XVII Conferenza dei Paesi “Non Allineati”

(di Maria Grazia Labellarte)
27/09/16

A metà settembre si è tenuta, nell'isola di Margarita della Repubblica Bolivariana del Venezuela, la XVII Conferenza dei capi di stato e di governo del Movimento dei Paesi Non Allineati, gruppo composto da 120 Stati (più altri 17 “osservatori”), che si considerano non allineati alle principali potenze mondiali.

Rappresentanti oltre due terzi di tutti gli Stati del mondo, il loro segretario generale è Nicolás Maduro. Tra i 120 Paesi ne ricordiamo alcuni: Afghanistan, Arabia Saudita, Bangladesh, Colombia, Cuba, Emirati Arabi, Egitto, Giordania, Libia, Pakistan, Qatar, Perù, Marocco e Iran, molto partecipe in quest’ultima occasione.

Il tema della conferenza è stato "La pace, la sovranità e solidarietà per lo sviluppo", celebrando così il 55° anniversario del Movimento, determinato ancora oggi a difendere il diritto alla pace, alla sovranità e alla solidarietà per lo sviluppo dei popoli. Sono 20 i punti affrontati, gli stessi indicati nella Dichiarazione finale del Summit: la pace internazionale e la sicurezza, il diritto di autodeterminazione dei popoli , il disarmo e la sicurezza internazionale, i diritti umani, il terrorismo, la situazione in Medio Oriente (compresa la questione della Palestina), la riforma delle Nazioni Unite, la selezione e nomina del segretario generale delle Nazioni Unite, le operazioni di Peacekeeping, gli obiettivi dello sviluppo sostenibile, i rifugiati e migranti, e per finire a quello del New World Information and Communication Order.

Analizzeremo nel dettaglio la Dichiarazione, partendo dalla pace internazionale e sicurezza. Secondo questi Paesi il superamento dei conflitti e il raggiungimento di una pace stabile e duratura richiederebbe un approccio tale da affrontare le cause strutturali dei confronti armati, al fine di realizzare i pilastri delle Nazioni Unite: pace e sicurezza, sviluppo e diritti umani, tra cui il diritto all’autodeterminazione, diritto inalienabile di tutti i popoli, compresi quelli dei territori non autonomi, e quelli dei territori sotto occupazione straniera o sotto la dominazione coloniale o straniera.

Sotto il fronte del disarmo e della sicurezza internazionale, il Movimento ribadisce la ferma intenzione di raddoppiare gli sforzi atti ad eliminare la minaccia dell'esistenza di armi di distruzione di massa, stabilendo una zona libera da armi nucleari in Medio Oriente, in conformità con gli
impegni raggiunti durante la Conferenza del trattato di non-proliferazione delle armi nucleari (TNP), tenutasi nel 1995, e le sue successive riunioni.

Sul tema caldo di questi ultimi anni del terrorismo, i Paesi lo ritengono una delle più gravi minacce alla pace e alla sicurezza internazionale. Ferma è la condanna degli atti terroristici, in tutte le loro forme e manifestazioni, quali che siano le loro motivazioni, ovunque e da chiunque siano commessi. Ugualmente condannata è la distruzione del patrimonio culturale e dei siti religiosi, così come la commissione di crimini contro l'umanità da parte di gruppi terroristici, tra gli altri, sulla base della loro religione o convinzioni.

La Dichiarazione riconosce, infine, la minaccia rappresentata attualmente dalle attività svolte da gruppi terroristici come: talebani, Al-Qaida, ISIS (Da'esh) e le sue affiliate, Jabhat Al Nusra, Boko Haram e Al Shabbaab e altre gruppi designati dalle Nazioni Unite. Evidenzia con preoccupazione infine il fenomeno dei combattenti terroristi stranieri e la diffusione dell'estremismo violento che può essere favorevole al terrorismo, il finanziamento e il trasferimento illecito di armi. A questo proposito, nella Dichiarazione si ritiene che l'adozione di una futura “convenzione globale di lotta contro il terrorismo internazionale” potrebbe integrare l'insieme degli strumenti giuridici internazionali esistenti, compresa l'attuazione della strategia antiterrorismo globale delle Nazioni Unite.

Per quanto concerne la situazione in Medio Oriente, compresa la questione della Palestina, secondo i Paesi del Movimento l'occupazione israeliana dei territori palestinesi occupati, compresa Gerusalemme Est, costituisce un fattore destabilizzante nella regione, pertanto nella dichiarazione si richiede il ritiro di Israele da quei territori, occupati dal giugno del 1967.
I Paesi del Movimento condannano tutte le misure adottate da Israele "potenza occupante", come quella di modificare lo status giuridico, fisico e demografico del Golan siriano occupato. A questo proposito, chiedono ancora una volta il rispetto della risoluzione 497 (1981), e il ritiro dal Golan siriano occupato ai confini del 4 giugno 1967, in attuazione di risoluzioni 242 (1967) e 338 (1973).

Interessante dal punto di vista politico sono i punti dedicati all’Organizzazione delle Nazioni Unite. Secondo il gruppo vi è la necessità di recuperare e rafforzare l'autorità dell'Assemblea Generale come corpo più democratico, responsabile, universale e rappresentante dell'Organizzazione. Le operazioni per il mantenimento della pace, chiarisce la Dichiarazione, devono essere eseguite con la massima aderenza ai principi e gli scopi enunciati nella Carta dell’ONU, il rispetto dei principi di sovranità, l'integrità territoriale e l'indipendenza degli Stati, così come il non-intervento negli affari interni, sono elementi considerati chiave negli sforzi congiunti per la promozione della pace e della sicurezza internazionale.

Per quanto concerne il tema dei rifugiati e migranti, principalmente a causa dei conflitti creati proprio nei territori degli stessi Stati membri del Movimento, il gruppo ha sottolineato ulteriormente l'importanza di tradurre le dichiarazioni politiche in sostegno tangibile ai Paesi colpiti da questo fenomeno, così come la necessità di aiutare i Paesi ospitanti, riaffermando la responsabilità dei loro governi.

Infine, conclude la Dichiarazione, i Media dei Paesi più sviluppati dovrebbero rispettare le nazioni in via di sviluppo, formulando corrette opinioni, modelli e prospettive con il fine di rafforzare il dialogo tra le civiltà. Preoccupazione è stata sollevata da parte di questi Stati, per l'uso dei Media come strumento di "propaganda ostile". Secondo l’opinione dei Paesi Non Allineati, dunque, Media alternativi, liberi e responsabili, sarebbero sempre più necessari.

(foto: MNOAL /Israel Defense Forces - Nella mappa: in blu scuro i Paesi membri, in celeste i Paesi osservatori)