Siria, gli USA cambiano approccio: “Assad non è in contrasto con i nostri obiettivi”

(di Giampiero Venturi)
26/01/17

Le parole sono di Tulsi Gabbard, membro democratico alla Camera dei Rappresentanti. Le dichiarazioni seguono la visita all’area urbana di Aleppo e soprattutto l’incontro col Presidente Assad e sembrano sintetizzare al meglio l’aggiornamento degli obiettivi politici americani in Siria.

La Gabbard, nonostante la giovane età, ha una notevole esperienza in Medio Oriente dove ha prestato servizio come militare in Iraq e in Kuwait.

La sua missione in Siria (e in Libano), pur sorprendendo gli addetti ai lavori, non cade nel vuoto ma va considerato nel contesto dell’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca. È interessante notare come ciò che fino a pochi mesi fa sembrava politicamente impensabile, ora diventa oggetto di esternazioni pubbliche. Un cambio di rotta delle strategie americane in Siria e per esteso in tutto il Medio Oriente, appare a questo punto più che una semplice proiezione.

La Gabbard, pur non essendo investita di alcun ruolo ufficiale per il suo viaggio, ha dichiarato che il cambio di leadership a Damasco non è una priorità per gli interessi USA e che l’appoggio ai miliziani legati ad Al Qaeda da parte degli Stati Uniti deve finire immediatamente.

Per la prima volta negli ultimi sei anni, un esponente politico americano associa i tragici eventi che hanno devastato la Siria causando la morte e la sofferenza di milioni di persone, ad azioni non legate al governo di Damasco, fino ad oggi principale obiettivo delle accuse di Congresso e stampa.

La critica all’appoggio fornito per anni ai miliziani jihadisti, si estende al generico mondo delle opposizioni armate, lanciando un appello per un’immediata fine delle sofferenze per la popolazione civile.

La fine della guerra diventa quindi l’obiettivo primario, trasformando il superamento di Assad in un target non strettamente necessario. Come era facile immaginare molti esponenti DEM hanno apertamente criticato la scelta della Gabbard che ha incontrato invece il favore dei veterani. 

Sembrano lontane un secolo le foto del senatore repubblicano McCain che nel 2013 incontrava esponenti del Free Syrian Army, allora principale bacino di utenza della “primavera siriana”. 

Il nuovo clima politico negli States pare in linea con il clima positivo respirato al termine dei colloqui di Astana fra i principali protagonisti del teatro di guerra siriano.

Il concept per una nuova strategia rimane tuttavia ancora estremamente fluido. Il contrasto nei palazzi di Washington a questo proposito sembra forte, con schieramenti trasversali.

I democratici sono storicamente più accaniti contro Assad, e non di rado hanno ottenuto l’appoggio dall’ala repubblicana favorevole all’interventismo USA “sempre e comunque”. Così si spiegano le sovrapposizioni di alcune posizioni fra lo stesso McCain e l’allora Segretario di Stato Hillary Clinton.

Nel Congresso americano non sono pochi i membri repubblicani che guardano con sospetto la strategia di rottura del nuovo Presidente Trump, la cui posizione ricalcava le parole della Gabbard, già dai primi tempi della campagna elettorale.

Non a caso tra le prime iniziative del neo presidente c’è l’apertura a Israele per Gerusalemme capitale: una linea morbida con Assad indirettamente aiuta l’Iran e necessita di una forte  compensazione attraverso un netto riposizionamento filosraeliano, venuto meno ai tempi di Obama. Tutto questo sarebbe lo sfondo più compatibile con un atteggiamento intransigente contro l’estremismo islamico.

Come si comporterà il Congresso USA a maggioranza repubblicana in entrambi i rami, sarà una delle chiavi di volta della politica di Trump. L’establishment più conservatore (famiglia Bush in testa) e i principali media più vicini al partito repubblicano, non hanno mai celato lo scetticismo nei confronti del tycoon newyorchese.

Non è da escludere che la “trasversalità” sia una delle chiavi di lettura della politica americana del prossimo futuro.

(foto: Difesa Online / Hawaireporter)