Alcune precisazioni in merito all’articolo sul COFS

(di Tiziano Ciocchetti)
29/09/21

Come avevamo anticipato, i nostri scritti hanno suscitato alcune critiche. Poche per la verità e pretenziose.

Ci è stato rimproverato che fossimo poco informati, che non corrispondeva al vero che la trasformazione del 185° e del 4° fosse avvenuta, specialmente all’inizio, con modalità e procedure a dir poco “spicciative”; che avremmo dovuto citare tutto l’iter formativo in comune che acquisitori, ranger e incursori praticano che, come il NIF e il COMFOSE, anche il COFS ha avuto (e ha) comandanti non incursori e che, in ultimo, non avendo gli scriventi alcuna formazione ed esperienza militare non ci saremmo "dovuti permettere" di pubblicare cotanto articolo.

Questi rilievi ci forniscono l’opportunità di fare altre precisazioni che vanno, tuttavia, nella direzione opposta alle rettifiche richieste.

Prima di pubblicare qualsiasi scritto ci informiamo, senza basarci su impressioni di singoli o pareri di parte ma esigendo anche di prendere visione di documenti e testimonianze ufficiali che rendano l’informazione più oggettiva possibile.

Solo quando abbiamo la ragionevole certezza della correttezza delle informazioni in nostro possesso le pubblichiamo, anche perché ne va dell’immagine e dell’affidabilità della Rivista e quindi, anche della nostra reputazione a cui, non vi nascondiamo, teniamo molto.

Venendo quindi alle critiche mosse circa la trasformazione del reggimento alpini paracadutisti Monte Cervino e del 185° reggimento artiglieria paracadutisti in qualcosa di diverso abbiamo raccolto le seguenti informazioni comprovabili da documentazione ufficiale e da chi, con onestà, può testimoniare quanto avvenuto in passato.

Il 4° reggimento alpini paracadutisti e il 185° rgt. artiglieria paracadutisti sono sempre stati reparti convenzionali, uno di fanteria e l’altro di artiglieria. Non hanno mai condotto attività non convenzionali né in addestramento né tantomeno in operazioni reali.

La loro trasformazione è iniziata nel 2002 con corsi specifici tenuti presso il reparto addestrativo (RAFOS) del 9° reggimento Col Moschin che, all’epoca, era l’unico reparto dell’Esercito che effettuava corsi per Forze Speciali.

I corsi cosiddetti “specifici” avevano una durata di 6/8 settimane e si rivolgevano a un pubblico di circa 40 militari alla volta. In essenza, il loro programma era un concentrato di quello che ora è il corso OBOS il cui riferimento è la pattuglia paracadutisti da combattimento con l’esecuzione degli atti tattici finali del “colpo di mano” e della “imboscata”. Durante il corso quindi non veniva impartita nessuna nozione circa l’esecuzione di Direct Actions, Special Reconnaissance e Military Assistance né tantomeno venivano trattati i compiti esclusivamente nazionali degli incursori.

Saltuariamente, sempre dal reparto addestrativo del 9° reggimento, venivano svolti dei corsi anfibi rivolti al personale dei due reggimenti. Corsi della durata di 4 settimane durante i quali venivano impartite le nozioni elementari e di base per potersi muovere in ambiente acquatico di superficie.

Già nel 2004, nell’ambito del Nucleo Iniziale di Formazione (NIF) del COMFOSE (con sede a Firenze), vi era stata l’iniziativa di tentare di modificare l’impianto normativo delle varie qualifiche/brevetti per prevedere gli incursori di primo livello (ovvero gli attuali ranger, acquisitori e operatori del Reparto Elicotteri per Operazioni Speciali) che sarebbero stati denominati “incursore ranger”, “incursore acquisitore” ecc...e rinominare “incursori di secondo livello” quelli che incursori lo erano sempre stati. Fortunatamente tale “originale” pensata non ha mai visto il giorno, nonostante gli appunti in tal senso inoltrati allo stato maggiore dell’Esercito.

Lasciamo al lettore l’interpretazione della motivazione che, sin da allora, spingeva per cercare di uniformare, appiattire, omogeneizzare, conglomerare tutti sotto l’ombrello dell’”incursore”…e se il lettore non dovesse farcela al primo tentativo forniamo l’aiutino del caso informandolo che, proprio nel 2004, era stata proposta un’indennità supplementare di 650 euro lordi che avrebbe dovuto rivedere, in senso migliorativo, il trattamento economico dei militari in possesso del brevetto d’incursore.

Nel 2005 il generale Fraticelli, con formale lettera all’allora capo di SMD, ammiraglio Di Paola, asseriva che il 4° e 185° fossero integralmente pronti e, “combat ready” per poter essere inseriti nelle fila delle FS.

Tuttavia a noi non tornano molti aspetti fra cui ne citeremo solo alcuni: come è possibile trasformare un reparto assolutamente convenzionale in reparto di FS con corsi di massa che, cumulati tra di loro, non superano le 10/12 settimane? Come è stato possibile far frequentare questi corsi ai circa 1200 militari che compongono i due reparti (circa 700 del 4° e circa 500 del 185°) in soli tre anni svolgendo tutti i corsi presso il Nono (visto che il generale Fraticelli pretendeva che i due reparti fossero integralmente pronti e non solo aliquote degli stessi); al di là della truppa, gli ufficiali e i sottufficiali dove hanno imparato a pensare, pianificare, agire, impiegare i supporti in modo non convenzionale? E avremmo tante altre domande alle quali nessuno ci ha, ancora, fornito risposte esaurienti durante le nostre ricerche.

Ma quello che ci stupisce ancora di più è l’impiego che di questi reparti è stato fatto nel tempo, proprio a partire dal 2005, anno in cui, come asseriva il generale Fraticelli, queste due unità avrebbero dovuto essere “combat ready” come Forze Speciali e, quindi, avrebbero dovuto essere impiegate solo in tali contesti.

In Afghanistan, nel 2008, sia il 4° che il 185° sono andati a costituire la Task Force Surobi rilevando e successivamente facendosi rilevare da unità convenzionalissime (la Task Force Lafayette francese), dipendendo convenzionalmente da RC Capital e conducendo attività estremamente convenzionali.

Sempre in Afghanistan il 185° ha costituito la Task Force Victor, unità anch’essa estremamente convenzionale alle dipendenze del comandante di RC West (TF Victor non aveva alcun collegamento con l’ISAF SOF Command - unico comando deputato alla condotta di OS in Afghanistan - né, tantomeno, con il COFS). Quando poi nel 2014 ISAF si è trasformato in Resolute Support Mission, ovvero quando la fase cinetica della campagna è terminata e quando le truppe della NATO (comprese le Forze Speciali) sono state ri-taskate per svolgere compiti di security force assistance “behind the wires” ovvero esclusivamente all’interno dei campi addestrativi, il 4° ha soppiantato il Nono alla guida di quella che era la TF 45 …anche questo impiego ci è sembrato molto sottotono.

Entrambi i reparti sono stati fornitori per anni e anni dei “close protection team” di quasi tutte le brigate italiane impiegate in teatro, compito anche questo che, se non condotto in ambienti particolari e a beneficio di personalità del tutto eccezionali, non rileva alcuna “specialità”. Tanto più che quello che conducevano 185° e 4° è ora espletato da squadre tratte da tutte le brigate dell’esercito.

Anche l’impiego in Iraq, nell’operazione Prima Parthica, del 185° dal 2016 al 2018, quindi per ben 2 anni, è stato convenzionalissimo, avendo il reparto provveduto a fornire una piccolissima task force, inserita nel “convenzionale” contingente nazionale, che si occupava di addestramento delle forze irachene. Come in Afghanistan, questa task force non aveva alcun collegamento con le forze speciali della coalizione anti ISIS né, a livello nazionale, con il COFS e quindi non poteva condurre nessun compito assegnato alle Forze Speciali.

Infine, per anni, il 185° ha fornito, e continua sorprendentemente anche oggi a fornire nonostante l’inclusione nel tier 2 delle FS, una Task Unit che si occupa di Intelligence Surveillance e Reconnaissance (ISR), attività anch’esse convenzionalissime e non attinenti ai compiti delle Forze Speciali nell’ambito dell’operazione NATO in Kosovo. Ultimamente si parla anche di qualche elemento del 185° in Niger che, sempre “behind the wires” esegue compiti di security force assistance.

Gli unici impieghi “intonati” nell’ambito delle Operazioni Speciali (sottolineiamo “nell’ambito”) che questi due reparti hanno avuto si inquadrano nel supporto offerto alla TF 45 dal 2006 al 2014 e in qualche sparuto team che è stato agganciato in supporto alla TF 44 in Iraq dal 2018 in poi.

L’impiego dei reparti ora definiti quali Tier 2 delle FS, utilizzati negli ultimi anni, più o meno arbitrariamente, per assolvere a delle funzioni tattiche riguardanti le forze convenzionali, come l’ISR e i close protections teams per le brigate dell’esercito, lascia trasparire che tali unità siano più affini a quelle convenzionali ed eventualmente possano essere orientate, quando necessario, al supporto delle unità Tier 1. Oltretutto, tale evidente realtà, rende estremamente difficile perorare contestualmente per un incremento delle loro indennità che si vorrebbe, addirittura, ricondurre a quella di incursore.

Oltretutto l’impiego dei reparti ora definiti del Tier 2 delle FS in attività che, come abbiamo provato, sono assolutamente convenzionali, rende estremamente difficile perorare contestualmente per un incremento delle loro indennità che si vorrebbe, addirittura, ricondurre a quella degli Incursori.

Per quanto attiene l’ormai logora e ripetitiva tipologia di osservazione, per quanto non possiamo condividere che al vertice del COFS sia stato posto personale senza brevetto da incursore e senza una lunga, approfondita e ricca esperienza al comando di Forze Speciali in operazioni e in guarnigione, almeno possiamo certificare che è il Comando sia nato sotto la guida di un incursore fra i più blasonati del panorama nazionale (il generale Marco Bertolini) e che i vari comandanti che si sono succeduti hanno potuto contare su un vero reparto incursori (il COFS appunto, fondato come tale) che tra le proprie fila contava una maggioranza assoluta di ufficiali incursori, soprattutto nei ruoli chiave del suo stato maggiore. Altrettanto non è stato replicato invece né al NIF del COMFOSE, che di incursori in ruoli decisivi o direttivi non né ha mai visti né, più tardi, al COMFOSE stesso, composto da una superiorità schiacciante di non incursori (anche se attualmente è diretto dal generale Addis, già comandante del Nono).

Non ci capacitiamo di come il COMFOSE possa essere stato inquadrato come “reparto incursori” prevedendo, di conseguenza, l’erogazione della specifica indennità da incursore ai suoi appartenenti. Tale particolare, da verificare documentalmente, sarebbe infatti molto difficile da giustificare anche solo contando il numero di incursori (che probabilmente non superano le dita di due mani) che prestano servizio all’interno della recinzione di Camp Darby. Forse, anche questa strana particolarità andrebbe approfondita, magari dedicandogli un prossimo articolo, visto che la questione delle indennità suscita sempre attenzione ed è anche in discussione a livello politico.

Per quanto concerne la ormai costante osservazione circa il percorso formativo comune che dovrebbe caratterizzare incursori, acquisitori e ranger, come abbiamo già fatto notare nell’articolo inerente le precisazioni sulle indennità, la formazione delle unità di Forze Speciali dell’Esercito prevede una sola fase in comune che è quella iniziale del corso OBOS della durata di 12 settimane (iter che rappresenta poco più che un corso di pattugliatore durante il quale le materie di apprendimento sono rappresentate da topografia, addestramento individuale al combattimento e armi. L’obiettivo di riferimento del corso, infatti, è la pattuglia paracadutisti da combattimento con l’esecuzione degli atti tattici finali del “colpo di mano” e della “imboscata”).

Il resto della formazione viene condotto successivamente presso i reparti di appartenenza e porta al conseguimento di brevetti/qualifiche diverse sia formalmente sia sostanzialmente, altrimenti sarebbe assurdo, controverso e ingannevole assegnare loro nomi diversi. Al riguardo, esprimiamo anche il nostro disappunto circa la decisione, presa nel 2015, di estendere indistintamente ai reparti ranger e acquisitori la qualifica paracadutismo con la Tecnica della Caduta Libera (TCL) quale tappa obbligatoria per la loro formazione di base. Siamo gli unici al mondo ad avere tale peculiarità. In nessun reparto Tier 2 - e spesso neanche nei più blasonati Tier 1 - sono tutti indistintamente qualificati per tale tipologia di lanci e, non essendo dei virtuosi dell’impiego delle forze con tale tecnica (mai utilizzata in operazioni dalle forze armate italiane), ci domandiamo cosa abbia spinto tale decisione che poi, tra l’altro, è insostenibile considerato lo scarso numero di velivoli da trasporto che l’Aeronautica Militare ha a disposizione.

Non sarà per cercare di avere tutti gli argomenti per perorare un incremento d’indennità alla stregua di quella da incursore (visto che gli incursori da sempre sono tutti qualificati TCL, anzi, il corso TCL è nato, più di mezzo secolo fa, per colmare un’esigenza operativa del Nono)?

Peraltro, insistiamo a ribadire che continuare a sostenere che gli iter addestrativi siano uguali, oltre a mistificare la realtà, squalifica questi reparti Tier 2 che invece dovrebbero puntare a caratterizzarsi e distinguersi attraverso sia un addestramento tipico sia un impiego peculiare, invece di cercare sempre di assimilare la propria essenza a quella degli incursori.

Infine, è vero, non abbiamo alcuna formazione militare né possiamo vantare esperienza sui campi di battaglia. Siamo solo "semplici" giornalisti. Nando Martellini ci ha fatto sognare nel 1982, eppure non ha mai tirato un calcio ad un pallone e non ha mai lavorato come tecnico o dirigente di una squadra di calcio. Giulio Douhet non ha mai abbattuto aerei avversari nei cieli d’Italia e non conseguì mai il brevetto di pilota però è famosissimo per la sua teoria del potere aereo che ancora oggi esercita una grande influenza su chiunque s’interessi dell’impiego dello strumento aereo e continua a essere oggetto di studi nell’ambito aeronautico-militare.

E così noi, senza voler neanche lontanamente paragonarci a questi due grandi personaggi, siamo giornalisti e divulgatori e abbiamo l’ambizione di essere dei conoscitori e studiosi dell’ambiente militare pubblicando scritti referenziati e oggettivi senza per questo vantare alcuna esperienza operativa sul campo che, peraltro, non è patrimonio della quasi totalità dei cronisti del settore, neanche dei più blasonati e conosciuti.

In merito, tenuto conto dell’alto numero di visualizzazioni che tutti i nostri articoli sulle Forze Speciali, a partire da quelli sulle indennità, hanno totalizzato e dalle innumerevoli e, soprattutto, maggioritarie espressioni di plauso e di apprezzamento che hanno suscitato, continueremo a pubblicare e a stimolare ogni confronto sull’argomento, purché oggettivo, comprovato e autorevole.

Foto: Esercito Italiano