Corea del Nord: una riflessione sulla realtà delle punizioni inflitte dal regime di Kim Jong-un

(di Gloria Piedinovi)
26/06/19

Di alcuni Paesi non se ne parla per decenni. Poi, per una qualche ragione, iniziano a calamitare l’attenzione mediatica di mezzo mondo, come nel caso della Corea del Nord.

I due summit del giugno 2018 a Singapore e del febbraio 2019 ad Hanoi tra Kim Jong-un e Donald Trump su tematiche legate al disarmo e alla denuclearizzazione della penisola coreana, hanno fatto sì che si accendessero i riflettori non solo sui temi di portata internazionale appena citati, ma anche sulla politica interna attuata dal regime di Pyongyang, espressione di uno stato totalitario di stampo socialista. Kim Jong-un, Supremo Maresciallo della Corea del Nord, è ormai il simbolo di un regime rinomato per esercitare un totale controllo fisico e psicologico sul proprio popolo, nel quale ogni forma di dissenso o di deviazione dalla dottrina politica e comportamentale è repressa e punita.

Basti pensare che in seguito al vertice di Hanoi del febbraio scorso sono circolate voci su una serie di esecuzioni sommarie ordinate dal Supremo Maresciallo verso alcuni alti funzionari della sua delegazione in Vietnam, colpevoli, stando a quanto riportato, di aver condotto trattative fallimentari con la delegazione statunitense. In particolare, molto scalpore ha destato la notizia dell’uccisione di Kim Hyok-chol, inviato speciale di Kim Jong-un per il negoziato nucleare.

Si è parlato anche di un’interprete che è stata incarcerata per aver danneggiato l’immagine del Supremo Maresciallo commettendo un errore di traduzione. Da Pyongyang non sono giunte né conferme né smentite; tuttavia, pochi giorni dopo Kim Hyok-chol è apparso al fianco del suo leader in un’occasione pubblica, mostrando dunque l’infondatezza delle voci che lo dichiaravano giustiziato.

A questo punto, vale la pena chiedersi da quali fonti siano giunte le notizie della sua uccisione e delle altre dure punizioni inflitte ai funzionari della delegazione. La risposta riconduce al quotidiano sudcoreano Chosun Ilbo, sulle cui pagine già in passato erano apparse notizie di esecuzioni ordinate da Kim ai danni di membri del suo stesso entourage, poi smentite da apparizioni pubbliche degli stessi interessati. Va inoltre aggiunto che spesso il giornale collega tali notizie a fonti anonime.

Parallelamente, ha fatto il giro del mondo la testimonianza di Shin Dong-huyk, l’unico nordcoreano fuggito da uno dei campi di rieducazione nel quale vengono rinchiusi i dissidenti politici e tutti coloro che sono sospettati di non osservare strettamente le regole del regime o di non mostrare un’adeguata devozione verso il loro leader. Shin, nato nel campo di internamento di Kaechon nel 1982 e fuggito nel 2005, ha raccontato la vita all’interno di queste strutture: reclusione, torture, esecuzioni periodiche alle quali tutti i detenuti sono chiamati ad assistere come monito e deterrente ad ogni pensiero di ribellione, unite all’obbligo di denunciare chiunque sia sospettato di pianificare una fuga o un atto eversivo. Nel 2015 Shin ha in parte ritrattato la sua testimonianza, dichiarando di aver modificato alcuni dettagli per creare un distacco con il suo passato e non essere costretto a rivivere momenti particolarmente difficili.

Tra notizie e smentite, testimonianze poi ritrattate, silenzi alternati a dichiarazioni mendaci da parte di Pyongyang, è inevitabile porsi la seconda domanda: quanto c’è di vero nell’immagine di spietatezza, crudeltà ed intolleranza cui è associato il regime di Kim Jong-un?

Ritengo che per poter dare una risposta sia necessario operare una distinzione, ossia suddividere le punizioni in due categorie: da un lato, quelle che Kim ordinerebbe verso i funzionari che lo hanno deluso; dall’altro, la funzione dei campi di rieducazione, in cui centinaia di cittadini nordcoreani sono rinchiusi in condizioni disumane.

Nel primo caso, si può in una certa misura mettere in discussione la veridicità delle notizie emesse dalla stampa (soprattutto) sudcoreana circa l’abitudine di Kim di epurare il suo entourage dai funzionari che in qualche modo non ritiene all’altezza di difendere gli interessi della Corea del Nord. Viste le periodiche ricomparse in pubblico di membri considerati giustiziati, è verosimile che la fama di crudeltà del regime, unita all’aggressività esplicitata soprattutto con i test nucleari, faccia il gioco di coloro ai quali la politica di Pyongyang è invisa, prima fra tutti la Corea del Sud.

Lo stesso non può dirsi nel secondo caso: i campi di internamento esistono, e sono una realtà che non può essere ignorata. Le foto riprese dai satelliti consentono di individuarne chiaramente almeno sei, benché Pyongyang ne abbia negato ripetutamente l’esistenza. Sebbene alcuni dettagli della testimonianza di Shin Dong-huyk siano stati ritrattati, ciò che si racconta accada in queste “strutture rieducative” è la più bassa espressione di un regime che non ha alcuna idea di ciò che significhi la nozione di rispetto dei diritti umani.

In questo scenario, il mondo ha assistito alle strette di mano e ai sorrisi tra Kim e Trump. Non è questa la sede per operare una valutazione sui (pochi) risultati concreti raggiunti nei due vertici. Ciò che colpisce è piuttosto il fatto che un dittatore spietato a capo di un regime considerato criminale dal mondo intero sia stato trattato alla pari da un leader che rappresenta un Paese che, almeno nelle intenzioni, si è sempre dichiarato libero e democratico.

Su quanto Kim sia realmente propenso a punire con pene capitali anche i suoi fedelissimi si può concedere il beneficio del dubbio; tuttavia, appare impossibile negare che mentre il Supremo Maresciallo si crogiolava sotto la luce dei riflettori, nei suoi campi di internamento si trovano centinaia di nordcoreani, colpevoli o sospettati di non essersi conformati totalmente al modus vivendi e al pensiero imposto dal regime, e condannati ad una vita di reclusione e lavori forzati.

Fonti

Per le informazioni generali vari siti internet e il libro di Federico Rampini “Quando inizia la nostra storia”.

Per il racconto sulle esecuzioni ordinate da Kim verso gli alti funzionari:

Per la testimonianza di Shin Dong-huyk:

​Foto: The White House / Google earth