Come la demografia ha decretato l'esito della Guerra Civile Siriana (parte 1)

(di Andrea Gaspardo)
18/03/20

Uno degli aspetti più caratteristici della Siria sul quale gran parte dei commentatori sia nel mondo occidentale che in quello arabo hanno voluto maggiormente sbizzarrirsi sin dall'inizio della Guerra Civile Siriana (a volte con risvolti assolutamente grotteschi) è stato la sua demografia, con particolare enfasi sugli aspetti di carattere comunitaristico e settario. In genere, la maggior parte dei commentatori politici e degli pseudo-analisti ha approcciato le problematiche demografiche siriane con una notevole approssimazione, quando non con una vera e propria dose di sadismo, in genere utilizzando i percentili relativi alle varie comunità che da sempre convivono (e, a volte, si scontrano) in quel paese come impropri strumenti a supporto della “necessità politica” che il destino del paese sia segnato da una spartizione lungo linee di frattura etno-religioso-comunitarie, processo che dovrebbe così creare numerosi staterelli. Tale approssimativa teoria non regge ad uno sguardo approfondito sulla storia demografica della Siria una volta correttamente interpretata in un'ottica di transizione. Prima di fare questo però, è necessario introdurre un discorso più generale per capire l'importanza dello strumento demografico e la cautela che bisogna avere nell'utilizzarlo.

Per molti, la demografia è poco più di un'incolore sfilata di numeri necessaria dal punto di vista statistico ma incapace di interpretare la complessità della società e, per la lentezza con la quale i fenomeni demografici evolvono, nemmeno troppo rilevante ai fini politici o economici, per non dire elettorali. Per altri, le vicende demografiche indicano la strada che l'umanità sta percorrendo, sintomi di un insostenibile crescita o di un inesorabile declino. Entrambe costituiscono visioni affrettate che colgono solo gli aspetti superficiali dei fenomeni demografici, isolati dal loro contesto. L'andamento demografico va infatti interpretato su tre piani diversi ma connessi.

  • Il primo e più evidente è quello “macro”. L'insieme degli individui influenza la produzione ed il consumo, il riparto delle risorse, il rapporto con il territorio e l'impatto ambientale.
  • Il secondo piano è quello “micro”: i fenomeni demografici (nascite, morti, unioni, divorzi, migrazioni, ecc...) sono anche frutto di scelte e comportamenti individuali, e come tali sono sintomo di propensioni, di scelte e di situazioni di vita che hanno conseguenze di lungo periodo.
  • Il terzo piano, riguarda la “qualità” della popolazione: i fenomeni demografici sono infatti componenti fondamentali di quello che in economia si definisce “capitale umano”. Per esempio: la bassa mortalità è sinonimo di miglior salute, mentre la capacità di unirsi e riprodursi, di aggregarsi e di spostarsi, sono conseguenze sia di condizionamenti che di libere scelte individuali.

A ben vedere, l'importanza che la demografia riveste in campo economico venne efficacemente descritta dall'economista inglese John Maynard Keynes in un discorso del 1937 alla Eugenics Society: “Una popolazione crescente ha un'importante influenza sulla domanda di capitale. Non solo la domanda di capitale aumenta, al netto del progresso tecnico e del miglioramento delle condizioni di vita, in approssimativa proporzione alla popolazione. Ma poiché le aspettative degli imprenditori si fondano più sulla situazione attuale che su quella futura, un'era di popolazione crescente tende a promuovere l'ottimismo, dato che la domanda tenderà a superare le aspettative, piuttosto che deluderle. Ma in un'era di popolazione declinate, avviene invece il contrario. La domanda tende a deludere le aspettative e una situazione di eccesso d'offerta è difficile da correggere, sicché si può determinare un'atmosfera di pessimismo. Il primo effetto del cambiamento da una popolazione crescente a una declinante può essere disastroso”. Leggendo questi appunti si capisce come il declino della popolazione avrebbe un effetto comparabile a quello della deflazione: un rinvio degli acquisti da parte dei consumatori, un conseguente calo degli investimenti da parte delle imprese, un cedimento della domanda, l'arresto o l'inversione del segno di crescita.

Ai nostri fini però, dobbiamo aggiungere un'ulteriore elemento che, a partire dalla demografia, ci porta a sconfinare parzialmente nell'antropologia. Come aveva giustamente notato Aristotele, filosofo greco vissuto nel IV secolo a.C., gli esseri umani sono animali sociali e tendono a traslare a livello politico-statuale la prassi ed i valori mutuati al livello più basso della scala gerarchica della collettività organizzata: la famiglia. Questo punto è di fondamentale importanza perché ci permette di toccare il pilastro fondamentale della nostra teoria dell'analisi geopolitica comparata: l'impatto che i sistemi famiglia hanno sull'organizzazione e lo sviluppo a 360 gradi delle entità politiche sia in una prospettiva storica che di sviluppo odierno e futuro. Nonostante tale ipotesi di analisi possa a prima vista presentare un grado eccessivo di complessità, studi approfonditi portati avanti in ambito francese hanno dimostrato che, con la dovuta approssimazione del caso, l'organizzazione a livello micro delle società umane può essere ricondotta ad 8 tipologie famigliari:

-la famiglia comunitaria esogama: la più diffusa a livello globale, presente in Cina, nell'India del nord, in Russia e nei territori dell'ex-impero sovietico, in diverse zone dell'Europa, soprattutto orientale e a Cuba;

-la famiglia comunitaria endogama: diffusa in tutto il mondo islamico medio-orientale e nordafricano;

-la famiglia comunitaria asimmetrica: tipica dell'India centrale e meridionale;

-la famiglia autoritaria: caratteristica del Giappone, della penisola coreana e dei paesi europei a cultura germanica, ma non solo;

-la famiglia nucleare egualitaria: prevalente nei paesi a retaggio greco e latino sia sul continente europeo che in quello americano così come nell'area dell'acrocoro etiopico;

-la famiglia nucleare assoluta: prevalente in Danimarca, Paesi Bassi e in tutti i paesi a cultura bianca anglosassone;

-la famiglia anomina: presente nella zona himalayana, nello Sri Lanka, in tutti i territori del sud-est asiatico fino alla Nuova Guinea e, in forma residuale, tra le popolazioni indigene dell'America Latina, in particolare nell'area andina;

-i sistemi africani: caratteristici del continente africano al di sotto del Sahara con la notevole eccezione dell'Etiopia e della popolazione bianca del Sudafrica.

La presenza di diversi sistemi famigliari condiziona grandemente sia i popoli che i paesi e contribuisce a plasmare le civiltà così come i sistemi politici, filosofici, economici e sociali. Non è un caso che il continente europeo (ed in particolare la Francia e l'Italia), che ospita al suo interno popoli caratterizzati da ben 4 delle sopra citate tipologie famigliari (famiglia comunitaria esogama, famiglia autoritaria, famiglia nucleare egualitaria e famiglia nucleare assoluta) sia stato quello che, negli ultimi 2000 anni di Storia, abbia sperimentato la più intensa vivacità dal punto di vista dello sviluppo umano in tutti i campi. A conclusione di questo ampio excursus teorico, procederemo ora a testare il nostro strumento di analisi sulla Siria per capire quale ruolo la demografia abbia avuto sullo scoppi della Guerra Civile Siriana e come ne abbia infine condizionato gli esiti.

(continua)

Foto: Giorgio Bianchi