La guerra in Ucraina. Un’analisi dei primi giorni di combattimento

(di Nicola Cristadoro)
01/03/22

L’analisi compiuta sui rapporti di forza tra Russia e Ucraina sul piano militare (compresa la stima delle tipologie dei sistemi d’arma, non solo i numerici di uomini e mezzi, naturalmente) riferita ai giorni immediatamente antecedenti l’invasione, faceva stimare la conquista di Kiev nell’arco di 4-5 giorni e l’occupazione del Paese nell’arco di circa tre mesi, in considerazione dell’estensione geografica dello stesso, della relativa distribuzione dei k-terrain (Odessa, Karchov, Chernihiv, Mariupol e, in prospettiva, Vynnitsya e Leopoli) e della resistenza incontrata, opposta dalle forze armate e dal popolo dell’Ucraina.

Il primo dato che emerge è che Kiev, dopo cinque giorni è assediata, bombardata, aggredita, ma non è ancora caduta in mano ai russi. Sul piano tattico, questa “battuta d’arresto” rappresenta una sconfitta per le forze armate russe.

Non bisogna illudersi, Mosca è ancora in grado di vincere questa battaglia. Gli ultimi tre giorni di combattimento, tuttavia, lasciano intravedere delle vulnerabilità e delle lacune nell’esercito russo che, a seguito del riordino attuato dopo il conflitto con la Georgia del 2008, avrebbero dovuto essere colmate.

Le recenti riforme strutturali delle forze armate russe non sembrano essere state sufficienti per i compiti che sono chiamate a svolgere. Inoltre, sembra proprio che i Russi non riescano a sfruttare i vantaggi che possiedono in termini di uomini, mezzi e materiali rispetto ai loro avversari.

Facciamo un passo indietro e vediamo, in concreto, quali siano state le riforme attuate dal Cremlino per una razionalizzazione dello strumento militare.

Nel 2007, con il conferimento dell’incarico di ministro della Difesa all’economista Anatolij Serdjukov, è stato avviato un processo di riforma sostanziale (novyj oblik – “nuova forma”) e in parte realizzato nei successivi cinque anni. A confronto dei suoi predecessori, che provenivano tutti dalle Forze Armate o dagli Apparati di Sicurezza, la formazione civile di Serdjukov, paradossalmente, può aver rappresentato un vantaggio nell’azione di riforma implementata, in quanto meno sensibile all’influenza dell’establishment militare. La sua posizione, già rafforzata da un “purga” tra i vertici militari attuata nel 2007, si consolidò attraverso serie di drastici provvedimenti:

- Eliminazione della mobilitazione di massa, propria del modello sovietico, con la soppressione delle “unità-quadro” ed il trasferimento del loro personale in unità in servizio attivo, capaci di uno schieramento rapido in caso di conflitto, in linea con l’obiettivo prefissato dall’allora presidente Dmitrij Medvedev, di disporre entro il 2020 di unità in “prontezza operativa permanente”.

- Creazione di unità più piccole, come accaduto con le riforme attuate nell’apparato militare Occidentale dopo la fine della Guerra Fredda, che consentissero una risposta più rapida e flessibile per l’impiego in conflitti regionali su scala ridotta. Il progetto prevedeva di strutturare l’esercito su divisioni con una forza di circa 10.000 uomini, ognuna in grado di essere suddivisa in brigate autonome di circa un terzo della forza complessiva. Anche per l’aeronautica fu elaborato un programma di ristrutturazione.

- Strutture di Comando più dinamiche, stante il venir meno delle esigenze di mobilitazione di massa. Molti dipartimenti dello Stato Maggiore della Difesa e degli Stati Maggiori delle singole Forze Armate vennero soppressi o subirono un ridimensionamento. Contestualmente vennero chiusi molti magazzini destinati alla custodia degli equipaggiamenti per le Forze della Riserva.

- Riduzione del numero di ufficiali superiori, dai 500.000 del 2008 ai 220.000 del 2011 (nel disegno iniziale di Serdjukov era previsto che arrivassero a 150.000), stabilendo allo stesso tempo un livello organico di 200.000 sottufficiali, per migliorare la disciplina e l’addestramento.

- Creazione di una catena di comando più snella e di un coordinamento più efficace, sostituendo i sei Distretti Militari dell’era sovietica con quattro in quattro Distretti Militari, responsabili di tutte le forze e risorse militari (terrestri, aeree e marittime) presenti al proprio interno: il Distretto Occidentale, il Distretto Meridionale, il Distretto Centrale ed il Distretto Orientale, cui è stato aggiunto il Comando Strategico Interforze Artico dal 1° gennaio 2021 dicembre 2014. Ciascuno di questi Comandi ha una sala operativa che dirige le forze terrestri, aeree e navali nella propria Regione, attivando una catena di comando e controllo più corta in cui gli ordini non devono più essere approvati da Mosca.

- Considerevole aumento delle risorse per la Difesa,1 con il Programma Statale per gli Armamenti del 2010, riferito al periodo 2011-2020, che prevede un sensibile aumento delle risorse finanziarie destinate a tale scopo e si pone l’obiettivo di incrementare la percentuale di sistemi d’arma all’avanguardia dal 20% al 70%, in linea con le Forze Armate della NATO.

Con il decreto 14 luglio 2010 dell’ex presidente Medvedev (foto), i preesistenti sei Distretti Militari furono allora raggruppati in quattro Distretti Militari, responsabili di tutte le forze e risorse militari (terrestri, aeree e marittime) presenti al proprio interno: il Distretto Occidentale, il Distretto Meridionale, il Distretto Centrale ed il Distretto Orientale.

In seguito all’interesse progressivamente maturato nei confronti dell’Artico come area di valore strategico per la Russia, con un decreto presidenziale siglato il 5 giugno 2020,2 il Cremlino ha riconfigurato ulteriormente l’organizzazione dei Distretti Militari, creando il Distretto Militare del Nord. La peculiarità di questo Distretto è quella di aver assorbito la Flotta del Nord, diventata unità di riferimento di quell’organismo militare e, pertanto, dal 1° gennaio 2021 un comando della Marina Militare russa per la prima volta nella storia ha assunto lo status di Distretto Militare.3

Negli ultimi dieci anni, dunque, si è parlato molto della modernizzazione e della professionalizzazione dell’esercito russo.

Soffermiamoci, in primo luogo, su cosa ha comportato la riduzione della leva e l’inserimento in misura maggiore del personale volontario.

La Russia attualmente schiera un esercito in servizio attivo di poco meno di un milione di uomini. Di questa forza, circa 260.000 sono coscritti e 410.000 sono soldati a contratto (kontraktniki). Il periodo di leva, ridotto da due anni a 12 mesi, prevede al massimo cinque mesi di tempo di impiego per questi militari. I coscritti rimangono circa un quarto della forza anche nelle unità di commando d'élite (spetsnaz).

Sotto il profilo dell’impiego operativo, chiunque abbia prestato servizio nell’esercito è consapevole che dodici mesi sono appena sufficienti per acquisire la capacità di essere semplicemente un fuciliere o, comunque di assolvere i compiti propri di un soldato semplice nel senso stretto del termine. Non è nemmeno lontanamente il tempo sufficiente per un soldato medio per apprendere le abilità necessarie per essere un efficace comandante di piccole unità.

I Russi hanno certamente compiuto degli sforzi per elevare la professionalizzazione degli ufficiali e dei sottufficiali e, proprio quest’ultima categoria, storicamente ha rappresentato un punto debole del sistema russo.

Facendo un parallelo tra il sistema occidentale e quello russo, in Occidente, i sottufficiali professionalmente rappresentano la spina dorsale ed esperta di un esercito. Ci si aspetta che siano esperti nelle loro specializzazioni e, pertanto, possono ragionevolmente considerati come validi comandanti di piccole unità e, nondimeno, con la loro esperienza e capacità assurgono al ruolo di consiglieri dei propri comandanti nonché consiglieri dei comandanti di plotone e compagnia livello.

Per esperienza posso dire della imprescindibile consulenza da parte dei sottufficiali anziani per i giovani ufficiali giunti ai reparti, del valore della figura del “Sottufficiale di Corpo” nel nostro Esercito e del rispetto attribuito agli staff sergeants nello U.S. Army. L’esercito russo non opera in questo modo.

Un’alta percentuale dei militari che indossano i gradi da sottufficiale sono poco più che coscritti anziani verso la fine del loro mandato. Negli ultimi anni, i Russi hanno istituito un’accademia per la formazione dei sottufficiali e, per disporre di maggiori risorse da dedicare a per migliorare questa categoria, hanno ridotto il numero di ufficiali; i risultati, tuttavia, non sono stati sufficienti per risolvere le carenze di leadership dell’esercito.

Analizziamo, adesso, i fallimenti russi a livello operativo e tattico. Va sottolineato ancora una volta che le forze armate russe, per il solo peso relativo in termini di uomini e materiali, sono ancora in grado di vincere questa guerra. Ma sta diventando sempre più evidente che le loro scelte operative e tattiche non hanno reso loro il compito facile.

Innanzitutto, va detto che per liberarsi della minaccia costituita dalle difese aeree del nemico, i Russi hanno organizzato una vigorosa e sostenuta campagna di “soppressione delle difese aeree nemiche” (SEAD). Nonostante le forze schierate da Mosca abbiano acquisito la superiorità aerea sullo spazio aereo ucraino, le batterie antiaeree ucraine stanno ancora imponendo un tributo all’aeronautica russa. È evidente che i Russi hanno sottostimato la capacità e la determinazione degli Ucraini nel contrastare le loro incursioni.

La situazione si è ulteriormente complicata con la scelta di sferrare l’offensiva terrestre lungo una serie di avenues of approach provenienti da diverse direzioni (nord, est e sud) abbastanza distanti tra loro. Questo ha creato una dilatazione del sistema di comando e controllo, rendendolo certamente non agevole. Tale scelta, almeno nelle prime fasi di questa campagna, rende estremamente difficoltoso il coordinamento tra le unità che hanno evidenti problemi a supportarsi vicendevolmente.

Fino a quando non si avvicineranno molto alla capitale, le unità russe che si spostano a nord della Crimea non sono in grado di integrare gli sforzi sviluppati dalle colonne corazzate russe che avanzano in direzione di Kiev da est. A loro volta, le truppe che convergono verso Kiev dalla Bielorussia non sono in grado di intervenire contro gli Ucraini che difendono il Donbass, sempre nell’area orientale del paese. Con la progressione in profondità nel territorio ucraino questa situazione può cambiare, ma il dispositivo adottato ha indubbiamente reso più difficili le fasi iniziali delle operazioni. Tale dispositivo ha comportato grossi problemi per quanto riguarda il sostegno logistico.

L’invasione russa è stata pianificata per occupare rapidamente larghe porzioni di territorio, con il fine di paralizzare un’immediata reazione da parte delle forze armate ucraine e ottenere, nell’immediato, il controllo dei punti nevralgici del paese. L'esercito russo ha dimostrato di possedere la necessaria potenza di fuoco per realizzare gli scopi dell’operazione, ma non è sembrata essere sorretta adeguatamente da un’organizzazione logistica in grado di sostenere, per un tempo prolungato, la progressione delle forze di manovra. Difatti, l’allungamento del braccio logistico non ha permesso di assicurare il sostegno necessario alle forze al momento opportuno, nella giusta quantità, secondo gli standard previsti e nei punti utili, vanificando la capacità di combattimento, peraltro messa a dura prova anche dalla controparte.

Nelle fasi iniziali dell’offensiva, le forze russe hanno raggiunto rapidamente gli obiettivi di primo tempo, ma la celerità delle azioni sul terreno e le azioni di sabotaggio mirate ai convogli russi e alla distruzione di ponti e della rete ferroviaria in territorio ucraino, hanno imposto delle pause operative, creando un disallineamento tra la manovra e il sostegno logistico diretto alle forze combattenti. Su internet sono disponibili diversi video di colonne russe senza benzina e bloccate sulle strade ucraine.

Tali fatti hanno dimostrato come l'esercito russo abbia la potenza di combattimento per ottenere risultati immediati sul terreno, ma non ha risorse adeguate per assicurare un’alimentazione costante e continua alla manovra.

Si tenga presente che la dottrina logistica russa tende molto a sfruttare i rifornimenti tramite rete ferroviaria e gli Ucraini, padroni in casa loro e addestrati sugli stessi principi dottrinali in quanto ex membri dell’Unione Sovietica, hanno sabotato i tratti di ferrovia lungo le direttrici sfruttate dal nemico. Il tutto è aggravato da una capacità di rifornimento limitata ad un massimo di 45 km al giorno, che non sempre ha permesso che i materiali consumati fossero reintegrati in un singolo giorno.

Le unità logistiche delle forze armate russe hanno dimostrato, almeno in queste fasi, di non essere in grado di sostenere operazioni militari su larga scala anche a causa del limitato numero dei mezzi specialistici a disposizione. Alle difficoltà del rifornimento si sono sommate quelle del mantenimento, dove gran parte dei convogli non hanno raggiunto le destinazioni finali per la scarsa capacità di sgombero e recupero dei mezzi distrutti e danneggiati.

Voglio fare un’ultima considerazione a livello tattico. È un fatto che, nel conflitto armato in corso, le due parti contrapposte si trovino a combattere prevalentemente con gli stessi armamenti, ben noti ad entrambi, ma non solo: con le stesse procedure tecnico-tattiche. Nella guerra moderna convenzionale si sa che per vincere in una lotta contro l’acciaio e le armi pesanti, gli uomini devono avvicinarsi al nemico. Se entrambe le parti sono equipaggiate in modo simile - in questo caso, si tratta di unità di fanteria meccanizzata e di unità corazzate - la parte che è disposta a smontare, uscire dai suoi VCC e servire come fanteria relativamente esposta, avrà un enorme vantaggio tattico.

Carri armati e veicoli corazzati sono incredibilmente vulnerabili ai moderni missili anticarro. Come hanno dimostrato gli Ucraini, una squadra di due o tre uomini armata con un sistema missilistico anticarro Javelin o, comunque, con un’arma anticarro di nuova generazione (NLAW) può devastare una colonna meccanizzata se le viene permesso di avvicinarsi abbastanza da essere ingaggiata.

La chiave per contrastare tali armi è operare secondo il criterio del combined-arms: la fanteria meccanizzata deve essere disposta a smontare rapidamente dai propri mezzi, perdendo quindi la percezione della sicurezza offerta dalla protezione del mezzo, e disporsi a sua volta a protezione dei corazzati che avanzano. Si instaura, in tal modo, un rapporto di copertura reciproca: la fanteria può intervenire sulle squadre controcarro, mentre i corazzati erogano il fuoco a protezione dei fanti appiedati. Fanteria meccanizzata e truppe corazzate devono lavorare con un rapporto sinergico elevatissimo e questo implica un rapporto di grande fiducia ed un elevato grado di addestramento.

I Russi sembrano essere “notevolmente riluttanti” a smontare e avvicinarsi ai difensori ucraini. Certamente ci sono reparti che combattono con determinazione e capacità, ma vi sono segnalazioni sempre più frequenti di militari che abbandonano i propri mezzi, sostanzialmente, disertano.

È evidente che vi sono grossi problemi di morale, di addestramento, di leadership e di motivazione a combattere. Non dimentichiamoci di quanto detto precedentemente sulle figure dei sottufficiali, dei kontraktniki e dei soldati di leva.

La situazione peggiora quando dalle aree rurali si passa al combattimento urbano, soprattutto nelle grandi città. Il combattimento urbano è un inferno. E come stanno imparando i Russi, il fuoco può provenire da ogni direzione. Ogni finestra, porta e scarico delle fogne è un varco che può celare un fucile o una mitragliatrice. Strade ed edifici limitano le capacità di manovra e basta un carro armato ben posizionato (come è accaduto in questi giorni) per annientare un’unità di fanteria che si avventura senza adeguate ricognizioni e protezione in un dedalo di vie. Sembra proprio che i Russi non abbiano imparato niente dalla battaglia di Grozny della 2^ Guerra Russo-Cecena.

Per effettuare un’operazione di “movimento e presa di contatto” in un contesto urbano è necessario avere un livello di addestramento molto elevato per il coordinamento dei movimenti e del fuoco di copertura e poi, ci vogliono tanto coraggio e motivazione. I Russi non sembrano essere bravi nella cura dei dettagli e i loro fallimenti a livello operativo e tattico hanno reso un compito già di per sé difficile molto, molto più complicato. Il timore è che, presi dal panico o dalla rabbia, si abbandonino ad atti brutali e immotivati.

Aver sovrastimato le proprie capacità rispetto al nemico e al territorio, evidentemente, ha indotto i Russi a commettere macroscopici errori nella pianificazione.

Qualche considerazione a carattere strategico, in conclusione

Nel mio libro “La Dottrina Gerasimov” ho approfondito gli aspetti relativi alla riforma delle forze armate russe e alle nuove tattiche studiate e adottate dalla Russia. Gerasimov sembra che ora non sia più tanto nelle grazie di Putin, ma resta soggetto agli ordini di un presidente che, almeno in apparenza, ha perso il contatto con la realtà.

Putin è un uomo del KGB e, evidentemente, rimpiange le procedure risalenti alla sua formazione, all’epoca della Guerra Fredda. Non ha compreso che quanto attuato attraverso i principi della guerra ibrida in questi ultimi otto anni gli aveva già fatto ottenere delle vittorie rilevanti, con l’annessione della Crimea alla Russia e con la fama di “alleato affidabile” acquisita con le operazioni a sostegno di Assad in Siria.

Certamente, con il suo atteggiamento, rischia di alienarsi l’appoggio dei siloviki, che hanno più timore di perdere capitali e occasioni di affari redditizi che dell’allargamento a est della NATO e dell’Europa. Anche le diserzioni tra i militari non sono un buon segnale per Mosca. Ecco, allora che può diventare importante rivolgere lo sguardo sul comportamento delle forze speciali - segnatamente gli OMON - della Guardia Nazionale comandata da Viktor Zolotov, chiamata a mantenere l’ordine sul fronte interno che si sta creando con le contestazioni anti-governative.

Sul fronte esterno, Putin, persa la fiducia sulle sue forze regolari, può seriamente prendere in considerazione l’invio dei famigerati kadirovskiy in Ucraina, i paramilitari ceceni che hanno combattuto per la causa di Mosca sul loro stesso suolo.

1 F. Iacch, Entro 7 anni riarmo completo delle forze armate russe, https://www.difesaonline.it, 11/12/2014.

2Северный флот станет пятым военным округом России с 2021 года (La Flotta del Nord diventerà il quinto distretto militare della Russia dal 2021), 08/06/2020. https://armstrade.org.

3Северный флот России получил статус военного округа (La Flotta del Nord della Russia ha ricevuto lo status di distretto militare), 01/01/2021. https://www.interfax.ru.

Foto: MoD Fed. Russa / RIA Novosti / Ukraine Defense / Twitter / autore