Il mondo che verrà

(di Gino Lanzara)
13/01/23

Una delle storie Disney più avvincenti degli ultimi anni è quella intitolata Il mondo che verrà; leggetela, vale la pena. Quel che verrà, comics o no, è l’aspetto più attraente e che alimenta un mercato chiromantico che fa PIL. Leggiamo allora la geopolitica, tenendo conto di variabili che, anche nei cartoon, complicano ogni avventura.

Che anno sarà per l’economia? Al momento l’unica certezza è quella dell’imprevedibilità; del resto i vari governi, nel supposto post pandemia non pensavano ad ulteriori difficoltà innescate da un conflitto su suolo europeo. Inflazione, crisi dell’energia, nuove rotte dei combustibili fossili, aumento dei tassi di interesse, depressione dei consumi, produzione in equilibrio precario tra costi e profitti, segni di recessione per 1/3 dell’economia globale: tappate lo spumante, ecco a voi il 2023.

Quali sono gli equilibri? Le banche centrali, come raggiungeranno gli obiettivi anti inflazione? Come farà l’Europa ad evitare ulteriori isteresi energetiche senza approvvigionamenti russi? Quali livelli raggiungerà la rivalità sino americana tradotta in dazi e protezionismo? È necessario accettare l’ineluttabilità di nuove guerre economiche che vedranno soccombere chi non ha saputo o voluto farsi trovare pronto per realtà geopolitiche inedite e che puntano all’accaparramento delle risorse. Mentre a Wall Street soffia moderato ottimismo, in Cina e dalla Cina il Covid gonfia le vele di preoccupazioni profonde; morti e contagi mettono al tappeto il Dragone, la ripresa economica stenta; mentre gli indici economici cinesi sono in rosso, a Hong Kong i rilevatori salgono di oltre il 2% grazie alle società tecnologiche e immobiliari1. L’aumento dei casi di Covid in Cina riserva comunque ripercussioni planetarie, tenuto conto che la diffusione del virus sembra inarrestabile tanto da ridurre la forza lavoro2 ed indurre la pur prudentissima OMS ad invitare Pechino a non sottostimare i dati di una malattia3 che induce a paura ed ad accaparramento di farmaci. Tenuto conto che Pechino è il principale hub commerciale mondiale, un contraccolpo cinese determinerà un conseguente contraccolpo occidentale con il danneggiamento delle più importanti supply chain globali.

Il Dragone, nonostante l’allentamento delle restrizioni e colpito per le misure preventive assunte da alcuni Paesi nei confronti dei suoi cittadini espatriati, è alle prese con problemi finanziari all’attenzione degli investitori, che guardano alla possibilità di Belt and Road Initiative alternative4. Se non dovessero palesarsi ostacoli, la concorrenza europea alla BRI dovrebbe partire già all’inizio del 2023 con nuovi piani infrastrutturali alternativi a quelli cinesi frenati dal rallentamento economico. L’incertezza dei mercati rende la Cina un’unica immensa incognita che apre le porte alla stagflazione, con prezzi sempre più alti e crescita in frenata. Da principio l’inflazione era stata prevista come transitoria, con una ripresa europea più dinamica di quella americana e con la Cina proiettata ad una crescita sostenuta; ma poi l'inflazione ha oscillato conformandosi all’evoluzione degli avvenimenti ucraini.

Malgrado il tentativo di controllare i prezzi con il rialzo dei tassi, la BCE prevede un’inflazione al 6%; più i prezzi saliranno, più crescerà la pressione sui tassi bancari in aumento mentre con il costo del denaro in rialzo calerà la domanda: ecco la recessione5, il rallentamento economico globale.

Negli USA, gli utili delle imprese private hanno concesso una tregua ai titoli americani in difficoltà per la politica monetaria della Federal Reserve che, nel 2022, ha già ridotto il proprio bilancio di 381 miliardi di dollari, drenando liquidi dal sistema finanziario secondo una politica di inasprimento quantitativo volta a sostenere l'impatto degli aumenti dei tassi di interesse anti inflazione. La politica del tasso zero è ormai finita6; attenzione, perché la riduzione di denaro porterà al drenaggio della liquidità prodotta per il quantitative easing7, il cui ricordo farà fischiare le orecchie a molti.

Anche l’industria europea andrà in sofferenza colpita dalla crisi energetica e dal gap con l’apparato produttivo americano, energeticamente più potente e che può indurre ad una delocalizzazione delle imprese UE8.

I prezzi del cibo, insieme con quelli dei prodotti petroliferi, aumentando le tensioni sociali, hanno messo in crisi i bilanci governativi, impossibilitati a sostenere le fasce sociali più vulnerabili. Da considerare la Black Sea Grain Initiative che, assicurando l’esportazione di cereali dall’Ucraina, causerà continui shock in funzione degli interventi russi. La riduzione delle forniture globali di grano e mais aumenterà i prezzi del 10% entro un anno, accompagnandosi ai rialzi energetici che già hanno fatto lievitare i costi di carburanti e fertilizzanti. Per contenere i rialzi dei prezzi è fondamentale che il commercio rimanga libero, e che si incrementi la produzione alimentare interna, evitando l’accumulo di scorte e utilizzando le riserve.

In tutto ciò sono capitombolate le criptovalute, il cui valore di mercato è crollato complice anche lo scivolone di Bitcoin: perdite e turbolenze ne hanno smascherato fragilità tali da impedire il recupero del loro valore9 ma non un possibile uso alternativo futuro.

Nel frattempo, profonde divisioni tra paesi del G20 hanno fatto sì che non tutti abbiano partecipato alle sanzioni vs il Cremlino; solo le economie mature hanno concordato il processo sanzionatorio, mentre le economie emergenti, eccetto la Corea del Sud, hanno aggirato i coinvolgimenti10. Mentre si discute della sorte dei 300 Mld di dollari della Banca Centrale di Mosca, immobilizzati dalle nazioni del G7 e dall'UE, in dicembre è entrato in vigore il price cap sulle esportazioni petrolifere russe, cui è seguito un andamento altalenante sia del prezzo al barile sia di quello del gas al m3 potenzialmente ancor più destabilizzabile dalle decisioni del Cremlino in merito a possibili tagli produttivi.

Da ricordare l’opposizione dell’Opec+ alla richiesta americana di incrementare l’attività estrattiva per calmierare i prezzi, cosa che ha permesso al ministro saudita dell’energia di affermare che, a fronte ad un indebolimento economico globale, è necessario tagliare per evitare crolli del mercato, anche perché il calo produttivo è stato inferiore alle previsioni. Negli USA il consumo di idrocarburi è stato particolarmente basso, tanto da non aver ancora raggiunto i livelli pre Covid.

Dulcis in imissimo fundo, circa il 60% dei paesi a basso reddito è a rischio default; se ciò dovesse avvenire è ipotizzabile l’impossibilità del FMI di disporre di risorse utili all’erogazione dei prestiti necessari per permettere la sopravvivenza dei debitori. Insieme all’argent, ecco le proiezioni di potenza, che vedono la tripolarità nucleare sino-russa-americana11, benché vada considerato l’attuale stato di efficienza bellica convenzionale di Mosca12. Gli USA stanno dunque esaminando nuove teorie sulla deterrenza nucleare, volta ad affrontare due antagonisti con tecniche differenti e contemporanee, e che tengano conto dell’evoluzione del principio della distruzione reciproca assicurata, che ha assicurato 75 anni di pace, per lo meno fino alle minacce proferite dal presidente russo, che potrebbe non escludere l’uso di testate ridotte in un teatro più limitato su obiettivi specifici, evitando termonuclearità estese.

La Guerra in Ucraina doveva dimostrare quanto fosse lontana la Russia attuale dai Soviet del 1991, imponendo la presenza politico economica di Orso e Dragone in un nuovo ordine multipolare; imprevedibilmente il Tridente di Kiev ha resistito, e dell’esercito russo, privo di organizzazione e strategia, è rimasto solo il ricordo delle parate nella Pizza Rossa. Questo mentre il presidente Zelensky, lontano per la prima volta dall’Ucraina dall’inizio dell’invasione, stringe i suoi rapporti con gli USA, pronti ad erogare nuovi aiuti per non meno di 45 miliardi di dollari, unitamente ad attrezzature missilistiche.

Mentre Zelensky parlava ad un Congresso USA prossimo a mutare colore politico, modalità di supporto e controllo sugli aiuti comunque concessi, la Cina invocava moderazione ed uso degli strumenti politico diplomatici. Le visite di Stato in un momento di stallo operativo sono sempre utili per cercare di reperire supporti ed aiuti. Lì dove la propaganda russa vede amicizie illimitate simili ad imbarazzanti capitolazioni economico politiche, come reso evidente in ambito Shanghai Cooperation Organization, Pechino sollecita un dialogo che richiederà compromessi basati sul chi deve cedere cosa e destinati a lasciare segni storici indelebili. Vista anche la verticale del potere russo, soggetta a letali vertigini dal 2 piano in su, rimane il dubbio su un possibile successore presidenziale in caso di un regime change che presenterebbe ipotesi decisamente peggiori (Prigozhin? Kadyrov, che ha osato criticare il vertice militare?), magari puntate ad una guerra di logoramento. Attenzione perché morto Stalin se ne fa un altro.

La possibilità di uno scontro con la NATO porta infine con sé l’auspicio che la partita politica possa chiudersi anticipatamente all’interno delle sale del Cremlino replicando gli eventi della fine della I GM, anche perché non si possono dimenticare i successi ucraini ed il loro tempismo.

Attenzione però; un’ipotetica sconfitta russa, malgrado i benefici immediati, porterebbe con sé sia un’ondata di caos difficilmente gestibile da Bruxelles e USA, con ripercussioni in Asia, Europa e Medio Oriente (ME), sia la certezza per molti Paesi limitrofi di non dover subire influenze politiche e possibili interventi militari13.

La postura bellicosa di Putin sta ponendo le basi per un’escalation post moderna contro l'Occidente, cercando di sfruttare i suoi vantaggi asimmetrici come stato canaglia. Se la Russia ripercorresse lo stesso iter del 1991 si riproporrebbe il problema del controllo delle armi nucleari: una Guerra Fredda senza l’equilibrio atomico. La caduta di Putin si tradurrebbe in guerra civile, con il controllo statale frammentato e l’emersione di personalità provenienti o dai servizi di sicurezza o dalle élite di regioni economicamente prostrate e ricche di minoranze etniche. Se la Russia si disintegrasse perdendo ascendente in Eurasia, la Cina avanzerebbe in Asia centrale con la Turchia, e Caucaso del sud e ME rientrerebbero nel suo raggio di espansione.

In questo momento, il viaggio presidenziale ucraino ha fatto intendere all’opinione pubblica che il sostegno occidentale non è prossimo a venir meno malgrado estensione e pesantezza degli attacchi russi. Le differenze tra Europa e USA sono notevoli; mentre gli Stati Uniti elaborano al loro interno una divisione socio politica, l’Europa comincia a vivere uno stato di frammentazione costante alimentata dal fatto che le conseguenze della guerra gravano in modo diverso sui sistemi economici e industriali dei singoli Stati.

Tre elementi potrebbero indurre l’Europa ad agire per passare ad una postura geopolitica più definita: l'aggressione russa, l'assertività cinese, il possibile ritorno nel 2024 di Donald Trump.

L’invasione russa, tra le varie conseguenze ha avuto quella di spingere Finlandia e Svezia a richiedere l’adesione alla Nato, mossa che ha ampliato per la Russia a nord ovest il fronte a rischio, già incrinato dall’ingresso dei Paesi baltici. Difficilmente la Russia riuscirà a breve a dispiegare nuove e soprattutto efficienti unità in Carelia.

Nel frattempo Pechino prosegue con la sua avanzata nel Mar Cinese Meridionale, rivendicato per oltre l’80% sulla base della Nine Dash Line, dove si nota sempre più il filo di perle di isole artificiali. Si tratta di una penetrazione costante ed al di sotto della soglia di un possibile conflitto. I principi della guerra ibrida forniscono, come per la flotta di pescherecci armati inviati in prossimità delle acque di altri Paesi, una sorta di negazione giuridica in caso di reazione da parte dei Paesi rivieraschi.

Intanto Xi pone le basi per rinsaldare le relazioni con i paesi del Golfo. Ricca di risorse, la regione mediorientale riveste un ruolo cruciale per garantire il sostentamento energetico della Cina, impegnata a ridisegnare un ordine globale sostenibile ed alternativo nel solco della Belt and Road Initiative che, tuttavia, da un punto di vista securitario, al momento non introdurrà alternative agli USA. Del resto non è facile muoversi in ME; lo stesso Xi ha dovuto prendere atto delle rivalità incrociate emerse subito dopo la sua visita in Arabia Saudita ed i rapporti intrattenuti con il Consiglio di Cooperazione del Golfo, capaci di scatenare il risentimento di Teheran, alleato strategico cinese, che non può tollerare il rivale saudita. Non a caso il presidente Raisi ha chiesto al vice premier cinese Hu Chunhua una sorta di risarcimento14: poco importa che la diplomazia pechinese abbia ribadito che Xi ha visitato Riad per contribuire a dare stabilità alla regione. Di fatto la querelle sino-iraniana mostra quanto sia difficile anche per la Cina fare esercizio geopolitico in virtù delle rivalità locali. In prospettiva, stando alla reazione iraniana, l’approccio cinese potrebbe rivelarsi impraticabile.

L’Iran, alla luce dei tumulti interni, può permettersi questa politica aggressiva? E l’Europa? L’ultimo scampolo di un anno orribile come pochi, oltre all’immagine di un’entità finanziaria fallata, ha restituito il ritratto di un’istituzione in crisi politica e morale profonda che non poteva di certo farsi mancare un esotico Qatargate. Il flusso degli affari tra i Paesi del Golfo e l’Europa, che non è stato intaccato da alcuna presa di posizione sullo stato dei diritti umani, ha di fatto corso parallelamente con prassi illecite che hanno gettato più di un’ombra sull’etica politica bruxellese. Il soft power sportivo, finalizzato al conseguimento di risultati geopolitici, si è rivelato poca cosa, vista anche la penetrazione coranica nei Balcani e l’immissione di liquidità sia sul mercato inglese15 sia su quello tedesco (alla faccia delle manine protestatarie sulle labbra dei calciatori della Germania16), sia su quello francese17. Se il 2022 ha visto Francia e Germania, critiche nei confronti del Qatar, il 2023 ha riportato l’attenzione sull’entità degli investimenti qatarino-europei che suggeriscono una fine scontata per lo scandalo tangentizio: al rogo i singoli, in salvo le istituzioni. Nel Qatargate il denaro arriva direttamente da uno o più Stati attestando una sottovalutata rilevanza europarlamentare sensibilmente permeabile a determinate sollecitazioni.

Ora Washington. I cambiamenti in corso richiedono strategie che salvaguardino meglio la sicurezza statunitense ponendo maggiore attenzione all’assistenza diplomatica, economica e tecnica oltre che a quella militare, che deve guardare ancora più ad est: è nell'interesse americano conservare un bilanciamento iraqeno in chiave anti iraniana.

E le Primavere arabe? Tunisia e Libia si dibattono in crisi che non offrono spiragli, con l’attuale politica americana costretta a cercare soluzioni rapide, efficaci ed in controtendenza. Rimaste in sonno fino al 2019, le Primavere hanno dimostrato una vitalità indicatrice di un processo non ancora concluso poiché mosso da invariate motivazioni socio economiche.

Se è vero che l’invasione ucraina offre ai paesi ricchi di risorse la possibilità di puntellare economie asfittiche, è però vero che l’idea stessa di rentier state non è più sostenibile.

Oltre alla guerra, la pandemia ha ulteriormente fiaccato economie patologicamente deboli con la perdita di migliaia di posti di lavoro. A complicare la situazione, oltre alla mancanza di qualsiasi transizione tra generazioni, insorgeranno i problemi connessi alla disponibilità di acqua. Alla luce degli Accordi di Abramo, l'amministrazione Biden dovrebbe sostenere i rapporti turco-israeliani incoraggiando partner ed alleati ad assumere ruoli di responsabilità.

Possono gli USA rinunciare al deterrente supporto israeliano? No. Israele è ancora sulla breccia nel contrasto all’Iran, contro terrorismo e radicalismo islamico, ed i neodem americani stanno ancora facendo i conti in perdita con l’Arabia Saudita mentre il governo di destra di Gerusalemme mette in forse il raggiungimento di intese militari regionali auspicate dallo spirito degli Accordi di Abramo. Considerando gli interessi che ambedue i Paesi nutrono l’uno per l’altro, si può ipotizzare che le loro relazioni verranno faticosamente preservate, anche alla luce del fatto che Israele non ha mai avuto bisogno di soldati americani per combattere le sue guerre.

Torniamo a Topolino. Nel mondo che verrà, riprenderanno forza conflitti ibridi fluttuanti nella zona grigia al confine tra pace e guerra, lo spazio in cui attacco e difesa sono sopra la cooperazione e sotto una soglia apprezzabile di conflitto armato; l’ibridizzazione dipende da quale prospettiva si osservano i fatti: il brutto si trova in fretta, ma il diaframma che separa buono e cattivo è labilissimo18.

Per gli USA le priorità specifiche in zona grigia inquadrano l'obiettivo strategico più ampio di prevenire e rispondere alle minacce ibride cinesi e russe; sarà tuttavia necessario fare attenzione al modo in cui i conflitti ibridi differiscono: la Russia unisce tattica militare e non per generare il caos; l'approccio cinese è più pervasivo, e ricorre a costanti attività non militari per compensare l’inferiorità con gli USA.

Sarà necessario adattarsi all’evoluzione dell’informazione coinvolgendo le politiche economiche ed istituzionali, visto come i progressi tecnologici stanno trasformando sia le minacce ibride che gli strumenti posti a contrasto.

La strategia economica partecipa alla concorrenza strategica insieme con la politica industriale, il finanziamento del debito e la politica del debito sovrano, politiche adottate da Cina e Russia a fini strategici, cui bisogna delegare la risposta alle partnership civili e commerciali con il rafforzamento del settore privato.

È molto probabile che, nel 2023, l'Iran superi il punto di non ritorno diventando di fatto uno stato dotato di armamenti nucleari. Mentre una svolta diplomatica si palesa come estremamente improbabile, svariate amministrazioni americane hanno dichiarato che l'uso della forza è opzione sì di ultima istanza ma non per questo non percorribile. È comunque improbabile che l'Iran testi un ordigno nucleare nel 2023 e che ci vorranno anni prima che installi testate su missili balistici; una volta pronti, però, game over.

Nel frattempo gli USA perdono il sostegno politico della Colombia, unica grande economia sud americana non compromessa con la Cina e, con essa, l’America latina.

Il 2023 potrebbe poi divenire l’anno della frammentazione e del controllo di internet, con la nascita di ambienti informatici online completamente controllabili. Oltre alla Russia, la Cina sta realizzando la base di un Internet non libero, così come del resto stanno facendo India e Turchia senza che gli Stati Uniti propongano una strategia alternativa. In Europa crisi e frammentazione già operanti sono gli shock energetici, la contrazione economica e le dinamiche interne ai vari Paesi. Il rischio che le elezioni in Polonia, Grecia, Estonia, Finlandia e Spagna portino sulla cresta dell’onda gli euroscettici è fondato. Mentre la Jihad dal Mar Rosso punta all’Atlantico, con le instabilità di Burkina Faso, Mali, Benin e Costa d’Avorio, garantendosi così l’accesso alle rotte del traffico di droga dal Sud America, il fronte taiwanese rimane in bilico, benché la situazione interna della Cina non consenta avventate proiezioni di potenza.

Più che la terza guerra mondiale per Taiwan c’è da attendersi una situazione di stallo che metta alla prova la determinazione sino americana.

Una crisi più immediata e pericolosa riguarda la possibilità che diversi Paesi si allontanino dal dollaro, benché non esistano alternative a breve termine, vista anche la crisi che ha coinvolto le criptovalute.

In ME potrebbe configurarsi uno slancio deciso per il ritiro americano. A Riyadh, le relazioni con Washington sono sempre più tese; a Gerusalemme si è insediato il governo più di destra nella storia del paese, mentre a Teheran il regime continua la sua repressione lasciando che gli elementi interni si contendano la successione del leader supremo.

Occidente e ME riconosceranno ancora la necessità strategica di impedire il ritiro americano degli Stati Uniti? Intanto la recessione economica bussa alle porte di tutti i Paesi portando con sé il default. Con minore domanda ed un prezzo più basso per le esportazioni non energetiche dai paesi più deboli, con l’aumento del costo dell'energia e del cibo, i paesi in via di sviluppo sono prossimi al collasso, visto che guadagnano meno su ciò che vendono e pagano di più per ciò che acquistano. Nel mentre, i tassi di interesse salgono ed i prestatori non intendono assumersi rischi nei rapporti con i paesi più deboli.

Le società sono ovunque divise con istituzioni politiche in sofferenza; il Brasile ha visto il ritorno di Lula, Israele quello di Netanyahu, il Regno Unito il terzo primo ministro in breve tempo; in Europa presto bisognerà scegliere tra il mercato cinese e quello statunitense.

Intanto, SE l'Ucraina vincesse la guerra, ipotesi remota ma meno di quanto non fosse a marzo scorso, unendosi a UE e NATO contribuirebbe ad innalzare il potenziale americano, dimostratosi irrinunciabile.

Nel 2023 le questioni connesse alla sicurezza del Mar Nero aumenteranno di importanza, agevolando l’ascesa politico militare turca, influenzata dall’esito (scontato) delle prossime elezioni. Un ruolo turco come contrappeso alla Russia sia nel Mar Nero che in Asia centrale non può non essere considerato.

L’impegno americano nei negoziati sul quadro economico dell’Indo Pacifico dimostrerebbe che l'amministrazione USA intende riappropriarsi del suo ruolo di mediatore economico regionale supportato da dosi di realismo politico, quel realismo che sta portando a rivedere la posizione del petrolifero Venezuela di Maduro. È presumibile che gli USA sosterranno gli alleati con rifornimenti ed addestramento, piuttosto che impegnarsi direttamente; mentre Washington cercherà di mantenere così il suo ruolo globale, starà all’Europa ridefinirsi o crollare continuando ad affidarsi ad un’insostenibile struttura di libero scambio troppo vincolata alle fluttuazioni delle esportazioni.

La Polonia sorgerà come potenza centrale alternativa, in attesa di vedere, entro il 2045, come e quanto si frammenterà la Russia e come reagirà la Cina all’insorgere dei suoi regionalismi, osservati da un Giappone che si sta riarmando.

Il futuro è instabile, incerto, imprevedibile. Se Kissinger dovesse ancora una volta aver ragione, la fine della guerra ucraina darà un quadro più preciso entro cui comprendere come procedere ad una riscrittura effettiva dell’ordine globale, tra Brics e Sco a guida cinese, e Quad e Aukus a guida americana.

Il mondo di Artemis19 è sempre più veloce e punta al Lunar Gateway prima del 2030; un mondo volatile e realista senza idealismi. Del resto, come avrebbe detto la Spia Poeta di Topolino, chi vuol esser lieto spia, del doman non v’è certezza.

1 La Banca Centrale Cinese ha affermato che sosterrà le istituzioni finanziarie nelle fusioni/acquisizioni del settore immobiliare migliorando le condizioni finanziarie degli sviluppatori di range elevato.

2 La nuova politica cinese ha agevolato la convivenza con il virus, consentendo ai lavoratori affetti da forme lievi di continuare a lavorare.

3 Nei primi 20 giorni di dicembre circa il 18% della popolazione del gigante asiatico (circa 250 milioni di soggetti), sono stati contagiati.

4 Vd. gli USA con la Building Back Better (B3W); il Giappone con la Free and Open Indo-Pacific Strategy (FOIP), l’India con l’Indian Silk Road, di scarso successo; l’UE con la Global Gateway, ovvero una nuova strategia per promuovere connessioni intelligenti, pulite e sicure nei settori digitale, energetico e dei trasporti e per rafforzare i sistemi sanitari, di istruzione e di ricerca in tutto il mondo”, con investimenti per 300 miliardi di euro fino al 2027. La Global Gateway inoltre facendo anche attenzione ad agire su buona governance e trasparenza si propone quale alternativa non solo economica ma anche ideologica alla BRI.

5 Secondo Bloomberg, la Cina sta tentando di affrontare 1 milione di contagiati e 5.000 morti al giorno per il virus, affrontando quello che dovrebbe essere il più grande focolaio Covid mai apparso

6 Vd. i provvedimenti della Banca del Giappone, della Fed, della Bank of England, della Reserve Bank Australiana, della Bank of Canada, della Swiss Bank e della BCE dal 2023

7 Vd. debito degli Stati

8 Il settore siderurgico a breve non avrà fonti alternative al gas, con una perdita di competitività. Con i prezzi ancora molto alti anche per il 2023, alcuni settori non potranno sostituire il gas, e saranno costretti a chiudere le attività o a emigrare.

9 Sessanta paesi hanno raggiunto una fase avanzata di potenziamento della valuta digitale della banca centrale (CBDC). Con i rischi delle criptovalute e delle stablecoin, l'attenzione potrebbe rivolgersi alle banche centrali. 

10 Il 2022 ha prodotto uno dei programmi sanzionatori più duri mai concepiti, sia in termini di scala delle economie in cui sono le sanzioni hanno trovato imposizione, sia in termini di rapidità e completezza. 

11 La Cina dovrebbe aumentare il suo arsenale nucleare a 1.500 testate entro il 2035

12 Al momento nessun paese sostiene davvero Mosca nell'uso delle armi nucleari; lo stesso Xi lo ha reso chiaro dopo aver incontrato il cancelliere tedesco Scholz. Per la Russia minacciare di usare armi nucleari è più utile che farlo realmente. Xi si è però detto disponibile a mediare tra i due contendenti

13 Vd. Kazakistan, Georgia, Transnistria

14 Secondo il South China Morning Post Xi e i leader arabi hanno concordato sia di trarre assicurazioni circa la natura pacifica del programma nucleare iraniano, sia che EAU risolvano in via negoziale la disputa territoriale con l’Iran sulle isole di Abu Musa e della Grande e Piccola Tunb nello Stretto di Hormuz.

15 Vd. acquisto del 20% della Borsa di Londra, Canary Wharf, Harrods; del 22% di Sainsbury, del 6% della banca Barclays, del 20% della Heathrow Airport Holdings e del 25% dell’International Airlines Group.

16 La Germania ha stretto un accordo con Qatar Energy, che acconsentito ad inviare alla Germania due milioni di tonnellate di gas naturale liquefatto all’anno, a partire dal 2026 e per i prossimi 15 anni. La famiglia Al Thani controlla il 17% di Volkswagen, il 10% di Porsche, oltre il 6% di Deutsche Bank

17 Parigi è la seconda destinazione degli investimenti del Qatar, ed è dove l’emirato può contare su un patrimonio di oltre 26 miliardi di dollari con la creazione di 72.000 posti di lavoro.

18 La strategia di difesa nazionale americana del 2022, che richiede maggiore attenzione ad informazione ed influenza per una più decisa deterrenza, colloca solo gli approcci della concorrenza come facenti parte della zona grigia, pur riferendosi a metodi statunitensi e alleati del tutto comparabili. 

19 Il programma Artemis è un programma di volo spaziale con equipaggio della NASA, con il supporto di aziende di voli spaziali commerciali statunitensi, e con partner internazionali

Foto: U.S. Air Force