La nave da crociera che smonta le balle del governo cinese sul coronavirus

(di David Rossi)
11/02/20

I piccolissimi spazi densamente popolati, come le trincee della Prima guerra mondiale in cui si diffuse la Spagnola, hanno segnato momenti storici della storia della medicina e, per quello che ci riguarda, a volte della geopolitica. Per questo ce ne interessiamo ora su Difesa Online.

La storia della letteratura medica racconta di un’epidemia acuta e con eziologia ignota che conta poco o nulla per la geopolitica, ma che ci aiuterà a capire meglio il presente. Nell'estate del 1976 detto morbo colpì un gruppo di veterani della American Legion riuniti, per uno degli eventi in programma per i duecento anni della Dichiarazione di indipendenza americana, in un albergo di Filadelfia causando ben 34 morti su 221 contagiati (erano presenti oltre 4.000 veterani). Solo in seguito si scoprì che la malattia era stata causata da un batterio, denominato legionella, che fu isolato all’inizio del 1977 nell'impianto di condizionamento dell'hotel dove i veterani avevano soggiornato. Ebbene, anche oggi abbiamo quasi lo stesso caso, non di un’epidemia completamente sconosciuta, ma causata dal nuovo coronavirus 2019 e rappresentato dai circa 3.700 poveri cristi - 2.666 passeggeri e 1.045 membri dell’equipaggio - rimasti in ostaggio della Diamond Princess di Carnival Japan, un gigante da 115.000 tonnellate, lungo quasi trecento metri, costruito da Mitsubishi Heavy Industries in Giappone per crociere nei mari del Sud-Est asiatico.

La storia è presto detta: nel viaggio precedente, un ospite di Hong Kong, si era imbarcato a Yokohama il 20 gennaio e aveva navigato fino a Hong Kong, dove era giunto il 25 gennaio. Qui, visitato in un ospedale locale, sei giorni dopo aver lasciato la nave, si era rivelato positivo al coronavirus il 1° febbraio. Mentre era a bordo della nave, non aveva visitato il centro medico della nave per segnalare alcun sintomo o malattia.

Dal 4 febbraio la nave e tutti quanti a bordo sono diventati “ospiti obbligati” delle autorità sanitarie giapponesi, una pratica standard dopo che un ospite è risultato positivo al coronavirus.

Ebbene, la triste storia di queste persone, finite loro malgrado al centro dell’attenzione del mondo, e il parallelismo con la vicenda dei “Legionari” ci dicono molto, perché permettono di fare stime su quanto sta succedendo all’interno della Repubblica Popolare Cinese e che i leader di quel Paese in gran parte non rivelano al mondo.

Per cominciare, il tasso di mortalità fra i “Legionari” nel 1976 (15%) non era stato molto lontano da quello che la legionellosi ha ancora oggi nei Paesi avanzati: all’incirca il 10%. Così, il numero di infetti da Coronavirus sulla Diamond Princess, infetti dei quali non conosciamo il quadro clinico esatto ma di cui sappiamo il numero perché non taciuto da Tokio, è al momento di 136 casi su circa 3.700 passeggeri, vale a dire il 3,6% delle persone originariamente presenti a bordo. Dato che il coronavirus sembra avere un periodo di incubazione di almeno ventiquattro giorni (non due settimane, come si è ritenuto erroneamente fino a ieri) e considerando che la nave è partita da Hong Kong 16 giorni fa, è probabile che la cifra di 136 casi possa crescere in modo importante nei prossimi 7-10 giorni.

Se ci concentriamo sulla percentuale del 3,6% di contagiati e la applichiamo all’intera popolazione cinese di quasi 1.450 milioni di persone, in gran parte residente in aree densamente popolate proprio come la nave, arriviamo alla bella cifra di 52 milioni di contagiati, senza contare i portatori sani e quelli che ancora non danno sintomi. Insomma, ai 40.171 casi ufficialmente accreditati dal governo cinese, ci accorgiamo che non mancano non uno, non due, ma ben tre zeri.

C’è da credere a un “orologio” che da dieci giorni “batte” tremila nuovi casi ogni ventiquattr’ore, mentre anche gli studenti di medicina alle prime armi sanno che un’infezione si espande sempre in modo esponenziale, perché ogni singolo individuo ne può infettare molteplici?

C’è da credere a un governo che ci descrive una crescita “al rallentatore” dei casi di infezione da nuovo coronavirus, quando persino un neonato è stato infettato dalle secrezioni della madre e le università ci raccontano che il virus rimane vivo e aggressivo anche nove giorni dopo essere uscito dal corpo del paziente (v.articolo)? La SARS non resisteva più di 96 ore…

Che dire, poi, delle intere province messe in quarantena, così come gli ospiti della nave, chiusi nelle loro cabine e con possibilità di movimento altrettanto limitate?

Perché ignorare quello che il caso della nave da crociera ci racconta, cioè che in Cina i casi di infezione da coronavirus potrebbero essere ormai tanti quanto la popolazione di un grande Paese europeo e che - se la mortalità del 2% è vera - decine di migliaia di persone mancano ormai all’appello?

O forse… i nostri leader si comportano oggi con la Cina come nel 1989-1991 con l’Unione sovietica, quando la paura del crollo del Gigante portava molti ad assecondare le scelte della leadership moscovita, come l’aggressione ai Baltici, pur di non vedere una grande potenza scivolare in un periodo di pericolosa instabilità? A pensar male si fa peccato…

Foto: Twitter / Xinhua