Gli sciiti iracheni alzano i toni: “Pronti a liberare il Golan dall’occupazione israeliana”

(di Giampiero Venturi)
09/03/17

La guerra contro l’ISIS in Iraq ha messo in evidenza il ruolo delle milizie sciite PMU (Unità di Mobilitazione Popolare), reparti paramilitari addestrati e appoggiati dall’Iran.

Come tutte le unità a prevalenza sciita connesse con Teheran, hanno mostrato particolare abilità e accanimento nel combattere i miliziani sunniti dello Stato Islamico.

Il loro peso politico all’interno della grande coalizione che combatte il Califfato è cresciuto in parallelo al ruolo militare, prominente soprattutto nella direttrice ovest di Mosul, sul fronte di Tal Afar.

Le Hashd al-Shaabi (nome arabo delle PMU) contano secondo fonti militari più di 100.000 uomini e rappresentano un doppio nodo nell’attuale scenario iracheno.

Mosul è infatti una città a maggioranza sunnita che nel 2014 accolse i miliziani dello Stato Islamico, di cui in seguito è diventata la “capitale” irachena, senza particolari riluttanze. Una volta liberata Mosul dall’ISIS, uno dei maggiori problemi sarà stabilire il rapporto che la popolazione sunnita avrà con le forze sciite e se queste stesse avranno il diritto di entrare o meno in città. Lo Stesso problema si era creato nel 2016 quando fu riconquistata Falluja, altra roccaforte sunnita storica dell’Iraq: le milizie sciite coinvolte nella battaglia finale, oltre a combattere l’ISIS si occuparono anche di regolare i conti con tutti i collaborazionisti sunniti dello Stato Islamico. Antiche rivalità tornavano a galla.

Altro nodo è il rapporto tra sciiti e curdi iracheni, finora schierati fianco a fianco sul fronte di Mosul. Al Saadi, portavoce delle PMU, ha chiarito pubblicamente che i curdi non hanno nulla da temere per il futuro, ma sull’effettiva stabilità del nord Iraq, i dubbi rimangono.

Le Hashd al-Shaabi sono coscienti del loro ruolo politico, sponsorizzato dall’Iran e da Damasco. Sono migliaia i volontari iracheni che combattono al fianco delle truppe governative in Siria e la vicinanza del fronte di Mosul mette in apprensione i curdi del Rojava (il Kurdistan siriano) la cui continuità con i fratelli curdi iracheni è tutt’altro che garantita.

In sostanza la situazione politico-militare di oggi eredita un dato incontestabile: l’Iraq è un Paese a maggioranza sciita e dalla caduta del sunnita Saddam in poi le nuove istituzioni ne hanno dovuto tenere conto. Non a caso l’attuale premier iracheno Al-‘Abadi è sciita.

Questo garantisce uno spazio di manovra alle PMU e agli sciiti in genere che va ben oltre i meriti conquistati sui campi di battaglia. Una volta sconfitto il Califfato il loro peso sarà decisivo non solo nel futuro dell’Iraq.

A questo proposito è di queste ore la notizia riportata da quotidiani arabi (AMN) della formazione di un’unità paramilitare irachena pronta a rischierarsi in Siria per liberare le alture del Golan dall’occupazione di Israele. L’unità, chiamata Brigata per la Liberazione del Golan, sarebbe una costola delle Hakarat Hezbollah Al Nujaba, uno dei primi gruppi di volontari paramilitari iracheni schierati con i lealisti in Siria, allo scoppio della guerra. Sarebbero armati e addestrati direttamente dalle Forze Quds, le unità d’élite dei Pasdaran iraniani.

Da Israele per ora nessun commento.

L’attuale crisi in Medio Oriente e lo scontro finale che porterà alla dissoluzione dello Stato Islamico, dovrà fare i conti presto o tardi con tutto il ribaltamento di equilibri seguito ad Iraqi Freedom del 2003 e con le cosiddette primavere arabe scaturite nel 2011. Come più volte detto su questa rubrica, togliere un coperchio ad una pentola che bolle non sempre si risolve come un’idea congeniale.  

(foto: Iraqi Shia Militia)