Siria: Russia, Turchia e sauditi alla resa dei conti

(di Giampiero Venturi)
27/01/16

Nella conferenza stampa annuale (che riassume lo stato delle cose a tutto il 2015) il Ministro degli Esteri russo Lavrov, annuncia il sostegno di Mosca alle milizie curde del nord Iraq. La Russia tiene a precisare che gli aiuti passeranno attraverso le vie ufficiali di Baghdad per rispetto della sovranità irachena. La stoccata agli USA è immediata in considerazione del fatto che il supporto americano in Siria alle milizie anti Assad e ai curdi dell’YPG ha aggirato il diritto all’integrità e alla sovranità del legittimo governo di Damasco.

Proprio il presunto appoggio degli USA ai curdi ci consente di fare il punto sulla partita siriana, alla luce dei risultati sul terreno e dei colloqui di pace attesi a Ginevra.

È ormai ufficiale che il rappresentante ONU per la Siria Staffan De Mistura abbia preferito non invitare al tavolo dei negoziati i curdi del PYD (l’Unione Democratica, principale partito curdo della Siria) che sovraintende all’YPG, le Unità di Protezione Popolare, di fatto le forze armate del Kurdistan siriano.

La scelta sarebbe dovuta ad un aut aut della Turchia pronta a boicottare i colloqui in caso di presenza curda.

La mossa rende chiaro lo scenario, avallando quanto previsto su questa rubrica nei mesi precedenti. I veri attori della sceneggiata siriana sono Turchia, Russia e Arabia Saudita. Il confronto fra Ankara e Mosca è ormai a 360°: l’abbattimento del Sukhoi russo nel novembre 2015 non è stata la causa ma la conseguenza di un enorme attrito geopolitico nell’area.

La Turchia ha dovuto ingoiare la disfatta militare dell’ISIS a nord di Raqqa, dove la cintura difensiva del Royava (l’Ovest siriano in mano ai curdi), appare salda. Da Afrin ad Al Hasakah, passando per Kobane, tutta la frontiera turco-siriana a fine gennaio 2016 sarebbe in mano ai curdi, fatta eccezione per alcuni tratti montagnosi a nord est di Aleppo, area ad interesse turcomanno (vedi articolo) pesantemente bombardata proprio dai jet di Mosca e Damasco. 

Riconoscere l’esistenza di un interlocutore curdo siriano per la Turchia sarebbe un suicidio: darebbe linfa al PKK, ideologicamente affiliato al PYD, e implicherebbe una tacita rinuncia al progetto di inglobare una fetta di territorio siriano per creare un cuscinetto di cultura turca a protezione dei confini sud.

Le interazioni fra ISIS e Ankara sono da intendere essenzialmente in questa chiave che stride con le dichiarazioni ufficiali di lotta al terrorismo. Non sono poche le voci che parlano di strategia della tensione in Turchia (attentati a Istanbul) che otterrebbero il doppio risultato di salvare l’immagine turca davanti alla comunità internazionale e al tempo stesso permettere un aumento della presenza militare ai confini sudorientali.

Contro questo disegno si muove Mosca che si sbraccia da settimane contro le manovre turche ai confini e che ora si siede al tavolo dei negoziati come fratello maggiore (e muscoloso) di Damasco. Ormai artefice della politica estera di Assad che le deve la sopravvivenza, la Russia diventa il principale nemico turco nella partita siriana opponendosi all’esclusione dei curdi dalle trattative di pace.

Proprio in virtù del grande peso acquisito nella regione, la Russia finisce per contrapporsi anche agli interessi sauditi. L’aeronautica russa è responsabile dell’uccisione a dicembre di Zehran Alloush, capo di Jaysh al Islam, l’Esercito dell’Islam referente dell’Arabia Saudita in Siria. I gruppi filosauditi convocati per i negoziati di Vienna avrebbero a loro volta minacciato il boicottaggio proprio per la mancata presenza di un rappresentante delle forze di Zeharan. Sulla questione starebbero mediando gli Stati Uniti, la cui posizione in Siria si fa ogni giorno più antipatica.

Ufficialmente sponsor dei curdi in funzione anti ISIS, gli USA si scontrano con i diktat della Turchia che in concreto stabilisce i tempi della strategia americana. Washington si troverebbe in una delicata situazione di equilibrio tra il rinnovato rapporto con l’Iran alleato di Assad e l’Arabia Saudita sempre più irritata dalle sconfitte del Free Syrian Army, ormai incalzato ovunque dalle truppe regolari siriane e dai bombardamenti russi.

Per proteggere gli interessi sunniti nel Paese sembra che Riad non abbia altra possibilità che contare su Ankara e sulle pressioni su Washington. In questo marasma l’America è in imbarazzo e Mosca gongola.

(Foto: الجيش العربي السوري/TASS)