Il dilemma del terrorismo in Canada

(di Paolo Palumbo)
30/01/17

Il modus operandi del terrorismo internazionale e le nuove problematiche annesse alla nascita dello Stato Islamico (ISIS) e alla guerra in Siria hanno lanciato una nuova e difficile sfida alle democrazie occidentali. All’interno di ogni Stato i governi hanno sviluppato una politica “controterrorismo” la cui applicazione ha stravolto, in diversi casi, la concezione tradizionale di politica di polizia. Purtroppo l’efficacia delle misure controterrorismo provoca degli effetti sulla popolazione, sia che venga colpita da attentati, sia che ne rimanga immune. Molti governi hanno adeguato il loro sistema giudiziario alla nuova minaccia e contemporaneamente riorganizzato le forze dell’ordine che, più di ogni altro organismo, devono coordinare il loro lavoro ai vari enti statali e privati implicati nella lotta contro l’islamismo. Tra i paesi più evoluti in questo senso c’è sicuramente la Gran Bretagna con il suo programma denominato CONTEST dal quale proprio il Canada (Stato del Commonwealth dal 1931) ha tratto ispirazione per la sua propria guerra al terrore.

The Strategy”

Il 23 giugno 1985 il volo Air India 182 che operava sulla rotta Montreal – Delhi esplose sull’Oceano Atlantico appena a sud dell’Irlanda. Tutti i 329 passeggeri rimasero uccisi. La responsabilità di un simile massacro fu attribuita al gruppo terrorista indiano Babbar Khalsa (BK) i cui membri erano tutti estremisti Sikh. La maggior parte delle vittime sul volo 182 erano cittadini canadesi e tutti avevano origini indiane. L’attentato ebbe forti ripercussioni sulla politica canadese, soprattutto in relazione alle sue politiche di polizia contro il terrorismo1. La RCMP (Royal Canadian Mounted Police) aveva presentito di un possibile attacco, ciò nondimeno il mancato coordinamento con il CSIS (Canadian Security Intelligence Service) dimostrò delle notevoli falle investigative. Il susseguirsi di attentati e la grave tragedia del 9/11 spinse il governo canadese ad adottare misure più incisive contro il terrorismo e il primo atto ufficiale emesso per tutelarsi da questa minaccia globale fu il Bill C-36 o meglio conosciuto come Anti Terrorism Act “an omnibus bill designed to combat terrorism at various level”2. Il nucleo fondamentale di questo primo provvedimento prevedeva una serie di “amendments to the Criminal Code designed to disable terrorist groups and their supporters, by defining “terrorist activity”; by creating a process for listing an entity […]” ma soprattutto migliorava “to use of investigative hearings and of a recognizance with conditions”3. Una prima indagine svolta dai decision-makers canadesi sull’applicazione della legge svelò alcune problematiche legate alla possibile violazione delle libertà civili. Ad esempio Lorne Sossin, dell’Università di Toronto criticò la legge accusando il Canada di avere “betrayed its own values by sacrificing civil liberties in exchange for enhancing investigative detection powers”4. Concretamente l’adozione di misure restrittive e nuove procedure investigative contro le attività dei terroristi implicavano la possibilità di ledere le libertà civili dei canadesi. La polizia e i servizi di sicurezza entrarono bruscamente nella vita di molti cittadini controllando eventuali telefonate sospette, monitorando costantemente i luoghi pubblici e anche privati. Un miglioramento sostanziale ai provvedimenti contro il terrorismo internazionale avvenne il 23 giugno 2011 con l’approvazione del Kanishka Project una “researched more effective policies and tools to counter terrorism and violent extremism in Canada”5. Il progetto governativo esplorava e approfondiva alcune tematiche legate al modus operandi degli islamisti, la loro provenienza e tutti i fenomeni che portavano alla radicalizzazione. Nessun ambito doveva essere trascurato, compreso quello del rapporto tra azioni intimidatorie e reazione dell’opinione pubblica.

Due anni dopo, il 9 febbraio 2012, il Ministro canadese per la Sicurezza Pubblica, The Honourable Vic Towes, rese pubbliche le nuove misure controterrorismo trascritte nel Building Resilience Against Terrorism: Canada’s Counterterrorism Strategy o meglio conosciuto come “The Strategy”. I soggetti principali di questo provvedimento erano i terroristi islamisti, ma anche il terrorismo tout court inclusi i separatisti (Front de Libération du Quebec FLQ), quello di estrema destra, ma soprattutto il terrorismo di matrice internazionale che colpiva gli interessi del Canada all’interno ed all’esterno del paese.

Tra i vari obiettivi prefissati dal governo, il più importante riguardava l’ottimizzazione dell’impiego delle forze dell’ordine attraverso un lavoro concreto che coinvolgesse ogni settore dello Stato. Questa era un’operazione particolarmente impegnativa poiché non dobbiamo dimenticare che il Canada è uno stato Federale suddiviso in dieci province, tre territori e diverse municipalità. In più, vi era una presa di coscienza generale su quella che era la vera minaccia dei terroristi i quali usavano il Canada sia come obiettivo, sia come base di partenza per compiere attentati in ogni parte del mondo6.

The Strategy si articola su quattro azioni differenti: Prevent, Detect, Deny, and Respond.

Prima di spiegare ogni singolo punto dobbiamo tenere conto di alcuni principi fondamentali che regolano la lotta alla criminalità in Canada, di qualsiasi tipo essa sia. Lo stato canadese si fonda su principi democratici e l’impiego della forza è regolato dalle normative di legge in vigore le quali si basano sul rispetto dei principi di libertà individuale e i diritti umani. Contrariamente alla tesi sostenuta da Lorne Sossin il governo canadese si è sempre preoccupato di non scuotere l’opinione pubblica adottando misure troppo invasive nei confronti dei suoi cittadini. Già alcuni anni prima del 2012, David Charters e Wesley Wark sottolinearono l’importanza dell’intelligence specificando come “intelligence as our first line of defence against terrorism. […] Measures are required to further raise the profile of intelligence in the federal government, to increase the centralization and coordination on intelligence work”7. La lotta contro il terrorismo può effettivamente enfatizzare il ruolo dei servizi segreti rispetto quello della polizia. In questo senso i punti della “The Strategy” delimitano i confini delle competenze di ciascun organismo creando un metodo comune e una condivisione di informazioni tra la polizia (Low policing) e l’intelligence (High policing).

Il primo step si occupa della prevenzione così da “diminish the factors contributing to terrorism by actively engaging with individuals, communities and international partners”8. Gli episodi più recenti hanno dimostrato come il martirio di uno shahid piuttosto che i raid assassini di un commando pronti a colpire nascano all’interno delle comunità musulmane e non sempre attraverso le moschee. Marc Sageman li ha definiti la “Third Wave”: “these groups are autonomous and unknow to al Qaeda Central. These new groups must finance their own operations”9. Il programma studiato dalle autorità canadesi prevede il coordinamento di un lavoro di gruppo tra le autorità di sicurezza e le varie comunità musulmane attraverso delle Tavole Rotonde “focuses primarly on building partnerships with group and individuals in Canadian communities”10. Contemporaneamente alle attività svolte dalla polizia e del CSIS esistono due programmi di anti radicalizzazione che in Canada stanno ottenendo qualche successo. Il primo è stato progettato da Muhammed Robert Heft il quale “helped many youth who have turned towards radicalization and brought them away from that destructive state”11. Il secondo è stato sviluppato da Sayyid Ahmed Amiruddin e si basa “on a method of psycho-spiritual rehabilitation therapy that developed based on the Sufi approach”12.

Il secondo passo della strategia contro terrorismo è quella del “Detect” che ha come baricentro un accurato lavoro di investigazione e di intelligence. In teoria il lavoro di “low policing” svolto dalla RCMP potrebbe in qualche modo scontrarsi con i metodi seguiti dalle agenzie di Intelligence (High policing). Per evitare ogni attrito è davvero importante che le informazioni vengano condivise a vari livelli e con più soggetti possibili. Ad esempio sono coinvolti, oltre la polizia e il servizio segreto, il Dipartimento delle Finanze con il programma FINTRAC13 il quale “contributes to the prevention and deterrence of terrorist financing”14.

Il terzo step è il “Deny” vale a dire impedire ai terroristi di colpire i canadesi e gli interessi del Canada nel mondo. Il campo di indagine e cooperazione viene dunque esteso agli altri paesi alleati grazie ad una condivisione globale delle informazioni. Il DFAIT (Department of Foreign Affairs and International Trade) è il principale responsabile di questo coordinamento che “includes, for example, leading bilateral security consultations on counter-terrorism issue with a range of security partners”15. In questo senso il governo canadese ha attuato una serie di restrizioni nelle pratiche di accesso al paese, grazie a controlli sempre più capillari delle persone in entrata effettuati dagli agenti del Canadian Border Services Agency (CSBA) in collaborazione con le autorità americane.

L’ultimo punto della strategia è il “Respond” rivolto principalmente a minimizzare gli effetti che il terrorismo ha tra la popolazione. Il principale obiettivo di un attacco terroristico è quello di diffondere insicurezza, ansia e paura tra la popolazione minando il rapporto di fiducia tra popolazione e governo. Dopo aver subito un attacco terroristico, il governo canadese ha dunque compreso la necessità di limitarne l’impatto intervenendo con gli strumenti più opportuni.

La chiave di successo per un’azione efficace del governo è il coinvolgimento a più livelli delle autorità governative, ma soprattutto degli enti privati. L’elaborazione della strategia canadese è avvenuta sull’onda di quello che in Inghilterra hanno chiamato CONTEST il quale include quattro elementi chiave: Pursue, Prevent, Protect and Prepare16. Prima del 9/11 il Canada considerava il terrorismo come una problema dai risvolti internazionali, tuttavia la GWOT dichiarata dal Presidente americano George Bush e il coinvolgimento dell’esercito ha modificato la visione secondo la quale lo stato nordamericano “is often see as a fireproofhouse”17. La nascita dello Stato Islamico è il massiccio reclutamento di guerriglieri in ogni parte del mondo ha posto l’accento sulla delicata questione dei foreign fighter e il loro ritorno in patria: “the need to address the threat these extremist travellers pose both to home countries and to the countries to which theu travel has become more pressing with their partecipation in conflicts such as Syria, Somalia, Iraq and Afghanistan”18.

In questo particolare contesto, ll Criminal Intelligence Service of Canada gioca un ruolo fondamentale: dal 1970 – anno in cui è nato – il CISC ha allargato notevolmente le sue competenze grazie anche alla creazione dell’Automated Criminal Intelligence Information System “one of the world’s first police computer networks. The CISC gathers raw data and specific intelligence and pools it for further refinement and analysis”19. L’uso esagerato dell’intelligence come strumento di investigazione porta spesso a dei risultati negativi, soprattutto se inserito in una politica di cooperazione con la popolazione20. Al fine di evitare inutili tensioni è indispensabile l’interazione tra la polizia e la comunità con il successivo passaggio di informazioni ai livelli più alti. La Royal Canadian Mounted Police (RCMP) ha organizzato delle esercitazioni congiunte “in which community members are given the opportunity to take on the role of the police conducting a terrorism investigation”21. In questo modo la popolazione ha potuto rendersi conto di come lavorano le agenzie di sicurezza canadesi verificando in prima persona le regole di trasparenza da loro adottate.

Analisi

Se esaminiamo il database che raccoglie i dati sugli attentati terroristici nel mondo notiamo come il Canada non abbia sofferto troppo l’aggressione degli islamisti. Negli ultimi anni il governo canadese ha comunque aumentato le misure precauzionali, soprattutto dopo quanto accaduto in Europa e per fronteggiare il pericoloso fenomeno dei foreign fighters. Nel settembre 2014 il governo canadese ha stanziato 15 milioni di dollari per implementare le misure di sicurezza nei confronti degli estremisti canadesi che sceglievano di combattere con l’ISIS. A livello legislativo, nell’aprile del 2013, il governo approvò il Bill S-7 the Combating Terrorism Act il quale “contains provisions for investigative hearings and preventative arrests in circumstances where a terrorism offence is under investigation”22. Il processo di de-radicalizzazione si allinea alle strategie internazionali con la creazione di programmi ad hoc che si inseriscono direttamente nel tessuto sociale delle diverse comunità islamiche nel paese. Nel 2007 la RCMP pubblicò un interessante report - “Words Make Words” - nel quale spiegava che “the most succesful strategy against Al Qaida-type extremism in the long term was rooted in the use of “alternative narratives”23.

Siria, Iraq sono le destinazioni principali degli jihadisti canadesi le cui origini, spesse volte, non hanno nulla a che fare con il paese di destinazione. Diversamente la Somalia, paese in cui militano i terroristi di al-Shabab, richiama diversi canadesi di origine somala24. I punti critici per i canadesi continuano ad essere all’estero, tuttavia i provvedimenti presi dal governo e le sue politiche di polizia sono destinate a raccogliere buoni risultati.

 

1 - “In late 2000 the Canadian government charged two men from British Columbia in the Flight 182 bombing – cleric Ajaib Singh Bagri and businessman Ripudaman Singh Malik”. P. Chalk, Air India Flight 182 bombing, in Encyclopedia of Terrorism, ed. Peter Chalk (Santa Barbara CA: ABC CLIO, 2013), 14-15.

2 - The Views of Canadian Scholars on the Impact of the Anti-terrorism Act, University of Ottawa, Department of Criminology, March 31, 2004, 1.

3 - Ibidem.

4 - Ibidem, 9.

5 - Terrance S. Carter-Nancy E. Claridge, “Canada’s Counter-Terrorism Strategy targets environmentalism”, Anti-Terrorism & Charity Law Alert, 31, (2010): 2.

URL: http://www.carters.ca/pub/alert/ATCLA/ATCLA31.pdf

6 - “First, Canada has been and will continue to be a target of terrorists. Second, Canadian citizens and permanent residents are known to have been involved in terrorist activities or associated with international terrorist groups. Third, terrorist may try to use Canada as a base to finance, support or conduct attacks against other countries”. Government of Canada, Building Resilence Against Terrorism, (2013): 10.

7 - The Views of Canadian Scholars, 17.

8 - Building Resilence, 15.

9 - Marc Sageman, Leaderless Jihad. Terror Networks in the Twenty-First Century (Philadelphia: University Press, 2008), 140.

10 - Building Resilence, 16.

11 - Wagdy Loza, “The Need for Effective Intervention Programs to Prevent Islamic Extremists and Terrorism Recruitment in Western Countries with Special Emphasis on Canada, The Mackenzie Institute. Security Matters, 2015, 4. URL: http://mackenzieinstitute.com/need-effective-intervention-programs-preve...

12 - Ibidem.

13 - Financial Transaction and Reports Analysis Centre.

14 - “The primary Government of Canada collection organization are CSIS, the Communications Security Establishment Canada (CSEC) and the RCMP. […] CSEC acquires and provides foreign signals intelligence (SIGINT) in accordance with the Government’s Itelligence priorities and provides technical and operational support to law enforcement and security intelligence agencies”. Building Resilence, 18.

15 - Ibidem, 22.

16 - “CONTEST. The United Kingdom’s Strategy for Countering Terrorism”, (London: TSO Publishing, 2011), 10. URL: https://www.gov.uk/government/uploads/system/uploads/attachment_data/fil...

17 - “Confronting Complex Challanges. Hybrid Warfare. Canadian Armed Forces Reserves. Conventional Military Capabilities”, The Mackenzie Institute Security Matters, Spring 2016, 16.

18 - “2014 Public Report on the Terrorist Threat to Canada”, 2014, 3. URL: https://www.publicsafety.gc.ca/cnt/rsrcs/pblctns/2014-pblc-rpr-trrrst-th...

19 - “A Revolution in Canada’s Cops”, The Mackenzie Institute. Security Matters, 2015, 2. URL: http://mackenzieinstitute.com/a-revolution-in-canadas-cops/

20 - “The term “intelligence” may have negative connotations in society or among certain communities. This is more likely to be the case where police are belived to have acted inappropriately in the past”. “Preventing Terrorism and Countering Violent Extremism and Radicalization that Lead to Terrorism: A Community-Policing Approach”,OSCE Organization for Security and Co-operation in Europe, 2014, 83. URL: http://www.osce.org/atu/111438

21 - After the briefing, partecipants are divided into smaller teams and, with a facilitator, begin their investigation. Each team is given a police officer’s notebook and instructed to keep an accurate notes. A series of inputs are provided, and the investigators are required to make decisions based on the information provided to them in their briefings”. Ibidem, 99.

22 - Justine Hall, “Canadian Foreign Fighters and ISIS”, (Major Research Paper, University of Ottawa, 2015), 32.

23 - Ibidem, 52.

24 - Christopher Anzalone, “Canadian Foreign Fighters in Iraq and Syria”, CTC Sentinel, vol. 8, Issue 4, April 2015. 

(foto: Government of Canada)