Il conflitto Usa-Iran e l’uccisione del generale al Soleimani

28/01/20

Perché tutto questo clamore nei confronti della crisi Usa-Iran? La maggior parte degli uomini e sovvenzionamenti del terrorismo internazionale arrivano dall’Arabia Saudita, dai musulmani integralisti del Nord Africa e da alcuni paesi del Est Europa che forniscono contractors. Contrariamente a quello che si pensa non è l'Iran che fomenta il terrorismo e nemmeno l'Iraq. Tuttalpiù in questi ultimi due paesi si parla di patriottismo.

L’Iran, tramite il generale Soleimani, è scesa in campo con uomini e mezzi per aiutare a sconfiggere la presenza dell'Isis sul territorio iracheno-siriano, viste le note difficoltà in cui versavano. L'operazione è sostanzialmente riuscita e questo ha generato la catalizzazione dell'influenza del generale in Iraq e non solo.

A seguito di questi fatti l'Iran ha registrato una crescita costante della sua influenza e presenza politico-militare nell'area, perché Teheran è sempre attenta ad ostacolare e ad arginare l'influenza geopolitica espressa dagli Usa, Arabia Saudita ed Israele.

Visto il quadro d'insieme sovraesposto, nel caso specifico dell'attentato al generale Soleimani l'origine di tale azione si colloca nel tempo. Nel 2017 l'intelligence, tramite il direttore della Cia Michael “Mike” Richard Pompeo, ha messo in guardia Qasem Soleimani dall'interferire con gli interessi Usa in Iraq e sulle questioni interne a Baghdad.

Tale avvertimento non è stato ascoltato e successivamente l'Iran ha portato avanti con più vigore una politica di penetrazione del potere interno iracheno che le ha permesso di avere il controllo politico e militare. Il generale è arrivato al punto di poter dare l'assenso alle nomine delle cariche verticistiche del governo iracheno. Qualsiasi attività, dunque, veniva passata al vaglio da Soleimani, il quale dava l'assenso o il diniego alle nomine dei politici sia sciiti, sia sunniti. In questa maniera i politici iracheni che aspiravano al potere sono scesi a patti col generale, traghettando così la sovranità piena dell'Iraq ad una sovranità limitata in quanto controllata da Teheran.

Il generale, abile tessitore politico, ha concentrato nel tempo un potere enorme nelle sue mani. È indubbio che la sua opera fosse quella di curare gli interessi e l'immagine dell'Iran.

Verso la metà del 2019 l'America ha inviato una portaerei nel Golfo Persico. Lo scopo di tale manovra è ancora oscuro, anche se alcuni pensano sia stato un avvertimento all'Iran, mentre altri pensano sia stata preparatoria all'attentato a Soleimani.

Come diretta conseguenza della presenza della portaerei, il 25 ottobre 2019 la maggior parte del popolo iracheno, si parla a livello di geografia politica di nove regioni su diciotto, ha manifestato il suo dissenso all'Iran e il ritorno alla piena sovranità irachena. Tale opposizione si è trasformata in una battaglia politica che ha portato ad una repressione con circa 650 morti. Ad oggi il dissenso è ancora in atto.

I movimenti interni all'Iraq, per ristabilire la sovranità politica, hanno generato interesse e apprensione in alcuni paesi per il rischio di una escalation di instabilità. In questo specifico caso i più preoccupati sarebbero gli Usa ed Israele. È notorio che la presenza dell'intelligence israeliana sia ben radicata sul territorio. Il Mossad è molto attivo nei territori dell'area. Non potrebbe essere altrimenti, visto e considerato che il piccolo stato di Israele si trova a dover monitorare attentamente ogni foglia che si muove al fine di evitare delle escalation che potrebbero intaccare la sicurezza di Tel Aviv.

Questa è la ragione dell'eccezionale dinamismo del Mossad che naturalmente non si muove da solo ma scambia informazioni con il suo più potente alleato americano: la Cia.

Una procedura tipica della politica estera israeliana è quella di agire con operazioni mirate cercando di trarre il massimo profitto politico senza iniziare una guerra di tipo classico. Un esempio lampante è stato il primo attacco aereo israeliano in Iraq - durante la guerra iracheno-iraniana - distruggendo un reattore nucleare costruito dei tedeschi nel 1981.

Perché Soleimani è stato ucciso solo adesso quando era nella lista nera degli americani da quindici anni?

La risposta più plausibile, anche corroborata dal pensiero dell'opinione pubblica irachena, è che Soleimani avesse avallato incautamente l'attacco all'ambasciata Usa a Baghdad. Questa operazione avrebbe messo Soleimani oltre un punto di non ritorno. La linea rossa è stata oltrepassata e sono partiti i missili.

L'America non poteva, visto il precedente storico, lasciar perdere ed è dovuta intervenire in maniera decisa a monito di tutto il Medio Oriente. Il giorno dopo la morte del generale, tutti i paesi si sono dissociati dall'intervento autorizzato da Trump, eccetto Israele e in Italia solo l'ex ministro Salvini.

Non si entra nel merito della liceità o meno di tale operazione, perché è una questione che ogni Stato vede in maniera diversa e in questo caso vengono rilevati dei fatti.

C'è un particolare importante sull'attentato: la platealità dello stesso. Perché dunque si è arrivati al lancio di missili...?! Soleimani era convinto di avere un controllo assoluto del territorio e dell'opinione pubblica locale e manifestava, evidentemente, moltissima fiducia nei suoi apparati d'intelligence (umana e tecnologica): gli unici che potevano anticipare gli eventi. La prova di ciò è che si muoveva con una scorta ridottissima e senza particolarissimi accorgimenti.

Con i due missili Trump ha creato uno shock all'Iran e soprattutto alle strutture preposte all'intelligence e alla sicurezza dimostrando che può colpire chi vuole, dove vuole e quando vuole. Una delle possibili ragioni potrebbe essere proprio questa, perché al di là dell'immediata reazione con il lancio di missili alle basi militari e la manifestazione di sgomento da parte di una parte del popolo iracheno e iraniano, lo dimostra la presenza di milioni di persone al suo funerale e le immediate dichiarazioni del governo Iraniano sulle azioni future nei confronti degli Usa, dopo pochi giorni da Teheran ammorbidivano i toni lasciando delle aperture per dialogare col nemico giurato.

Come viene vista l'Italia in questo rischio? Non viene assolutamente vista! Perché in Iraq il popolo sente maggiormente la presenza politica di Francia, Germania e Inghilterra.

Le comunicazioni che girano sui vari media danno sempre più peso ai tre paesi citati. L'Italia non vi figura quasi mai.

Dr. Khaleel Albazooni.
analista geopolitico, militare

Foto: U.S. Army / U.S. Navy / IRNA