Il pancrazio: dall'antica Grecia al metodo di combattimento militare dell'Esercito italiano

(di Marco Valerio Verni)
06/03/17

Da qualche anno (più nello specifico, dal 2014), anche l'Esercito italiano ha ufficialmente incorporato nei suoi programmi di addestramento una metodologia di combattimento in grado di consentire al soldato completamente equipaggiato la sopravvivenza sul campo di battaglia, anche senza l'impiego di armi da fuoco: il c.d. M.C.M. (Metodo di Combattimento Militare).

Esso nasce dall'esigenza di dotare il personale militare di Forza armata, impiegato in determinate missioni (nazionali o in teatri operativi esteri) di particolari abilità tecniche, tratte da diverse arti marziali (tra cui, soprattutto, il Pancrazio Athlima), e di nozioni teoriche sui traumi e sulla psicologia del combattente.

A formare coloro che, a loro volta, saranno poi i futuri istruttori di tale metodo, è, attualmente, il C.A.PAR. (Centro Addestramento Paracadutisti), Ente formativo della brigata paracadutisti "Folgore", attraverso un duro corso di sei settimane, incentrato prevalentemente sullo sviluppo di determinate capacità (forza, resistenza e velocità di esecuzione) e, soprattutto, sull'addestramento al saper gestire l'emergenza secondo il concetto di "force escalation", portando il militare ad affrontare il potenziale scontro con la dovuta proporzionalità di azione-reazione rispetto alla minaccia da neutralizzare, prediligendo sempre, ove possibile (in particolare, nelle situazioni legate alla gestione dell'ordine pubblico o di "riot control"), la soluzione meno cruenta o "invasiva" dello stesso, e considerando quella "fisica" solo come extrema ratio, da riservare alle situazioni più critiche e non diversamente risolvibili (anche in ossequio ai requisiti della legittima difesa militare).

Le origini ed i corrispettivi del M.C.M. negli altri eserciti

Introdotto nella formazione militare italiana proprio per volontà di un paracadutista (il colonnello Rodolfo Sganga), al fine di colmare il gap capacitivo che l'Esercito italiano aveva manifestato sin dalla seconda Guerra Mondiale, l'M.C.M. trae la maggior parte delle sue tecniche di combattimento a mani nude dal pancrazio (il cui termine- in greco antico: παγκράτιον, pankràtion- significa "onnipotenza" e deriva, per l’appunto, da pan = tutto e kràtos = potere, forza, ad indicare che il lottatore sconfiggeva il suo avversario utilizzando, appunto, tutta la sua forza ed ogni parte del suo corpo, usando ogni tecnica a mano nuda ammessa), un antico sport da combattimento che faceva parte dell'atletica pesante di origine greca antica e che consisteva, sostanzialmente, in un misto di lotta e pugilato.

Esso trova il suo corrispettivo in programmi addestrativi similari, in voga in altri eserciti, tra cui, per citarne i più famosi, il “Krav Maga” israeliano o il “Combatives” dello U.S. Army (The mission of the U.S. Army Combatives Course - come si legge proprio sul sito della scuola di fanteria dell'esercito statunitenseis to train Leaders and Soldiers in close quarters Combatives in order to instill the Warrior Ethos and prepare Soldiers to close with and defeat the enemy in hand to hand combat.The Modern Army Combatives Program (MACP) started in 1995 with the 2nd Ranger Battalion and has spread at the grass roots around the Army. It has been incorporated into the new TC 3-25.150 and Basic Combatives is one of the Forty Warrior Core Tasks of the Warrior Ethos initiative): proprio con gli americani, peraltro, la forza armata italiana ha instaurato, già dal 2015 (allorquando, tre istruttori MCM del Gruppo di Progetto ebbero a conseguire, dopo due mesi di permanenza presso la citata U.S. Army Combatives School di Ft. Benning- GA- la corrispettiva qualifica, utile all'abilitazione all'addestramento del personale), una collaborazione tra i rispettivi Enti di formazione per il combattimento corpo a corpo, anche al fine di aumentare l'interoperabilità dei rispettivi elementi.

L'addestramento

L'allenamento svolto nel M.C.M. consiste in esercizi con i pesi ed a corpo libero, in addominali con dieci chili dietro la nuca, nella corsa sulla sabbia o nell'acqua, nel trasporto di feriti con un compagno o un manichino da trenta chilogrammi sulle spalle, nel sollevare per venticinque metri un pneumatico da camion orizzontalmente rovesciandolo sul terreno, o nel trasporto veloce di due cassette metalliche di munizioni, ma di peso diverso per ogni mano, per bilanciare un carico disuguale. E poi tanto combattimento, sia con armi (sfollagente, baionetta, armi improvvisate - come un mazzo di chiavi od un bastone - ed in ogni dove, sul bagnasciuga in dieci centimetri di acqua o immersi fino ad un metro e mezzo nel mare) sia a mani nude, con tecniche a distanza (calci e pugni), corpo a corpo (gomitate, ginocchiate, proiezioni, leve) ed a terra (immobilizzazioni, strangolamenti): il tutto, sempre considerando il particolare equipaggiamento individuale di cui il militare italiano è munito, nella non sempre ovvia considerazione della diversa possibilità (o, a volte, impossibilità) di applicare una determinata tecnica indossando un vestiario leggero o, al contrario, un giubbetto antiproiettile, uno zaino da venticinque chili sulle spalle, il visore notturno ad infrarossi (che provoca una riduzione dell'ampiezza della visuale, falsando la prospettiva) o, ancora, la maschera antigas che, soprattutto in condizioni di stress fisico, provoca l'ipossia.

Insomma, l'introduzione del Metodo di Combattimento Militare nel programma addestrativo dell'Esercito italiano, ben può considerarsi un ulteriore passo verso il c.d. soldato del futuro che, mai come in questo caso, sembra avere origini antiche (derivate, come detto, dal Pancrazio): e, ancora una volta, esse hanno la nobile provenienza del glorioso mondo ellenico, da cui già la cultura romana ebbe ad attingere, consapevole, sin dai suoi primordi, della superiorità dell'antichissima produzione artistica greca rispetto a quella latina.

Un fascino e, soprattutto, una attualità che, a tutt'oggi, continuano a pervadere la tradizione italiana, al punto che sembrano ancora riecheggiare le parole di Orazio che, nella Seconda Epistola, proprio per testimoniare la forza e l'influenza che avrebbe comunque avuto, allora e nei tempi a venire, la cultura greca sulla potenza romana (e su quella occidentale in generale), ebbe a scrivere: "Graecia capta ferum victorem cepit" (la Grecia, vinta, vinse il feroce vincitore). I frutti di quella vittoria, a quanto pare, continuano a perdurare. Di ciò, considerati i nobili retaggi, non si può che esserne orgogliosi.

1http://www.benning.army.mil/

(foto: Esercito italiano / U.S. Army)