Cina: visione strategica di una (quasi) superpotenza

(di Antonio Vecchio)
02/03/18

Se quello in corso non è ancora il secolo cinese come alcuni sostengono, poco ci manca. Basti dare uno sguardo alla carta geografica per avere un’idea chiara della postura che il Dragone ha assunto nello scacchiere internazionale.

La Cina, a differenza degli USA non è mai stata una potenza marittima e durante la sua storia millenaria si è sempre premunita di avere ai propri confini Stati “clientes”, proprio come Roma.

In tal modo, fornendo legittimità e garantendo l’appartenenza al sistema sino centrico, riceveva in cambio sicurezza e protezione per i suoi vasti territori confinali.

I tempi sono cambiati, ma non la capacità dell’Impero di Mezzo di adattarsi alle sfide del presente.

Oggi, la Cina ha sostituito il sistema di Stati cuscinetto con una fitta rete di infrastrutture viarie, terrestri e marittime, ricreando quella che un tempo veniva chiamata “via della seta”. Un’opera faraonica, che attraversa ben tre continenti: nel complesso 65 Paesi, equivalenti al 70% della popolazione del pianeta, al 75% delle riserve energetiche mondiali ed al 55% del PIL globale. 

Un sistema immenso di strade, ferrovie, percorsi marittimi, canali, in tutto o in parte da costruire ex novo, che costituirà il framework commerciale cinese del futuro prossimo, il sistema attraverso cui le merci di Pechino raggiungeranno i mercati mondiali, consentendo al gigante cinese, nel contempo, ampio accesso alle risorse energetiche di cui ha disperatamente bisogno per alimentare la sua “fabbrica del mondo”.

Il “cantiere cinese” è il prodotto di un immenso investimento globale, per sostenere il quale Pechino ha costituito l’Asian Infrastructure Investment Bank, con in cassa 1,4 trilioni di dollari da spendere nei prossimi anni.

Un investimento globale condotto secondo una particolare procedura denominata “filo di perle”, che comporta investimenti progressivi – (economici, di natura infrastrutturale ma anche di tipo politico-diplomatico) – per realizzare successive porzioni, terrestri e marittime, della “silk road”.

La via della seta terrestre si sviluppa anche su una direttrice ferroviaria lunga più di 11.000 km, che da Chanquimh giunge a Duisburg, la città tedesca che ospita il più importante porto fluviale europeo, e che permette già da ora – (è stata inaugurata il 29 marzo 2014) – di ridurre da 36 a 16 i giorni di viaggio delle merci tra i due continenti.

Quella marittima invece prevede il coinvolgimento cinese in numerosi porti dell’Asia, Africa e dell’Europa. Tra questi, il porto di Gwadar in Pakistan che si affaccia sul golfo di Oman, poco distante dallo stretto di Hormuz attraverso cui transita il 60% delle petrolio mondiale; quello di Gibuti, in Africa, dove Pechino dispone di una base militare permanente; quelli di Atene (direttrice balcanica) e del Cairo (Canale di Suez) nel Mediterraneo.

Venezia sarà il terminale della via della seta marittima, la porta verso l’Europa occidentale e orientale (il progetto comprende la realizzazione nella laguna di un nuovo sistema portuale off-shore, in grado di movimentare 6 milioni di container all'anno, pari al 60% del volume complessivo di merci movimentate da tutti i porti italiani nel 2013).

È inoltre in fase di avanzata progettazione la costruzione ex novo di canali alternativi a quelli esistenti. A sud di Managua, in Nicaragua, inizieranno a breve i lavori per la costruzione di un secondo canale (dopo quello di Panama), mentre in Thailandia, un nuovo canale (di Kro) dovrebbe consentire di bypassare lo stretto di Malacca, dal quale transitano verso l’Europa tutte le merci destinate ai mercati occidentali.

Un progetto di realizzazioni infrastrutturali immenso, frutto di una rara capacità di immaginare il futuro, emersa anche nel “China dream”, il programma di riforme approvato nel 2015 dal presidente Xi Jinping, che definisce la futura postura strategica della Cina.

Il “China dream” si sviluppa in due fasi: la prima prevede la realizzazione di una società “moderatamente prospera” entro il 2021, centenario della costituzione del Partito Comunista Cinese; la seconda, nel 2049, cento anni dopo la fondazione del Repubblica Popolare Cinese, fissa il “consolidamento di una moderna società socialista forte, prospera, democratica, culturalmente avanzata e democratica”.

Visione strategica e capacità di pianificazione di certo non mancano alla dirigenza cinese.

Il tempo ci dirà se i problemi derivanti da una economia da tempo in fase di rallentamento, poco rivolta ai consumi interni, ed il trend demografico in forte calo (la società cinese sta invecchiando velocemente) consentiranno a Pechino di realizzare in tutto o in parte il suo disegno globale.

(foto: Ministry of National Defense of the People's Republic of China)