Svezia, il cuore saldo del Nord: tra storia, innovazione e l’affronto a Mosca

(di Gino Lanzara)
02/05/25

Il silente gelo nord europeo non deve trarre in inganno: è stato il fisiologico disinteresse mediterraneo per brume e ghiacci a far trascurare aspetti sorprendenti di una geopolitica e di una cultura sorprendenti, a cominciare dalla monarchia svedese fondata, secondo regole da feuilleton, da un bonapartista, il Maresciallo Jean-Baptiste Jules Bernadotte, ex rivoluzionario, militare riottoso e nobile inedito, vero coup de theatre dinastico di una casa regnante da rifondare; o come il Wasa, primo caso di affondamento di successo di vascello reale in chiave museale, così mal impostato da inabissarsi ad appena 120 metri dalla costa il giorno stesso del varo1. La Svezia però vive anche nelle parole di Ingmar Bergman, abitante del suo sogno e saltuario visitatore della realtà, o nella bellezza senza tempo di un’altra Bergman, Ingrid. Insomma, la Svezia non è un luogo comune come da immaginario da bar sport, ma un melting pot di immagini e armonie, perché no come quelle degli Abba, interpreti del rock di Dancing Queen, omaggio a Silvia, giovanissima regina-commoner, sposa di Carlo XVI Gustavo.

Tanto per dare una pennellata colta all’apparentemente sonnacchioso quadro scandinavo, è necessario tornare col pensiero ad uno degli ispiratori della geopolitica moderna, Rudolf Kjellén2, studioso oggetto di rivisitazioni critiche per i controversi risvolti politici post bellici. Al di là dei luoghi comuni, come immaginare una Svezia così affine al ghiaccio bollente?

Eppure Stoccolma i suoi colpi li ha sempre battuti, anche con spot drammatici e violenti, culminati nel 1986 con l’assassinio, irrisolto, del primo ministro liberale Olof Palme, interprete di una politica aperta, ardita ma evidentemente oltremodo rischiosa. Ricorrendo ad un ossimoro, la Svezia è vivacemente stabile, con una frequenza ordinatamente cadenzata di primi ministri incomparabile con l’italico tourbillon, fino a giungere all’attuale esecutivo di centro destra, vincitore di elezioni legislative unanimemente definite storiche per aver condotto al successo uno dei governi più conservatori capace di mettere in ombra l’osannata generation Greta, grazie al moderato Ulf Kristersson, tenace, ambizioso, ideologicamente duttile.

La narrazione politica che, tra le altre, ha indotto il cambiamento politico ha riguardato il controllo dei flussi migratori, ritenuto poco efficace a fronte del violento impatto politico-sociale prodotto dagli esodi musulmani. Poco sorprendente, quindi, l’ascesa dei populisti di destra del Partito Democratico che hanno posto l’ondata migratoria in relazione con una reviviscenza criminale da record, unitamente alle tensioni che attentano alla sopravvivenza del mitico ma pericolante welfare.

Ineludibile domandarsi come e soprattutto se il processo di assimilazione si sia evoluto o, piuttosto, non sia affondato come il Wasa per evidenti squilibri strutturali tra i flutti di una politica socioeconomica fallimentare o di un malinteso politically correct.

Sotto alcuni aspetti, l’ascesa democratica, alla luce della tradizione svedese, potrebbe essere considerata un sottostimato campanello d’allarme laddove riferito alle consultazioni che, nei vari teatri elettorali, non ultimo quello statunitense, hanno favorito l’ascesa di nuove maggioranze controtendenti rispetto a realtà considerate, a torto, consolidate. In Svezia, il cdx si è contrapposto al management al potere caratterizzato dall’enfatizzazione socialdemocratica di umanitarismo e di un benessere sociale divenuto insostenibile. Di fatto, l’eccezionalismo svedese in termini di capacità di asilo ed accoglienza sembra essere finito, laddove le nuove dinamiche hanno trovato fondamento nel ricorso alla geopolitica identitaria di Kjellén, che ha evidenziato le differenze culturali interne per cui sono poi state elaborate specifiche concettualità politiche locali quali cuscinetti utili ad attutire il divario Est-Ovest.

A lungo gli Stati nordici hanno presentato le iniziative di dialogo come un prodotto da esportazione esclusivo, tanto da lanciare una ostpolitik fondata su aspetti securitari comuni secondo un paradigma volto a sostenere una geopolitica dei deboli comunque necessaria a bilanciare le incertezze eurocomunitarie. Se è vero che la guerra fredda ha rallentato la storia, è altrettanto vero che il collasso sovietico ha accelerato la libertà di manovra collettiva con un revival identitario affine ad un Kjellén sempre più evergreen e con l’assunzione di una sorta di responsabilità politico-culturale svedese verso l’Estonia.

L’economia di Stoccolma è ugualmente viva e pulsante; l’attuale PIL nominale di 575 miliardi di dollari la rende la maggiore tra le economie scandinave, l'ottava in UE, trainata da brand che avvicinano sempre più l’algido nord al caldo mediterraneo3. Se la spesa pubblica rimane, come da tradizione, molto alta, il debito pubblico si è attestato su un soddisfacente 33,50%. Tanto per rimanere nell’ambito delle amenità economico-sociali, non è fuori luogo segnalare l’inedito sciopero dei consumatori che, dal 24 marzo, stanno protestando contro il caro prezzi al dettaglio delle principali catene di supermercati e della grande distribuzione4. È la punta di un iceberg, forse la più folkloristica, ma non per questo da sottovalutare, stante l’incontrollabile impennata di criminalità, un’onda lunga che alimenta un problema che da Stoccolma si riverbera violentemente sui Paesi limitrofi.

Ma è il panorama politico che ha registrato i più forti impatti dopo che il cdx ha vinto le elezioni, sia pur di misura, rispetto alla coalizione di Magdalena Andersson, con un deciso spostamento dell’equilibrio del potere politico interno. Non è lontana dalla realtà la valutazione di FP che ha individuato in una campagna elettorale negativa, caratterizzata cioè da una retorica da timore delle destre, la chiave del successo dei Democratici Svedesi, impegnati con la maggioranza di governo nell’adozione di misure repressive dei problemi sociali di fondo. Nell’ambito delle varie proposte di modifica costituzionale, una commissione composta dai maggiori partiti svedesi ha manifestato l’intento di presentare una legge che consenta la revoca della cittadinanza per i soggetti che, con doppia cittadinanza, vengano condannati per reati costituenti una minaccia per lo Stato. Una politica peraltro non così invisa a quasi tutti i partiti dell’arco parlamentare, impegnati a contrastare tre minacce parallele: estremismo violento, attori statali ostili, criminalità sistemica.

Sul fronte internazionale gli elementi sono molteplici ed ugualmente interessanti. Se da un lato gli USA riesumano per la terza volta nella storia l’ossessione strategica dell’acquisto della Groenlandia, dall’altro la percezione della minaccia russa si acuisce, visto sia il delinearsi di quello che Mosca vede come un polo securitario artico composto da Paesi occidentali sotto bandiera NATO, sia le periodiche evocazioni apocalittiche del vice presidente del consiglio di sicurezza russo, Medvedev, che individua in Svezia e Finlandia i possibili bersagli di un attacco nucleare in quanto attrici complementari di una presunta strategia dell’accerchiamento, un revival staliniano della politica di sicurezza ideologico-politica post 1917.

È evidente come tutta la regione stia assumendo una nuova e più incisiva valenza geostrategica, specie per l’importanza attribuita da Mosca alla Scandinavia in quanto catalizzatrice di una mini NATO in versione Stark, ultimo bastione occidentale in attesa dell’arrivo dell’inverno annunciato dal Burian siberiano. Il Cremlino vede dunque Stoccolma, produttrice di armi e detentrice del primato per le tecnologie stealth, come la seconda attrice regionale più rilevante dopo la Norvegia, specie dopo la militarizzazione dell’isola di Gotland. Da ovest, con il controllo danese - norvegese dello Skagerrak, a est, i rapporti diplomatici investono interessi economico-securitari, con l’area che lambisce la Finlandia, cuscinetto tra Russia e Svezia, che corre lungo la sottile linea rossa del limite d’influenza svedese, là dove si prolunga la linea Intermarium-Trimarium.

L’invasione dell’Ucraina non ha fatto altro che finire di sospingere sulla scacchiera baltica alfieri e torri finno-svedesi sulla casa atlantica, determinando un deciso mutamento della postura militare, definendo peraltro uno status quo consolidato a fronte del revisionismo russo, contrastato da Paesi Baltici e Polonia. Il tutto alla luce dell’inasprimento dei rapporti con la politica svedese già al momento dell’annessione della Crimea secondo un’escalation che, a partire delle diffide di Mosca, ha terminato la sua corsa con l’ingresso di Stoccolma nella NATO grazie allo storico mutamento di posizione politica operato dal Partito Socialdemocratico, che ha sancito così l’abbandono della neutralità e l’adozione del concetto di difesa totale, affine all’approccio della comprehensive security finlandese5. L’ingresso finno-svedese nella NATO ha comportato dunque una rivoluzione della pianificazione difensiva regionale6, condizionata dai sistemi missilistici russi a Kaliningrad; il nord Europa in chiave atlantica testimonia di fatto la fine di un cuscinetto geopolitico, stretto a est da Mosca7, ad ovest da Londra8, a sud da Berlino. Insomma, la Svezia deve prepararsi a garantire sul suo territorio la sopravvivenza dell’Ovest, tenendosi pronta a cedere il controllo delle proprie forze al SACEUR.

Stoccolma ora più che mai ha bisogno di garanzie circa la massima capacità logistica marittima, ultimamente messa in forse, dal deterioramento securitario del Baltico, contraddistinto da attività russe nella grey zone e da capacità A2/AD. In termini di proiezione di potenza, la Svezia non può rinunciare al controllo dei choke points e ad un sistema di trasporto affidabile, indispensabile per il dispiegamento delle sue forze, unitamente all’integrazione della logistica civile-militare. Rafforzare l’area può dissuadere la Russia dall’attaccare le Repubbliche Baltiche, ma il volume delle merci in transito nel Baltico è tale da richiedere risorse navali aggiuntive, un pattugliamento aereo costante, una maggiore capacità missilistica costiera, infrastrutture portuali moderne in grado di migliorare la ridondanza riducendo la vulnerabilità, l’integrazione di una marina mercantile9 supportata da capacità rompighiaccio.

Come nelle Cronache del ghiaccio e del fuoco gli eventi si susseguono inaspettati; mai come ora il planisfero appare geopoliticamente fin troppo fluido, così incontrollabile da indurre al rimpianto del sicuro bipolarismo nucleare della guerra fredda. Guardando a Svezia e Finlandia, da decenni a diretto contatto con la minaccia russa, non si può non rammentare Ned Stark quando diceva che nessun muro ti metterà mai al sicuro. Un muro è solido solo quanto gli uomini che lo difendono.

1 10 agosto 1628

2 Autore de Lo Stato come forma di vita, fondato sulla concezione dello stato quale ente giuridico e territoriale caratterizzato da cicli vitali e tendenze evolutive come un organismo biologico. Kjellén aveva sostenuto che lo Stato è ciò che leader politici, diplomatici e giornalisti dicono che sia. Kjellén rivolge la loro sua attenzione al potere politico, ritenendo così legittimo il regime nazista.

3 Ikea, Spotify, Ericsson, H&M, Findus, Volvo, Scania, Astra Zeneca

4 Secondo l’agenzia governativa Statistics Sweden, il costo annuale per il sostentamento pro famiglia in Svezia è aumentato fino a 30.000 corone (oltre 2.700 euro) da gennaio 2022.

5 Sull’attuale quadro di cooperazione in materia di difesa (NORDEFCO) vd. Vision 2030

6 Profondità strategica per la Finlandia, interessata a possibili attacchi aerei russi, con la necessità delle retrovie svedesi per le proprie forze aeree; le isole Åland, Gotland e Bornholm, centrali nell’anti-access/area denial, A2/Ad del Baltico; il collegamento Baltico-Artico per cui la Svezia deve poter ospitare unità aeree angloamericane.

7 Da ricordare nel 1981 l’incaglio di un battello sovietico vicino la base navale di Karlskrona

8 La Royal Navy continua a rivestire un ruolo fondamentale nel sostegno agli alleati regionali insieme alle attività antisom contro la Flotta russa del Nord.

9 L'industria marittima può rafforzare la logistica militare attraverso soluzioni end-to-end per la supply chain. Le partnership commerciali possono colmare le lacune per garantire l'accesso alla capacità navale complementare in caso di aumento della domanda.

Foto: Försvarsmakten