Iraq, la storia del massacro di Ramadi: "abbandonati e massacrati"

26/05/15

Sono circa le nove di giovedì mattina, 14 maggio, quando il colonnello della polizia locale, Hamid Shandoukh, scrutando le acque scure del fiume Eufrate, intravede i battelli che trasportano i combattenti dello Stato Islamico verso la sua prima linea di difesa nella città di Ramadi.

Immediatamente scatta l’allarme per una forza di difesa composta da combattenti tribali e poliziotti locali. Ben presto appare evidente che non si tratta di un assalto ordinario. Le forze di sicurezza si posizionano sul fiume, ma pochi minuti dopo, sono attaccati anche dalle retrovie. Scoppia il caos.

Inizia la Battaglia di Ramadi.

L'attacco nel quartiere Albualwan, il 14 maggio scorso, ha segnato l'inizio della fine per le forze pro-governative di Ramadi, una città strategica che per ben 18 mesi ha resistito agli assalti dello Stato islamico. Gli insorti, in quattro giorni, hanno coordinato e lanciato anche trenta autobombe e centinaia di bombardamenti pesanti dalle retrovie.

Quello che emerge, nella descrizione ormai ufficiale di ciò che accadde a Ramadi, è stata la debolezza delle forze irachene, superiori di numero e meglio equipaggiate rispetto ai terroristi. Le testimonianze raccolte dal Pentagono confermano i sospetti: gli iracheni erano confusi, mancavano di coordinamento mentre la catena di comando non è mai entrata in funzione lasciando il balia del nemico le truppe regolari.

Poi ci sarebbero “quei reparti speciali”. La tanto pubblicizzata “Divisione d'Oro”, addestrata dalle forze speciali USA e ritenuta la più capace del paese, ha improvvisamente abbandonato le proprio posizione, non entrando mai in contatto con il nemico. La conferma arriva direttamente dal Pentagono.

Capitolo raid alleati poi. Questi, nonostante i tentativi di giustificare quella ritirata (ma sarebbe meglio dire fuga), sono avvenuti con regolarità. Il problema è stato uno soltanto: gli Stati Uniti non avevano abbastanza aerei per attaccare tutte le postazioni nemiche e limitare quegli assalti e quelle “maree umane” che ricordavano tanto, per violenza e velocità, quelli del Vietnam.

Ma le follie di quei giorni, sembrano non finire mai, considerando che ogni ora emergono delle novità. Come, per esempio, quella legata alle truppe del luogo, equipaggiate con armi d’assalto di ultima generazione, ma senza munizioni. Emerge, infatti, che durante l’attacco, molti soldati si recarono presso il mercato nero di Ramadi per acquistare munizioni.

Ci si chiede che fine facciano quei soldi del programma miliardario americano per equipaggiare le forze tribali sunnite, pietra miliare della strategia degli Stati Uniti per affrontare il gruppo estremista. Sembrano copioni già visti in passato, con aiuti trasformati in merce al mercano nero dei signori della guerra.

Gli assalti dei combattenti dello Stato islamico scioccano le forze di sicurezza irachene. Dopo aver conquistato Albualwan, giovedì notte, i militanti conquistano la vicina area di Jamia. Altri attacchi suicidi raggiungono i quartieri di al Soufiya e al Hoz.

Alcuni membri delle cellule dormienti, travestiti con uniformi della polizia locale, confondono i combattenti filo-governativi e scardinano la già precaria linea di comando. Gli estremisti continuano a guadagnare terreno nei confronti di un esercito totalmente incapace di reagire.

Nel pomeriggio di venerdì 15 maggio, lo Stato Islamico issa la sua nera bandiera sugli edifici governativi della città e circonda il quartier generale Anbar di Ramadi. L’assalto al quartiere generale dell’esercito è noto già da un paio di giorni.

I fondamentalisti hanno utilizzato 17 autobombe ed un convoglio corazzato per abbattere le mura di cinta realizzate in calcestruzzo ed introdursi nel compound ritenuto “pesantemente fortificato”.

Tra venerdì e sabato, gli aerei della coalizione effettuano quattro raid, seguiti da altri sette nella giornata di domenica.

La tempesta di sabbia è una sciocchezza – rispondono dal Pentagono – il tempo non ha limitato la nostra capacità di condurre attacchi aerei anche perché il cielo, nel primo giorno di attacco, era terso e sgombro da nubi.

La tempesta, comunque, avrebbe potuto consentire ai terroristi di posizionarsi prima dell’assalto, non venendo rilevati dalla sorveglianza aerea. I dettagli non finiscono qui.

L’amministrazione Obama avrebbe anche limitato al minimo l’utilizzo degli osservatori sul campo per trasmettere informazioni in tempo reale agli aerei d'attacco nelle vicinanze, riducendo le possibilità di colpire con efficacia e precisione. Intuendo la disfatta, il governo iracheno decide di inviare, sabato sera, rinforzi nella città a maggioranza sunnita. Trenta veicoli blindati della polizia federale con centinaia di soldati perfettamente equipaggiati a bordo, raggiungono Ramadi verso le 23 di sabato 16 maggio e prendono posizione per una manovra tesa a liberare il quartier generale e le truppe asserragliate all’interno.

L’attacco delle truppe regolari avviene l’indomani, verso le dodici di domenica mattina, 17 maggio, ma nei pressi della moschea di Al Dawlah al-Kabir, nel centro della città, il convoglio è attaccato violentemente con artiglieria e blindati pesanti. Ma il punto di svolta, così come affermato più volte dal Pentagono e dagli stessi iracheni, è stato il ruolo meschino della Divisione d'Oro.

Le “forze antiterrorismo“ irachene avrebbero dovuto controllare un’importante arteria che avrebbe consentito l’arrivo dei soccorsi in sicurezza. Cosa che non avvenne: i rinforzi si gettarono tra le braccia dell’Isis che li martellarono con tutto quello in loro possesso. Quella strada definita preziosa per la difesa di Ramadi, non è mai stata protetta. Si trasformò in un inferno. Con i “reparti speciali” in ritirata, le forze regolari ormai al collasso, iniziano a perdere terreno su tutto il fronte.

Circa mille uomini della polizia locale, assediati dentro il quartier generale di Anbar, sono raggiunti da un pesantissimo attacco portato da mortai e razzi. I terroristi usano dei carrelli elevatori blindati per inserire nella struttura dei kamikaze. Almeno quattro attacchi devastano il quartier generale. Quanti riescono a fuggire, abbandonano i feriti, i mezzi corazzati, le armi e le munizioni.

Poche ore dopo i terroristi mostrano sui social il proprio bottino: 300 poliziotti uccisi, equipaggiamento nuovo di zecca, decine di blindati, carri armati e migliaia di munizioni, le stesse che le forze di Ramadi non hanno mai ricevuto. Altri mille uomini perderanno la vita nelle ore successive.

Lunedì 18 maggio, inizia il Massacro di Ramadi.

Franco Iacch