I gruppi jihadisti e la presenza di forze straniere nel Sahel

(di Antonino Lombardi)
08/08/22

Continuano gli attacchi terroristici in Mali da parte di gruppi islamisti che prendono sempre più potere. A fine luglio tre attentati nel Paese hanno ucciso almeno 15 soldati e tre civili.

Venerdì 22 luglio, due autobomba sono esplose in un edificio dell'esercito a Kati, a 15 km da Bamako, uccidendo un soldato. È la prima volta che viene colpito un obiettivo di significativa importanza simbolica e strategica sinonimo di una volontà di affermare il proprio potere e dichiarare la loro possibilità di colpire ovunque e chiunque.

Il 21 luglio, sei attacchi coordinati sono stati lanciati simultaneamente nel centro e nel sud del Paese. La maggior parte degli attacchi sono rivendicati dal GSIM dimostrando grande coordinamento facilitato dalla forte influenza che il gruppo esercita su un vasto territorio tra Mali e Burkina Faso.

Secondo un rapporto delle Nazioni Unite, questo "corridoio a sud" permette al GSIM di "estendersi verso la costa atlantica", in particolare in Benin e Togo, dove gli attacchi sono in aumento. I metodi del GSIM, aggiunge l'Onu, "contrastano con la violenza cieca" dell'organizzazione dello Stato Islamico, attiva anche in Mali. Diverse fonti dicono che tra Kidal e Timbuktu, il GSIM sta cercando di stabilire un governo parallelo a quello statale.

In Africa e più specificamente nel Sahel, sono diversi i gruppi di matrice jihadista che affermano di appartenere al Al-Qaeda.

Il gruppo jihadista più potente oggi nel Sahel affiliato ad Al Qaeda, è la GSIM (JNIM in arabo), Gruppo di Supporto all'Islam ed i Musulmani il quale ha riunito sotto la sua guida altri gruppi quali Ansar Dine, creato nel 2012 da Iyad Ag Ghaly, la Katiba Macina (creato da Amadou Koufa in 2015) e Al-Qaeda nel Maghreb islamico (Aqmi, guidata dall'algerino Droukdal fino alla sua morte nel giugno 2020 in Mali e attualmente capeggiata da Abou Oubaïda Youssef al- Annabi, jihadista algerino).

Il GSIM si conta riunisca circa tre mila uomini ed è guidato attualmente, come detto, da Iyad Ag Ghaly, nato nel 1958, membro della tribù Ifoghas Tuareg e originario del Mali (Kindal). In origine ha guidato una ribellione tuareg negli anni '90 poi, dopo essersi ritirato, si è imposto nuovamente nel 2012 creando il gruppo Ansar Dine collaborando con il Movimento Nazionale di Liberazione dell'Azawad (organizzazione militare e politica maliana, fondata il 16 ottobre 2011). Nel 2017 ha assunto la guida del Support Group for Islam and Muslims, nato dalla fusione della maggior parte dei gruppi jihadisti maliani. L'uomo ora si presenta come il protettore dei civili contro i presunti abusi dei mercenari Wagner.

Il predicatore Fulani Amadou Koufa è un altro esponente del GSIM che guida la sua creatura Katiba Macina nata nel 2015. Egli ha sfruttato vecchie rivalità legate allo sfruttamento di terre fertili tra pastori e contadini del Mali Centrale per reclutare combattenti in difesa del popolo Fulani. Inizialmente era nato come un “movimento” marginale nel Sahel, successivamente ha assunto grande potere e gli attacchi terroristici rivendicati sono costanti anche se lo scorso aprile, Koufa, ha accusato l'esercito maliano e i mercenari russi del gruppo Wagner, di essere responsabili della strage di Moura. 

L'attacco al campo di Kati, cuore dell'apparato militare maliano, è stato rivendicato dai jihadisti della Katiba Macina, affiliata ad Al-Qaeda.

L'organizzazione di Al-Qaeda nel Maghreb islamico era guidata fino al 2020 da Abdelmalek Droukdel (ucciso dalle forze armate francesi nel nord del Mali). L'AQIM ha annunciato la nomina del suo nuovo leader, l'algerino Abou Oubaïda Youssef al-Annabi, attuale capo del  "consiglio dei notabili", che funge da comitato direttivo del gruppo jihadista.
Molti leader algerini di Al-Qaeda nel Maghreb islamico come Droukdal o Abou Oubaïda Youssef al-Annab provengono quindi dal GIA, il Gruppo Islamico Armato, la principale organizzazione terroristica durante il decennio oscuro dell’Algeria (1992-2003).

Secondo Iyad Ag Ghali, la fine dell'operazione Barkhane è un motivo in più per continuare la lotta constatando che i francesi si sono ritirati perché non hanno raggiunto i loro obiettivi cosi come gli americani in Afghanistan.

La Somalia ha visto la comparsa, dalla seconda metà degli anni 2000, di un gruppo di combattenti jihadisti, gli al-Shabab, i “giovani” in arabo (il nome completo è Harakat al-Shabab al-Mujahedin). Questo movimento è nato in Somalia nel 2006 prendendo il controllo di Mogadiscio nel giugno dello stesso anno. Alla fine dell’anno le truppe etiopiche, sostenute dagli Stati Uniti, venute in aiuto del governo di transizione somalo, riprendono il possesso della città ma in tutto il Paese persistono disordini. Nel 2008 l'Etiopia ritira le sue truppe e rimangono sul territorio le forze dell'Unione Africana che affrontano gli islamisti che giurano ufficialmente fedeltà ad Al Qaeda nel 2009 e nel 2012. Fino alla fine degli anni duemila, al-Shabab erano presenti nelle principali città e tra il 2007 ed il 2012 controllavano i due terzi del Paese. Sono stati cacciati dalle principali città del Paese, inclusa la capitale Mogadiscio nel 2011 e nel 2014 hanno perso Brava, un importante porto, nel sud del Paese. Oggi controllano ancora vaste aree rurali, lanciando regolarmente attacchi contro le basi Amisom, UE e obiettivi civili di Mogadiscio.

Dopo la morte del loro leader Ahmed Abdi "Godane", ucciso da un attacco americano, il gruppo al-Shebab ha nominato nel settembre 2014: Ahmed Oumar noto anche come Abou Oubaïda.

Il gruppo è riuscito a diversificare le proprie fonti di finanziamento garantendosi, infatti, anche donazioni dall'estero mentre in “patria” raccolgono denaro attraverso un sistema di tasse, donazioni, ma anche attraverso servizi resi a pagamento. 

Ansar al-Sharia, "Sostenitori della Sharia", è stato un gruppo jihadista e salafita particolarmente attivo in Tunisia dal 2011 al 2015 fino ad arrivare ad avere tra le sue fila diverse migliaia di sostenitori.
Il 27 agosto 2013 il capo del governo Ali Larayedh, annuncia la classificazione del Movimento salafita come organizzazione terroristica. È ritenuto responsabile dell'assassinio dei Chokri Belaïd e Mohamed Brahimi e dell'attacco a diverse stazioni di polizia. Secondo il ministero dell'Interno tunisino, il movimento non è del tutto scomparso in quanto alcuni membri hanno fondato un'organizzazione chiamata Katiba Okba Ibn Nafaâ.

Il gruppo jihadista libico Ansar-al Sharia era particolarmente ben radicato a Bengasi. Dopo la caduta del regime di Gheddafi è nata una brigata di sostenitori della Sharia ("Katibat Ansar al-Sharia"). Questa brigata si è distinta durante la battaglia di Sirte nell'agosto e nel settembre 2011 ma non è riuscita a stabilire un regime islamista dopo la morte di Gheddafi.

Nel 2012 Washington accusa Ansar al-Sharia di essere responsabile dell’attacco al consolato di Bengasi costato la vita all’ambasciatore C. Stevens.
Negli anni 2013-2014 è combattuto dalle truppe di Haftar e la brigata, per mancanza di combattenti, è stata sciolta nel 2017.

Alliance fo International Medical Action afferma che decine di milioni di persone stanno affrontando la fame nella regione del Sahel dell'Africa occidentale, dove il conflitto, l'aumento dei prezzi e l'impatto della pandemia da coronavirus hanno generato una grave crisi alimentare.

In Niger, Burkina Faso e Mali, il conflitto con gli insorti ha decimato la produzione alimentare e nel nord-est della Nigeria, i militanti islamisti dello Stato Islamico e di Boko Haram stanno ostacolando l'agricoltura.

Il Mali, con l’arrivo delle forze russe del gruppo Wagner, ha intensificato a partire da aprile, le operazioni di antiterrorismo, sostenuto dalla crescente fornitura di armi e supporto tattico e strategico da parte del Cremlino. L’arrivo del gruppo Wagner ha però intensificato la violenza delle forze statali contro i civili. 

Vedremo se la presenza russa e la riorganizzazione delle truppe occidentali nelle diverse missioni presenti, concorreranno a rallentare la radicalizzazione dei gruppi jihadisti nel Sahel anche se proprio questa presenza straniera potrebbe esacerbare i malumori tra la popolazione ed accentuare, quindi, la crescita dei gruppi islamici estremisti.

Foto: middleeastmonitor.com