Mentre l’attenzione mediatica è rivolta ad altro, una notizia passa quasi inosservata: in Cina, l’azienda Betavolt ha annunciato l’avvio della produzione di massa di una batteria nucleare delle dimensioni di una moneta, capace di erogare energia per 50 anni. Senza bisogno di ricarica e senza emissioni di radiazioni pericolose.
La BV100, alimentata dall’isotopo radioattivo nichel-63, converte il decadimento beta in elettricità grazie a semiconduttori al diamante. Il prototipo, che fornisce una tensione nominale di circa 3 volt e una potenza di 100 microwatt, funziona e si prepara ad alimentare una nuova generazione di tecnologie autonome. Viene presentata come una rivoluzione per satelliti, sensori industriali e dispositivi medici. Non si sottolineano però adeguatamente le applicazioni militari: l’era dei cyborg sta per iniziare!
Al momento la potenza erogata da una singola cella BV100 è palesemente insufficiente per applicazioni ad alta intensità energetica. Tuttavia, nell’ottica di un sovradimensionamento modulare del pacco batteria - ovvero l’assemblaggio di centinaia o migliaia di microcelle - e con l’evoluzione tecnologica già annunciata, si prevede un netto miglioramento delle prestazioni. Ciò consentirà la realizzazione di sistemi via via più potenti, scalabili e in grado di soddisfare le esigenze operative di piattaforme autonome sempre più sofisticate.
Nei prossimi anni avverà dunque un’ulteriore riduzione delle dimensioni e un sensibile aumento della resa energetica. Questo significa che moduli grandi quanto una batteria per cellulare o automobile potranno alimentare famiglie di sistemi robotici operativi per decenni.
Finora, i limiti energetici sono stati un freno allo sviluppo di sistemi completamente autonomi e miniaturizzati. Non parliamo più di droni telecomandati o esoscheletri vincolati a batterie al litio da sostituire dopo poche ore. Si tratta di unità da combattimento con intelligenza artificiale autonoma (o indipendente!), dotate di sensori attivi 24 ore su 24, capaci di apprendere sul campo, colpire con precisione e - elemento fondamentale - resistere sul fronte per settimane, mesi, anni, anche senza catena logistica.
Le immagini iconiche alla Terminator ci sembravano visioni lontane? La realtà non solo le ha raggiunte: le ha superate. Un cyborg militare è ormai una linea di sviluppo concreta e obbligata. Lo scenario cambia radicalmente: un cervello elettronico non trema, non dorme, non si lamenta. Non ha bisogno di paga, straordinari, turni, né protezione legale. Non ci sono sindacati, né ferie. Nessuna normativa sulla sicurezza può rallentarne l’impiego. È progettato per combattere in ogni condizione. E lo farà, sempre.
Esiste però un vulnus: ogni freno etico imposto all’IA combattente rappresenta un vantaggio per l’avversario. Mentre in Occidente si discute di protocolli e regolamenti per garantire un “uso responsabile” dell’intelligenza artificiale in guerra, in Cina si è già sperimentato l’affidamento di intere catene di comando a sistemi autonomi. Non è più l’uomo che preme il grilletto: è un algoritmo evoluto che decide se farlo. E in un confronto diretto, chi imporrà all’IA di attendere un’autorizzazione umana perderà contro chi l’ha programmata per reagire istantaneamente.
La guerra in Ucraina ha mostrato con crudezza che 1.000 morti al giorno (per parte) sono un ritmo insostenibile per qualunque paese occidentale. Non esiste un’opinione pubblica, né una cultura politica, in grado di reggere un conflitto simmetrico prolungato. Una “guerra senza vittime” - almeno sul fronte amico - è dunque diventata una necessità, non una "scelta". E intelligenze artificiali "killer" (droni suicidi, loitering munitions...), operano - in scala minore - già da anni e in molti fronti.
La macchina da guerra del futuro sarà piccola, autonoma, instancabile e, soprattutto, sostituibile. Una volta prodotta, potrà combattere per anni senza manutenzione, senza cibo, senza permessi.
Ogni componente biologico rappresenta ormai un limite: in termini di addestramento, durata, fragilità, dolore, errore.
Mentre Cina e U.S.A. accelerano verso questa nuova frontiera, alcune domande dovrebbero emergere con forza: quali modelli di armamento dovremmo privilegiare? Ha ancora senso finanziare sistemi da combattimento tradizionali, manned, ignorando macchine intelligenti capaci di operare senza i limiti umani?
Le tecnologie esistono. Le aziende europee stanno già sviluppando componenti e algoritmi per sistemi capaci di competere e vincere contro gli avversari che inevitabilmente si pareranno davanti? O verremo sconfitti ed assoggettati ai regimi e alle regole che ci verranno imposti?
Ignorare questa corsa non è un'opzione. È scegliere di perdere.
Immagini: OpenAI / Betavolt