Non solo coronavirus: in Cina robot viventi

(di Antonio Vecchio)
10/02/20

In tempi di epidemia da coronavirus può essere utile, e forse anche confortante, sapere che in Cina la ricerca in campo biomedico sia già arrivata al punto di creare robot biologici con insolite capacità di movimento.

Ne da notizia il South China Morning Post1, secondo cui un team di ricercatori dell’Università di Shenzhen ha sviluppato un robot, denominato I-Robot, in grado di muoversi all’interno del corpo umano lungo i vasi sanguigni sino a congiungersi ai neuroni.

Non è la prima volta che strutture biologiche di questo tipo vengono realizzate in laboratorio; mai però con le caratteristiche di mobilità e le capacità proprie degli I-Robot, (che sarebbero) in grado, durante il movimento, di oltrepassare un ostacolo, nuotare attraverso condotti molto esigui e addirittura variare le dimensioni (non superano i 3 mm) sino a raggiungere la metà di quella originaria.

Gli I-Robot non sono alimentati da chip o batterie, ma da un generatore di campo magnetico posto all’esterno, che al variare della intensità consente non solo di modificare la grandezza, ma anche “indurre” una vasta gamma di movimenti come oscillazioni e rotolamenti.

Dotato di una "testa" realizzata con un magnete al neodimio ferro-boro e una "coda" costruita con materiale composito speciale, il corpo è costituito da idrogel trasparente e termosensibile, che diventa invisibile se immerso in acqua.

Molto ampia la possibilità di impiego, anche in prospettiva. Gli I-Robot, infatti, potranno operare anche all’interno del corpo umano col compito di portare un farmaco in un’area delimitata - un tumore ad esempio - senza il pericolo di creare danni nelle zone sane, e così riducendo il rischio di effetti collaterali.

Assolto il compito, abbandoneranno il corpo grazie a una macchina (come quelle delle risonanze) che genera il campo magnetico necessario per la procedura di uscita.

Potranno, inoltre, operare nel cervello, area quanto mai inospitale per la presenza di flussi di sangue molto rapidi e dei vasi sanguigni di dimensioni assai ridotte.

Una procedura, quella celebrale, rivoluzionaria, visto che attualmente le protesi possono esservi inserite solo mediante pratica chirurgica, e, per la loro limitata capacità di integrarsi con i neuroni, sono in grado di assolvere solo a poche funzioni.

Enormi, infine, le potenzialità che la nuova tecnologia riserva al campo dell’interfaccia con un computer.

Abbiamo già scritto2 di come USA e CINA stiano attribuendo grande attenzione alla brain computer interface (BCI), soprattutto in una prospettiva militare, e la possibilità che in un domani non molto remoto, anche gli I-Robot possano essere utilizzati anche in questo campo, non è peregrina.

Forse anche per questo motivo, lo sviluppo di robot organici inizia a riscuotere l’interesse di molti atenei e centri di ricerca.

Di recente3 è stato annunciato anche dallo Salk Institute for Biological Studies in California.

I ricercatori americani hanno riprodotto in laboratorio nuove forme di vita, battezzate Xeno-robot, ricavandole da cellule staminali messe insieme con cellule di rana (da cui il prefisso Xeno - da ξένος -: straniero).

Classificato come un “organismo vivente programmabile”, delle dimissioni di 1 mm, è costituito da 500-1000 cellule viventi, che possono vivere sino a 10 giorni, in grado di muoversi in linea retta e in più direzioni, anche in cerchio.

Per realizzarle in laboratorio, gli scienziati hanno usato un super computer dotato di intelligenza artificiale, che ha selezionato fra le migliaia di cellule esistenti in natura capaci di compiere molteplici attività, quelle più idonee a svolgere le azioni ritenute più utili dai ricercatori.

Dopo aver selezionato le cellule, gli scienziati le hanno poi unite mediante pratica micro-chirurgica con altre cardiache e di pelle di rana, ottenendo infine gli Xeno-robot. Che, nonostante siano descritti come "robot viventi programmabili", in realtà sono completamente organici e costituiti da tessuto biologico.

Il termine "robot" è usato solo perché possono essere configurati in diverse forme e "programmati" per operare in modo predeterminato. Infine, se danneggiati, possono anche ripararsi.

Come nel caso degli I-Robot, anche gli Xeno-robot possono essere utilizzati i molti campi, non ultimo quello militare: si pensi solo alla possibilità che simili organismi vengano impiegati per “modificare” le funzioni vitali o il funzionamento di un organo del ricevente.

Ne consegue allora l’urgenza di una regolamentazione, che disciplini la ricerca nel settore, e individui un codice etico cui dovrà attenersi la comunità internazionale.

In tale contesto, l’arresto, nel 2018, da parte delle autorità di Pechino, di He Jiankui, il biofisico che ha modificato il DNA di due gemelle quando erano ancora allo stato embrionale, usando tecnologia CRISPR4 per introdurre alcuni geni in un organismo, lascia ben sperare sulla determinazione, anche della Cina, a vigilare sulla sua comunità scientifica.

1https://www.scmp.com/news/china/science/article/3046846/meet-chinese-rob...

2https://www.difesaonline.it/mondo-militare/usa-cina-è-il-cervello-il-nuovo-campo-di-battaglia

3https://www.pnas.org/content/117/4/1853

4 Clustered Regularly Interspaced Short Palindromic Repeats, espressione traducibile in italiano con brevi ripetizioni palindrome raggruppate e separate a intervalli regolari[2]) è il nome attribuito a una famiglia di segmenti di DNA contenenti brevi sequenze ripetute (di origine fagica o plasmidica) rinvenibili in batteri e archei. (Cit. Wikipedia).

Foto: Handout / Chinese Journal of Traumatology / Pnas