ISIS in fuga dalla Siria del nord. La Turchia sfida gli USA e si prepara allo scontro con i curdi

(di Giampiero Venturi)
08/03/17

Da alcune settimane Difesa Online sta monitorando le evoluzioni sul fronte nordest della Siria. A dicembre, da quando cioè Aleppo è stata definitivamente riconquistata dalle truppe governative, il grosso delle attenzioni si è spostato nelle piane ad est della seconda città siriana, ponendo come baricentro il bacino del fiume Eufrate. In quest’area si concentrano gli sforzi delle Syrian Democratic Forces, a guida curda e appoggiate dagli USA; i turchi e i miliziani filoturchi di Scudo dell’Eufrate; le truppe siriane appoggiate dalle forze aeree russe.

Proprio l’avanzata delle truppe di Damasco in queste ore sta cambiando gli equilibri sul campo. Le famigerate Qawat Al-Nimr (Forze Tigre) comandate dal generale Al Hassan avrebbero raggiunto le sponde del Lago Assad, tagliando ogni possibilità ai turchi di procedere verso Raqqa lungo la sponda ovest del fiume, a meno di non ingaggiare uno scontro su vasta scala proprio con siriani.

Il Lago Assad è un bacino artificiale nato nel ‘73 a 50 km da Raqqa dopo la costruzione della strategica diga di Tabqa. Le truppe di Damasco hanno raggiunto le sponde occidentali del lago per la prima volta dal 2012 e si preparano a continuare l’offensiva verso sud. Secondo fonti militari una bottiglia di acqua dell’Eufrate sarebbe stata raccolta come trofeo e consegnata al comando russo della base area di Kuweires (30 km a est di Aleppo), da cui è dipesa la copertura di tutte le manovre militari degli ultimi giorni.

Proprio al centro del lago passa il confine amministrativo tra il Governatorato di Aleppo e quello di Raqqa. L’avanzata dei siriani, oltre a sottrarre allo Stato Islamico decine di villaggi occupati da anni, di fatto lo cancella dalla mappa dell’area di Aleppo. L’ultima tappa di questo percorso è la roccaforte di Dair Hafer, su cui è presumibile si concentri il prossimo sforzo delle truppe siriane.

L’offensiva siriana in sostanza ridelinea l’assedio a Raqqa, sedicente capitale del Califfato, su due fronti paralleli: sulla sponda orientale i miliziani delle SDF aiutati dagli americani; su quella occidentale l’esercito siriano e i suoi alleati.

Resta da vedere come si comporteranno i turchi che a caro prezzo sono riusciti nelle settimane scorse ad occupare Al Bab, importante roccaforte islamista a ridosso di Aleppo. Ai colloqui intercorsi il 6 marzo ad Antalya tra i capi di stato maggiore di Stati Uniti, Russia e Turchia si è discusso anche di questo. il Primo Ministro turco Yildirim avrebbe tuonato contro gli USA per la loro scelta di continuare ad aiutare i miliziani curdi delle YPG, considerati terroristi al pari del PKK da Ankara.

I turchi per voce del Presidente Erdogan hanno enfatizzato molto negli ultimi giorni l’intenzione di marciare su Raqqa. Probabile che anziché un’intenzione reale sia un modo per alzare il prezzo della permanenza turca nella fascia settentrionale della Siria. Il rischio tutt’altro che remoto è che lungo il corso dell’Eufrate all’altezza di Manbij le truppe turche ormai tagliate fuori dall’offensiva verso sud, si concentrino sul vero obiettivo di Scudo dell’Eufrate: scontrarsi con le forze curde. La posizione americana in questo contesto sarà fondamentale.

Un’eventuale escalation tra turchi e YPG in territorio siriano non sarebbe viceversa sgradita a Damasco, che una volta chiusa la partita con lo Stato Islamico dovrà regolare i conti sia con i miliziani filoturchi (compreso il Free Syrian Army), sia con i curdi del Rojava.

Nelle prossime ore potrà essere interessante osservare il posizionamento delle Forze Tigre, truppe d’élite delle forze regolari siriane. A differenza della Guardia Repubblicana e di altri reparti a maggioranza alawita e più in generale fedelissimi del Presidente Assad, sono sintomo di un’imminente operazione d’attacco. Se le operazioni verso sud saranno intensificate, allora è presumibile che i turchi spostino l’attenzione definitivamente sull’area di Manbij.

Il Califfato è agli sgoccioli e la ritirata su tutti i fronti in Iraq e Siria ne è un segnale inequivocabile. Il modo in cui cadrà sarà però il prodromo di nuovi assetti che riguarderanno tutto il Medio Oriente. 

(foto: US DoD SAAF)