I valori dell’Alpinità, storia di un’umiltà operosa

(di Lorenzo Della Corte)
16/04/25

Nella splendida cornice alpina de La Thuile, si è tenuta una due giorni organizzata dai gruppi parlamentari di Fratelli d’Italia dedicati alla montagna. Nel corso della kermesse, denominata “Spazio Montagna”, si sono alternati numerosi panel che hanno visto esponenti delle Istituzioni, figure di spicco del Governo, membri del partito e rappresentati della società civile discutere in merito al valore e alle opportunità insite nel mondo montanino.

Tra i molti panel che si sono succeduti, uno di quelli che ha destato maggiore attenzione è stato quello sviluppato intorno al rapporto tra il corpo degli alpini ed il tricolore. Dopo l’introduzione di Roberto Menia, senatore FdI e vicepresidente della commissione affari esteri e difesa; Michele Barcaiuolo, senatore FdI e capogruppo in commissione affari esteri e difesa e Paola Chiesa, deputato FdI e capogruppo in commissione Difesa e responsabile dipartimento Difesa; Francesco Giorgino, direttore dell’ufficio studi della Rai e direttore del master in Comunicazione e Marketing politico alla Luiss, ha moderato le riflessioni del ministro Guido Crosetto, del capogruppo Galeazzo Bignami e della sottosegretaria Isabella Rauti, oltre agli interventi del generale di divisione Michele Risi, del generale di brigata Alessio Cavicchioli e dell’ex caporale, oggi primo maestro di Sit Ski in Italia, Mauro Bernardi.

Attraverso le testimonianze degli ospiti, è stata ricordata la storia degli alpini e le principali attività svolte dal Corpo. Gli alpini sono il simbolo dell’Italia migliore. Una storia di sacrificio e senso del dovere, dal battesimo del fuoco in Africa in epoca regia al cospicuo tributo di sangue offerto dalle truppe alpine nel corso della Grande guerra, le penne nere hanno sempre dimostrato il loro impegno in difesa del tricolore. Anche in tempo di pace, gli alpini si sono distinti per il loro altruismo: dai Balcani, all’Afghanistan, dall’Iraq al Libano e, ancora, in Niger, Somalia, Kuwait, Libia e Mali. Gli alpini ci sono sempre stati per garantire la sicurezza nazionale e proteggere i civili in questi teatri di guerra.

Le penne nere sono l’esempio dell’Italia migliore non solo per il loro impegno nei teatri di guerra, ma anche per il loro senso del servizio ed il loro prezioso intervento nei momenti in cui la Penisola è stata colpita da gravi calamità naturali. Sono numerosi gli atti di umanità ed eroismo che hanno caratterizzato la storia degli alpini, dall’intervento nel 1963 nella sciagura della Diga del Vajont – intervento che valse al Corpo la Medaglia d’oro al valore civile – all’intervento in Friuli nel maggio del ’76 successivamente al terremoto che colpì quella terra e che, anche in quel caso, valse la Medaglia d’oro al valore civile all’Associazione Nazionale degli Alpini. E ancora, venendo ai giorni nostri, è doveroso ricordare l’intervento degli alpini a sostegno dei terremotati abruzzesi nel 2009 e le missioni umanitarie svolte all’estero in favore delle popolazioni colpite dalle calamità in Sri Lanka nel 2005 e a Haiti nel 2010.

Gli alpini rappresentano, come ricordava in un suo testo il generale di corpo d’armata Italico Cauteruccio, un corpo peculiare "una realtà semplice e genuina che sa dimostrare «il proprio impegno e Il proprio valore nelle situazioni più critiche e dolorose". Perché, e lo dimostrano anche le parole del ministro Crosetto – anch’egli alpino e discendente di una famiglia di discendenza alpina – gli alpini, in virtù del loro profondo legame con la montagna, si caratterizzano per i valori di "resilienza, di solidarietà e di resistenza", oltre ad una propria peculiare «umiltà operosa» che, insieme alle più alte virtù montanine, caratterizza quella che il ministro Crosetto ha definito "alpinità". Un modus vivendi che però, non si esaurisce unicamente nel proprio senso del dovere, ma che trova una sua attribuzione identitaria e collettiva nella partecipazione annuale alle Adunate degli alpini, ovvero una sintesi "di un mondo antico e moderno insieme, fatto di senso del dovere, sacrificio, serietà e attaccamento alle tradizioni, ma anche di convivialità ed amicizia".

Come emerso nel corso degli interventi, il ruolo degli alpini si è evoluto nel tempo, trasformandosi e cercando costantemente un equilibrio virtuoso tra innovazione e identità. Un’identità che, pur adattandosi ai cambiamenti, non si è mai snaturata, rimanendo fedele allo spirito originario degli alpini, così come lo descrisse Cesare Battisti nel 1916: [l’Alpino] che "non si chiede quale sarà il suo domani, non ha paura delle vicende peggiori in cui può lanciarlo un’azione sfortunata. La voce del dovere gli dice: va, ed egli va senza spavalderia alcuna. Perché quella sicura coscienza di sé, quel coraggio che si è creato attraverso lo spasimo, il dolore di intere generazioni di emigranti, si integrano nelle virtù proprie della razza montanina: la serietà, la persistenza, e la bontà squisita di cuore".