Afghanistan: se gli altri hanno pianto, la Cina (già ora) di certo non ride...

(di Andrea Cucco)
31/01/23

È salito ad 89 morti e 160 feriti il bilancio delle vittime dell'attacco suicida di ieri in una moschea "pakistana" della città di Peshawar (capoluogo delle "aree tribali" a ridosso del confine afghano). L'azione “sarebbe” una vendetta per l'uccisione del leader del Ttp (Tehrik-e-Taliban Pakistan) Omar Khalid Khorasani, avvenuta nell'agosto 2022 per l'esplosione di un ordigno posto lungo una strada nella provincia afghana di Paktika.

Se l’area del mondo tra Cina, Iran ed India, fino a pochi anni addietro, vedeva impegnate sul terreno molte nazioni – seppur dietro agli USA – con le proprie intelligence, forze militari di assistenza e soprattutto fondi (miliardari!)… oggi ha un padrone unico: la Repubblica Popolare Cinese.

La Cina, ricordiamo, è stata tra i pochi paesi ad aver riconosciuto il governo talebano in Afghanistan già nell’agosto del 2021, tuttavia si starebbe da allora rendendo conto di un errore strategico: aver investito in un territorio ricco di risorse ma oggi ancor più instabile ed imprevedibile.

Lo scorso mese, durante un attentato in un hotel della capitale afghana, cinque cinesi erano stati gravemente feriti. L’albergo (di proprietà cinese) sarebbe stato luogo di ritrovo abituale per la discussione di affari. Il governo di Pechino "profondamente scioccato" aveva consigliato ai suoi cittadini di lasciare il Paese “il prima possibile”.

Tre settimane addietro, sempre a Kabul, davanti al ministero degli Esteri, durante un incontro tra Talebani e funzionari cinesi, un grave attentato aveva tolto la vita a 5 afghani e ferito 40 persone.

Dopo aver mostrato, meno di due anni addietro, immagini (foto) di accoglienza alla propria corte dei prossimi leader del Paese (con spregio del sangue di migliaia di uomini versato in decenni di missioni da parte di coalizioni internazionali e di decine di migliaia di afghani…), la Cina sta già ora pagando un conto che sarà sempre più salato.

Nel 2021 i media cinesi (controllati dallo Stato) avevano raccontato che il ritiro degli Stati Uniti sarebbe servito da monito a Taiwan: fare affidamento sulla protezione degli Stati Uniti sarà un errore.

Nel 2023 l’evidenza per Pechino è ben altra: dopo aver visto il passaggio di molti stranieri e di una coalizione internazionale, l’area "ai propri piedi" è minata. E - soprattutto - dietro alla macherina... c'è (e ci sarà sempre più) ben poco da sorridere!

immagini: CNN / Xinhua