Nel silenzio dei media italiani, mercoledì scorso, Israele ha lanciato missili sull’aeroporto internazionale di Aleppo mettendolo fuori servizio. L’attacco, il secondo di questo mese, pare abbia distrutto un sospetto deposito di armi sotterraneo collegato al vicino aeroporto di Nairab utilizzato dalle milizie sostenute dall'Iran .
Israele ha effettuato centinaia di attacchi contro la Siria, da quando è scoppiata la guerra civile in Siria nel 2011, prendendo di mira principalmente posizioni dell'esercito siriano e dei suoi alleati iraniani e di Hezbollah.
Le milizie filo-iraniane hanno grande influenza nella provincia settentrionale di Aleppo in Siria, dove, dopo aver fornito supporto terreno all'esercito nella sua riconquista dei distretti della città controllati dai ribelli nel 2016, mantengono diverse basi e sostengono i gruppi paramilitari locali che operano sul territorio.
Israele, dal canto suo, ha dichiarato: "non commentiamo le notizie dei media stranieri".
Nel raid israeliano del 7 marzo scorso, tre persone furono uccise all'aeroporto ed il traffico aereo bloccato, compresi i voli di soccorso impegnati nelle aree terremotate (foto). L'aeroporto ha riaperto tre giorni dopo. Media locali riferirono che Israele "ha effettuato un attacco aereo dalla direzione del Mar Mediterraneo, a ovest di Latakia, prendendo di mira l'aeroporto internazionale di Aleppo"1. Il ministero dei trasporti siriano dichiarò danni alla pista e alle attrezzature aeroportuali, costringendo tutti i voli a essere dirottati a Damasco o a Latakia sulla costa mediterranea.
Israele ha attaccato gli aeroporti di Aleppo e Damasco diverse volte negli ultimi anni.
Il 19 febbraio, gli attacchi aerei israeliani hanno preso di mira aree residenziali a Damasco, uccidendo almeno cinque persone e ferendone 15.
Il 2 gennaio, l'esercito siriano ha detto che Israele ha lanciato missili verso l'aeroporto internazionale della capitale, mettendolo fuori servizio e uccidendo due soldati.
Il Parlamento giordano ha approvato mercoledì all'unanimità una raccomandazione per espellere l'ambasciatore israeliano da Amman, in segno di protesta contro le dichiarazioni razziste del ministro israeliano Bezalel Smotrich su Palestina e Giordania. Secondo quest’ultimo, non si può parlare di “palestinesi” perché non esiste un “popolo palestinese”. Secondo Smotrich, leader del partito sionista religioso ultranazionalista di estrema destra e figura chiave della coalizione di governo, il popolo palestinese "è una finzione" escogitata un secolo fa per lottare contro il movimento sionista: “Questa è la verità - ha concluso - e ne devono prendere atto anche l’Eliseo e la Casa Bianca”2.
La Cina ha condannato le dichiarazioni del ministro che attraverso il portavoce del ministro degli affari esteri, Wang Wenbin, ha commentato: “il funzionario israeliano ha torto e agisce in modo irresponsabile, negando l’esistenza del popolo palestinese e adottando una ‘mappa di Israele’ che comprende la Giordania e la Palestina occupata”3.
Anche Josep Borrell, alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, ha condannato le parole di Smotrich affermando che “è sbagliato, irrispettoso, pericoloso e controproducente”, e ha chiesto al governo guidato da Benjamin Netanyahu di “rinnegare queste parole e cominciare a lavorare per ridurre le tensioni”.
1,2 theguardian.com
Foto: SANA