradi”,5 per farsi beffe della popolazione civile locale. Il fatto di poter contare sull’aiuto locale e da parte dell’esercito ucraino, dunque, non ha funzionato; il cancro nella società ucraina è semplicemente mostruoso. Ma... lo cureremo. Cerchiamo di spiegare le nostre tattiche attuate nelle prime ventiquattro ore: si tratta di una “battaglia di ricognizione”6 della Grande Guerra Patriottica rielaborata in modo creativo. Soltanto una profonda e rapida penetrazione nel territorio occupato dai nazisti.

Questa parte, anch’essa posta in apertura del discorso, offre numerosi spunti di riflessione. In primo luogo emerge l’illusoria aspettativa dei Russi di essere accolti come “liberatori” da parte della gran parte degli Ucraini, in nome dell’affinità culturale tra i due popoli, le cui radici storiche sono da ricercare nelle diverse fasi dell’epoca zarista prima e, successivamente staliniana. Emerge puntualmente il rimando alla vittoria sul III Reich ottenuta con la “Grande Guerra Patriottica” e il linguaggio è crudo e diretto: si tratta di estirpare “un cancro nella società Ucraina”. Come si bombardano le cellule malate di un individuo, perché non si dovrebbero bombardare quelle di una società? Eppure “Il fatto di poter contare sull’aiuto locale e da parte dell’esercito ucraino non ha funzionato”; paradossalmente ha reso più coese le comunità ucraine – con l’eccezione delle minoranze filorusse, naturalmente – in una dimensione patriottica ed identitaria che va al di là di ogni immaginazione, polarizzata attorno ad una figura istituzionale che, tutto sommato, prima dell’invasione era abbastanza “incolore” e alla quale l’attacco da parte di Mosca ha conferito un’autorevolezza carismatica: il presidente Zelensky.

La delusione di trovare “pochi fiori e pochi pani” e, al loro posto, tanti missili controcarro viene espressa rivolgendosi al popolo russo con la chiara intenzione di dire: Puniamo questi ingrati! Quando avremo finito e ripulito l’Ucraina dai nazisti, la parte “sana” della nazione riconoscerà finalmente chi era nel giusto e chi nell’errore! è un messaggio sapientemente scelto per un’audience di medio basso-livello culturale, o per quella parte dell’intellighenzia russa – ben rappresentata dallo scrittore Eduard Limonov7 e dal filosofo Aleksandr Dugin - sostenitrice di un nazionalismo esasperato e che identifica il Putin quello che Zelenzky è diventato per gli Ucraini aggrediti.

Un’altra parte del discorso estremamente significativa è la seguente:

È un regalo troppo lussuoso per Washington e l'EuroReich avere Russi e Ucraini che si massacrano a vicenda con gusto. Le “unità partigiane” di Bandera vivranno un'esperienza snervante, ma l'idea dei comandanti non è male. Diventeranno legittime prede delle unità antiterrorismo, della polizia militare e degli uomini della Guardia Nazionale di Ramzan Kadyrov, che non prendono i terroristi come prigionieri, che li uccidono dove li trovano. Denazificazione nel vero senso della parola.

Un destino ancora più triste attende i numerosi mercenari dell'EuroReich, che non formano unità militari (a volte), ma gruppi di sabotaggio e tattici. Il nostro stato maggiore ha già affermato che non li considera combattenti legittimi; nel loro caso non vale nessuna convenzione sui prigionieri di guerra. Sono certo che nei confronti di questi “soldati di ventura” sarà condotta una caccia speciale, crudele e mirata. Poveri diavoli...

A parte i reiterati richiami alla strenua lotta contro i “nazisti” ucraini e dei loro sostenitori - l’“Euroreich” – emerge immediatamente la legittimazione di atti che giustifichino l’eliminazione indiscriminata dei nemici, indipendentemente dal fatto che siano combattenti regolari o irregolari, in quanto genericamente indicati come “terroristi” e, pertanto, assoggettabili alle azioni “…degli uomini della Guardia Nazionale di Ramzan Kadyrov, che non prendono i terroristi come prigionieri, che li uccidono dove li trovano. Denazificazione nel vero senso della parola.

Ciò che colpisce maggiormente in questa parte, tuttavia, è il passaggio che anche in questo caso sfrutta la tecnica del “capovolgimento” concettuale utilizzato nei confronti dei … numerosi mercenari dell'EuroReich, che non formano unità militari (a volte), ma gruppi di sabotaggio e tattici. Il nostro Stato Maggiore ha già affermato che non li considera combattenti legittimi; nel loro caso non vale nessuna convenzione sui prigionieri di guerra. Sono certo che nei confronti di questi “soldati di ventura” sarà condotta una caccia speciale, crudele e mirata.

Siamo nel campo del Diritto dei Conflitti Armati e il paradosso è che proprio il Cremlino per otto anni in territorio ucraino – in perfetta aderenza alle logiche della “guerra ibrida” – si è avvalso dell’opera di organizzazioni come il Gruppo Wagner, la PMC MAR o il Gruppo E.N.O.T.8 Accanto ai mercenari, hanno agito (e agiscono tuttora) le numerose formazioni paramilitari dislocate prevalentemente nelle auto proclamate Repubbliche di Doneck e Lugansk. Insomma, di tutto stiamo parlando, tranne che combattenti “legittimi” o “regolari”.

Vi sono molte altre parti che si presterebbero ad essere analizzate nel quadro della info-campaign russa a supporto della guerra in Ucraina, ma vogliamo concludere da dove siamo partiti, dall’ammissione delle perdite tra i propri soldati allo scopo di motivarne il sacrificio:

“Guardate la mappa, calcolate le distanze, la progressione, la continuità dei combattimenti, i raggruppamenti, le manovre per decine di chilometri e ricordate: i nostri ragazzi devono affrontare il terzo esercito più grande d'Europa e formazioni naziste altamente motivate. Dobbiamo avvicinare le retrovie, concederci un minimo di riposo, mantenere efficiente l'equipaggiamento ed effettuare molte azioni non considerare in precedenza. … Gli obiettivi dell'operazione, la strategia e la tattica sono una pagina completamente nuova nell'arte della guerra; la fretta è inaccettabile. … Voglio rassicurarvi, è il dodicesimo giorno in cui i nostri ragazzi agiscono in una realtà operativa e tattica diversa, le vittime diminuiranno rapidamente. Se prima c'era l’ordine perentorio di non arrecare nemmeno ipotetici danni al personale e alle infrastrutture civili, oggi la situazione è cambiata. … Come militare sono completamente soddisfatto: ora che le facezie umanitarie sono finite, inizierà il vero lavoro. Spari su un convoglio: vieni colpito a tua volta secondo le procedure tecnico militari. Ordini come questo funzionano solo in questo modo. Vittime civili? Sì, alcune vittime sono inevitabili, ma non è colpa nostra. Non assaltiamo le città in base ad atti costitutivi, le aggiriamo o operiamo chirurgicamente con forze speciali, come a Kharkov. Utilizzando tattiche precedentemente sconosciute con gruppi di manovra per il combattimento urbano notturno.”

In queste parole è riassunta tutta la logica del discorso: dalle difficoltà incontrate dai soldati sul campo (“…i nostri ragazzi devono affrontare il terzo esercito più grande d'Europa … Voglio rassicurarvi, è il dodicesimo giorno in cui i nostri ragazzi agiscono in una realtà operativa e tattica diversa, le vittime diminuiranno rapidamente”), all’ennesima sottolineatura della minaccia dittatoriale ucraina (“…formazioni naziste altamente motivate …”) e, ancora, l’ammissione - forse un lapsus involontario? - che non tutto è andato secondo i piani (“Dobbiamo effettuare molte azioni non considerate in precedenza.”). Troviamo, di nuovo, un malcelato disprezzo per le regole del Diritto Bellico: “Se prima c'era l’ordine perentorio di non arrecare nemmeno ipotetici danni al personale e alle infrastrutture civili, oggi la situazione è cambiata. … Come militare sono completamente soddisfatto: ora che le facezie umanitarie sono finite, inizierà il vero lavoro.” Ogni commento è superfluo.

Troviamo, infine, la quintessenza della “Dottrina Gerasimov” in relazione alla necessità di adottare procedure tecnico-tattiche innovative e ibride e: “Gli obiettivi dell'operazione, la strategia e la tattica sono una pagina completamente nuova nell'arte della guerra; la fretta è inaccettabile … Non assaltiamo le città in base ad atti costitutivi, le aggiriamo o operiamo chirurgicamente con forze speciali, come a Kharkov. Utilizzando tattiche precedentemente sconosciute con gruppi di manovra per il combattimento urbano notturno.

Già, Gerasimov, che a poco più di un mese è sparito dalla scena del conflitto e dell’agone internazionale in cui il conflitto stesso si estende con tutte le sue implicazioni a livello politico-strategico. Da molte parti Gerasimov – unitamente al Ministro della Difesa Sojgu - è stato descritto come un “falco”, un sostenitore della guerra in Ucraina senza mezzi termini.

Gerasimov è un militare e, in quanto tale, uso a obbedire agli ordini. Se pensiamo, tuttavia, alla sua visione della guerra moderna, alle ultime immagini diffuse che lo hanno visto manifestamente perplesso di fronte ad un Putin che, tenutolo a debita distanza all’altro capo di un lunghissimo tavolo ove aveva relegato lui e Sojgu, gli ordinava di tenere pronte le “difese nucleari” e, soprattutto, in considerazione della sua “scomparsa dai radar” della scena mediatica, qualche domanda in merito alla sua piena condivisione dell’opportunità di condurre questa “operazione speciale” è lecito porsela. A meno che, visto il significativo numero di generali persi dai Russi in un mese, non abbia indotto lo stato maggiore russo a proteggere il suo capo in qualche luogo segreto…Tutte le ipotesi sono aperte.

1 AlexD (trad.), Russian Colonel General on Ukraine: without hysterics and insults, South Front, 23/03/2022. https://southfront.org/without-hysterics-and-insults/

2 Ex-Russian army chief sentenced to 5 years for graft, Yahoo News, 14/08/2015.

3 Per la cronaca, il 14 agosto 2015 Chirkin è stato condannato in primo grado a 5 anni di reclusione e alla rimozione di tutte le decorazioni militari, fatta eccezione per la medaglia “ordine del coraggio” (Orden Muzhestva); successivamente, il 22 dicembre 2015, in appello, la pena gli è stata commutata in una multa di 90.000 rubli (equivalenti oggi a 1030 euro).

5 La Russia è molto estesa e ha un clima molto vario, ma nella maggior parte dei suoi territori fa freddo. La “giacca trapuntata” per la sua imbottitura e la sua resistenza all’usura è il capo di corredo comunemente indossato per il lavoro. Per tali ragioni, in Russia le “giacche trapuntate” hanno assunto un valore simbolico nella cultura popolare, come gli stivali, i paraorecchie e i guanti. Con il termine “giacca trapuntata”, dunque, viene indicata una certa categoria di cittadini della Federazione Russa. Mentre le “giacche trapuntate” considerano sé stessi la spina dorsale della Russia odierna, ultimo baluardo contro il dilagare del disordine mondiale, i loro detrattori usano il termine con una connotazione fortemente negativa, insistendo sugli aspetti della loro sua aggressività e patriottismo sconsiderato. Attualmente in questo termine è utilizzato in senso di dispregio nei confronti degli abitanti del Donbass filorussi. Può essere considerato l’equivalente del redneck americano. Per spiegare il termine “colorado” il riferimento è ai colori del tricolore russo, ostentato dai cittadini della Crimea sostenitori dell’invasione russa e, pertanto, così denominati dagli Ucraini fedeli al governo di Kiev.

6 Nella tattica questa attività si definisce “movimento per il contatto”.

7 Cristadoro N. – Deon. M., La filosofia militare nel neo-imperialismo russo, Analisi Difesa, 9/4/2019. https://www.analisidifesa.it/2019/04/la-filosofia-militare-nel-neo-imper...

8 Cristadoro N., La Dottrina Gerasimov. La filosofia della guerra non convenzionale nella strategia russa contemporanea, Il Maglio Editore, 2022.

Foto: Ria Novosti