Il Pacifico si agita. Tre portaerei USA davanti alle coste della Corea. Il Giappone si schiera

(di Giampiero Venturi)
19/04/17

Secondo fonti sudcoreane vicine al governo di Seul (agenzia Yonhap), già  fine aprile saranno tre le portaerei americane con i relativi gruppi di attacco ad incrociare nel Mar del Giappone, il triangolo d'acqua compreso tra penisola coreana e arcipelago del Sol Levante.

Nonostante l’apparente raffreddamento della crisi dovuto all’intervento cinese su Pyongyang, i preparativi per un’eventuale escalation militare continuano.

Oltre alla Vinson già destinata a raggiungere l’area di crisi, le portaerei indicate sono la Nimitz e la Reagan, rispettivamente la più vecchia e la penultima delle unità di questa classe entrate in servizio nella US Navy. La Nimitz proverrà dalla base di San Diego in California; la Reagan, che sta ultimando lavori di manutenzione, arriverà da Yokosuka, caposaldo giapponese della 7a Flotta e unico porto al di fuori degli USA sede fissa di una portaerei.

In considerazione delle unità navali di cui dispone ciascun gruppo d’attacco, l’apparato militare USA davanti alla penisola coreana diventa particolarmente aggressivo.

Nonostante per il momento la crisi sia uscita dalle prime pagine dei giornali, un via via di mezzi militari come quello attuale in Estremo Oriente non si vedeva da decenni.

Il 12 aprile l’incrociatore lanciamissili russo Varyag è entrato nel porto sudocreano di Busan (estremo geografico opposto di Seul) per una visita di cortesia. La presenza russa non è casuale: l’ammiraglia della Flotta del Pacifico ha battuto sul tempo le unità navali USA, in particolare il gruppo della Vinson, inizialmente destinata in Australia, ma subito dirottata verso le due Coree. Mai come in questo momento, la presenza di unità navali nella regione ha avuto un valore geopolitico. Con l’arrivo della Varyag, Mosca ricorda a tutti di esserci e che le relazioni di buon vicinato con Seul (e ora anche con Tokyo), possono avere un peso indiretto nelle prossime azioni di Pyongyang. 

Proprio il Giappone intanto valuta la possibilità di classificare come “primo livello di allarme” un eventuale ulteriore lancio missilistico nordcoreano all’interno delle proprie acque territoriali. Tokyo considera 3 diversi warning per la difesa nazionale: il più elevato corrisponde ad un attacco effettivo sul suolo nipponico e consente di mobilitare le Jieitai, le Forze di Autodifesa.

Il Giappone, irretito per 70 anni da una Costituzione pacifista, per la prima volta dalla fine della Seconda guerra mondiale torna a mostrare i muscoli. La Brigata paracadutisti “Narashino”, parte delle forze di rapido intervento sganciate dalla suddivisione territoriale con cui sono organizzate le forze di terra giapponesi, è in stato di allerta.

Il rumore generale di armi avviene mentre la Corea del Sud attraversa una delle sue più difficili crisi istituzionali di sempre.  Seul, a seguito dello scandalo politico che ha travolto la presidente Park, di fatto si trova senza guida da circa un mese e rimane in attesa delle elezioni presidenziali del 9 maggio.

L’esito delle elezioni segnerà una tappa fondamentale per gli equilibri dell’area. Il sistema antimissilistico THAAD (Kinetic Kill del Terminal High Altitude Area Defense) voluto da Washington è stato al centro di una feroce polemica tra la Cina e la Corea del Sud, perché Pechino lo considera un’ingerenza americana e un attacco alla propria sicurezza. Se vincesse il candidato della sinistra Moon, contrario al dispiegamento del sistema di difesa, con ogni probabilità la Corea del Nord, influenzata della Cina, abbasserà i toni. Un’eventuale conferma dell’istallazione del sistema antimissile potrebbe essere viceversa considerata da Pyongyang come una minaccia.

Nei prossimi giorni sono previste manovre navali congiunte fra le marine della Corea del Sud e la US Navy.

In attesa che l’attenzione dei media ritorni, la tensione nel Pacifico rimane altissima.

(foto: US Navy, ВМФ, 自衛隊)