Sorveglianza sociale in Cina: da Confucio a Mao e Xi Jinping

(di Antonio Vecchio)
04/05/21

Diffusione e pervasività della sorveglianza sociale rendono la Cina il paese più sorvegliato al mondo. A fine 2020, vi risultavano oltre 626 milioni di videocamere TVCC, e altrettante saranno dislocate nei prossimi anni, grazie a una spesa per la sicurezza che da tempo ha superato quella destinata alla Difesa1.

Una tale massa di sensori e telecamere non è solo dovuta alla smania del Partito (PCC) di controllare i cittadini. Occorre attingere alla storia e alla cultura del Paese per comprendere appieno il senso della società orwelliana cinese. E partire dalle sue radici confuciane, che da 25 secoli alimentano lo spirito di un miliardo e quattrocento milioni di abitanti, plasmandone il comportamento individuale e sociale.

È dagli insegnamenti di Confucio (551-479 a.C), che la Cina deriva il concetto di autorità e ordine sociale antitetici ai corrispettivi occidentali. Infatti, se da noi, l’autorità si è nel tempo definita come espressione della volontà popolare, cui sola compete l’esercizio della sovranità nelle forme e modi previsti dalla legge, nella tradizione cinese questa è unicamente un’investitura che discende dal Cielo.

In analogia, se in Occidente l’ordine sociale risulta dall’equilibrio fra le diverse componenti della società, volto a favorire la libera iniziativa e le libertà di espressione individuale, in Cina è il prodotto di un rigido canone di comportamenti individuali.

Nel regno di Mezzo, infatti, fatta solo eccezione per il periodo della rivoluzione culturale di Mao (nel quale gli insegnamenti di Confucio furono aspramente combattuti come retaggio di un passato da cancellare), l’autorità ha assunto un valore “metafisico”: un’investitura celeste, che un tempo ricadeva sull’Imperatore, mentre oggi su colui che esercita il potere per conto del Partito.

Ne deriva che l’esercizio e le modalità di espressione dell’autorità di governo, e di quella che da questa promana ai livelli più bassi dell’apparato, sono dai cinesi accettati come un assioma ontologico, in virtù del rigoroso rispetto dovuto ai precetti fondamentali - noti come Cinque Relazioni (wulun, 五 伦) - che Confucio pose alla base della convivenza sociale, fra:

1. sovrano e suddito, basato sulla lealtà;

2. padre e figlio, sulla pietà filiale;

3. fratello maggiore e fratello minore, sul rispetto;

4. marito e moglie, sulla tolleranza;

5. amico e amico, sull’affetto.

Da questi principi solo, i cinesi fanno derivare le norme di convivenza in seno alla famiglia e alla società. In base a essi, lo Stato si erge a unica fonte di moralità, spettando ad ogni buon cittadino seguirne ciecamente le indicazioni.

Ne discende che la violazione di una norma, anche la più banale, trascende il campo privato, per invadere quello - più ampio - dell’interesse pubblico.

Quella cinese, pertanto, è una società in cui gli interessi dello Stato prevalgono su quelli dell’individuo: una società che si propone di rispecchiare l’“ordine naturale dell’universo”, in cui ognuno detiene un posto ed esercita un ruolo, all’interno di una struttura sociale finemente gerarchica.

Su questa eredità storico culturale si è andata a innestare - per tornare al tema della sorveglianza dal quale siamo partiti - l’azione del partito comunista, che sin dalla costituzione della Repubblica Popolare (RPC) nel 1949, ha cercato di consolidare il controllo sulla società, da un lato utilizzando gli organi di pubblica sicurezza dello Stato, dall’altro mediante comitati di sicurezza formati a livello locale allo scopo di mantenere la stabilità sociale interna e sopprimere attività potenzialmente controrivoluzionarie.

Furono tali comitati, a promuovere la partecipazione diretta dei cittadini, cui era chiesto di osservare il comportamento altrui e riportare eventuali violazioni alle autorità preposte, secondo il principio noto come “mass defense, mass rule”.

Questo combinato ha consentito per anni al PCC di garantirsi un capillare controllo della società, durato sino a quando non è iniziato l’ingente fenomeno migratorio, prodotto negli anni 80 del secolo scorso dalle aperture al capitalismo di Deng Xiaoping (foto), con cui milioni di cinesi, provenienti dalla campagne, si riversarono nelle aree industriali del paese, rompendo così il tradizionale legame col territorio sul quale si basava il mantenimento dell’ordine pubblico.

È in quel momento che, di pari passo con lo sviluppo industriale del Paese, si inizia a fare sempre più ricorso alla tecnologia, con l’impiego di un fitta serie di sistemi di sorveglianza dai nomi più vari, come Golden Shield, Skynet, Safe Cites e Police Clouds, Project Sharp Eyes, e altri.

Strumenti che nel tempo, tutti indistintamente, hanno dato vita ad una sorta di “Panopticon”, l’edificio carcerario di forma circolare ideato dal filosofo e giurista J. Bentham, alla fine del XVIII secolo, con un vano centrale dal quale era possibile controllare tutte le celle disposte lungo il perimetro.

Il primo sistema, avviato, nel 1998, fu il Golden Shield Project2, e consiste in una rete informativa e per la sicurezza e-government, gestita, sino a livello comunale, dal Ministero della Pubblica Sicurezza.

Costituito da 12 (sotto)sistemi, spazia dalla sicurezza sociale a quella delle banche, dalla sicurezza delle reti a quella sul traffico, sino a gestire una banca dati sul crimine anche finanziario.

È un sistema che ha come scopo anche quello di garantire la sicurezza digitale e proteggere il web in modo adeguato, con la realizzazione di un firewall nazionale.

Al Golden Shield Project è seguito, nel 2005, il Progetto 3111 costituito essenzialmente da telecamere sparse (inizialmente) in 22 città, oltre a due altri sistemi di video-sorveglianza.

Il primo di questi, Safe Cities, lanciato nel 2003, si concentrava su avvisi di catastrofi, gestione del traffico e della sicurezza pubblica; l’altro, Skynet (del 2005, ma rivelato nel 2013), molto diffuso nelle aree urbane del Paese, basato essenzialmente su video-sorveglianza con algoritmi di riconoscimento facciale. Secondo i media statali cinesi è in grado di scansionare in un secondo l'intera popolazione cinese con una precisione del 99,8%.

Sempre da telecamere è costituito, Sharp Eyes3 (2015), l’ultimo sistema in ordine di tempo, che si concentra maggiormente sulle aree rurali del Paese e si distingue dagli altri per la particolarità di integrare le più moderne tecnologie di registrazione video e riconoscimento facciale, con la sorveglianza garantita da una rete di semplici cittadini volontari, che visionano le immagini dal computer o dal proprio smartphone, stando comodamente seduti a casa loro, e riportano alla polizia eventuali violazioni e crimini perpetrati davanti “ai loro occhi”.

Una delle reti Sharp Eyes è sorta a Pingyi, una piccola contea della regione di Shanghai, dove a partire dal 2013, per i successivi tre anni, sono state installate più di 28.500 videocamere.

Di rilievo anche il fatto che nel 13° piano quinquennale (2016-2020), il Governo cinese si sia posto l’obiettivo di estendere Sharp Eyes all’intero territorio nazionale. Obiettivo che non è dato sapere se già effettivamente raggiunto.

Certo è che il gradimento della popolazione pare elevato, se è vera la notizia che in alcune municipalità sono state attivate numerose collette popolari per incrementare il numero di TVCC sulle strade.

Della rete di sorveglianza appena descritta l’acme è senza dubbio il sistema di credito sociali4. Questo si propone di catalogare le vite dei cittadini in un “sistema di sistemi” interagenti tra loro, in grado di assegnare un voto sulla base del comportamento civico di ciascuno, dal quale solo deriverà la qualità e quantità dei servizi pubblici e privati che questi potrà ricevere dalla società.

Il sistema di credito sociale (SCS) cinese, così come è strutturato oggi, nasce negli 90 del secolo scorso, dagli sforzi del sistema bancario locale per agevolare la concessione di prestiti, soprattutto in quelle aree rurali e meno sviluppate del paese tradizionalmente prive di strumenti con cui valutare la credibilità finanziaria dei richiedenti un prestito.

Col passare degli anni, coerentemente con la volontà di trasformare la società in una basata sulla certezza del diritto, disciplinata da regolamenti e norme, lo SCS si è gradualmente trasformato da mezzo al servizio delle banche in strumento di valutazione (e controllo) sociale.

Ad oggi, risulta costituito da 47 istituzioni pubbliche che vi fanno confluire i propri dati, ponendo, tra altro, un evidente problema di interfaccia fra le diverse componenti. Il sistema, comunque, pur con forti limitazioni e disomogeneità territoriali, si sta diffondendo in regioni, contee e municipalità, con l’effetto non secondario di fornire ai cittadini la percezione di un controllo costante, fors'anche superiore alle potenzialità realmente espresse dal sistema.

È questo un controllo non solo orientato a monitorare la popolazione (che rappresenta comunque un target rilevante del sistema), ma anche aziende, nazionali e straniere registrate in Cina, nonché organizzazioni non governative. Gli unici organi che figurano esclusi sono quelli del Partito.

Un esempio di quanto le aziende sian sensibili allo SCS si è avuto nel 2018, quando alcune compagnie aeree straniere furono inscritte nella lista nera del sistema perché avevano indicato sui loro siti le destinazioni Hong Kong, Macao e Taiwan senza completarle con il nome “China”. Inutile dire che per evitare ritorsioni, nel giro di pochi giorni, tutte le indicazioni furono modificate.

D’altro canto, le punizioni inferte ai cittadini poco virtuosi, oltre a prevedere l’iscrizione nella lista nera, possono includere una serie di limitazioni tra cui: l’impossibilità di essere assunto come dipendente pubblico o di imprese statali, il divieto di utilizzare aerei di linea, di prenotare hotel di categoria superiore e l’esclusione dalle scuole private. Anche l’impossibilità di disporre a casa di una connessione veloce o quella di accedere a tariffe vantaggiose nei servizi pubblici possono rientrare nel novero dei provvedimenti punitivi per chi si vede inscritto nella lista nera.

Per contro, avere un buon credito sociale produce vantaggi come: sconti in bolletta, la possibilità di noleggiare biciclette e hotel senza pagamento di un deposito, quella di vedersi applicare dalle banche migliori tassi di interesse, o di poter prenotare visite mediche in tempi contenuti.

La notizia, infine, che lo SCS è stato utilizzato anche nell’ambito della pandemia Covid 19, per sanzionare i cittadini che non rispettavano la quarantena, dimostra la sua grande versatilità e la possibilità di futuro utilizzo.

Nonostante anche in Europa o USA il numero di videocamere di sorveglianza stia aumentando a dismisura, agli occhi di un occidentale la rete di sorveglianza cinese è quanto di più aberrante uno Stato possa mettere in campo contro i propri cittadini.

D’altro canto, per gli abitanti di quello che fu l’Impero Celeste, o almeno per la gran parte di loro, questo è solo uno degli strumenti, legittimi, con cui le autorità dello Stato hanno il dovere di governare le masse. Ne discende che il confronto tra Occidente e Cina non si gioca solo sul piano delle relazioni tra i governi, ma anche su quello, più sottile, delle differenti percezioni, che i rispettivi cittadini hanno su temi divisivi, come può esserlo quello delle libertà individuali.

Un tema nel quale, molto spesso, tendiamo a schierare gli abitanti della Cina su quelle che sono le nostre posizioni. E così facendo, sovente, cadiamo in errore. Anche solo prendere atto di ciò, aiuterebbe non poco il percorso verso una reciproca comprensione dei nostri due sistemi.

1 La Cina detiene il secondo posto per spesa militare nel 2019, con 261 miliardi di dollari, in aumento del 5,1% rispetto al 2018. Dato SIPRI.