In caso di invasione dell’Ucraina

(di David Rossi)
24/01/22

“La superiorità organizzativa, economica, di mezzi e di addestramento delle forze russe è tale che l’Ucraina sarebbe costretta alla resa o a subire una vera e propria debellatio prima dell’estate, se attaccata a febbraio”. Un lettore - per altro stimatissimo - ha attaccato bottone col sottoscritto per quasi un’ora per dimostrarmi questo assioma. Peccato che questa perfetta teoria abbia un peccato originale gravissimo: non tiene conto del contesto, che cioè due forze armate e nemmeno due sistemi-paese non si affronteranno nel vuoto cosmico, ma in un territorio vasto due volte l’Italia dove la comunità russofona - della cui vicinanza ideale con Mosca dubitiamo in modo motivato - rappresenta meno del 20% dei residenti.

Finisce sempre in un assedio…

Partiamo osservando come nelle guerre combattute in Europa, dal 1991 a oggi, abbiamo sempre assistito a un enorme squilibrio di forze fra l’aggressore e l’aggredito: l’armata iugoslava -seconda nell’Europa continentale solo alla Francia - contro la Bosnia-Erzegovina del tutto priva di un esercito, la Serbia-Montenegro contro il Kosovo - difeso solo dai suoi partigiani -mujahedin, una robusta potenza regionale1 come la Federazione russa contro Stati mignon come la Moldava e la Georgia che insieme non raggiungono il 5% della popolazione russa e hanno meno dell’1% del budget militare di Mosca. Tuttavia, che il più forte - anche quando molto più forte - riesca sempre e comunque a prevalere è un paradigma falsificato dalla Storia, che per molti di noi nati prima del 2000 è solo il consolidamento della cronaca.

Per fare un esempio, i Serbi di Bosnia - col sostegno fattivo di Belgrado - allungarono le mani su due terzi del territorio bosniaco, ma dovettero chiudere in sacche e, in definitiva, mettere sotto assedio quasi tutte le città non abitate esclusivamente dal loro gruppo etnico. Ricordiamo i tragici casi di Dubrovnik/Ragusa (quarantamila abitanti, stretta nella morsa di Karadzic e del gen. Mladic nel 1992 per otto mesi), Mostar (centomila abitanti, assediata per nove mesi nel 1993) e Sarajevo (duecentomila abitanti, assediata per 1.425 giorni dall'aprile 1992 al febbraio 1996), costati decine di migliaia di morti e centinaia di migliaia di feriti e mutilati. Per stringere d’assedio la sola Sarajevo fu necessario impiegare un sesto delle forze armate di terra della Repubblica Popolare di Jugoslavia. Alle fine, dopo tanto sforzo, persero pure la guerra…

Mamma, ho trovato una metropoli!

Il contesto - in un possibile conflitto russo-ucraino - è costituto da un reticolo di città e dai loro abitanti che - solo ad essere molto ignoranti e presuntuosi - si può supporre che attendano i Russi come liberatori e che rappresentino tanti potenziali Donbass.

A venti chilometri dalla frontiera con l’Ucraina, l’armata russa attaccante troverà subito il…cinghialone, vale a dire Kharkiv (foto), ex capitale e seconda città più popolosa della nazione ucraina, con due milioni di abitanti - dieci volte Sarajevo, per capirsi - e un’area metropolitana estesa per 350 chilometri quadrati, vale a dire il doppio di quella di Milano e quasi tre volte quella della capitale bosniaca. Oltre il 55% degli abitanti di Kharkiv parlano ucraino come prima lingua, mentre i russofoni -poco più del 40% - sono per la stragrande maggioranza ben integrati e non si rivoltarono contro l’Ucraina nemmeno durante la caotica primavera del 2014. Inoltre, merita una menzione particolare il fatto che il 2% dei residenti sono etnicamente ebrei, il che comporta una speciale attenzione da parte di Israele. Non ci immaginiamo Gerusalemme disattenta in caso di bombardamenti o altro…

La devi assediare, non c’è verso…

Certamente, puoi chiudere Kharkiv in una sacca, puntando solo ad avanzare verso il Dnepr e decidere di occupartene dopo, ma non è saggio da fare: oltre ad allungare pericolosamente le linee di rifornimento, ti lasci alle spalle un enorme buco nero, su cui Kiev e l’occidente possono agevolmente riversare aiuti, combattenti e armamenti, ma soprattutto costruire il mito della "città martire". Quindi, o gli abitanti di Kharkiv ti accolgono sventolando fazzoletti e bandiere tricolore russe - cosa probabile come l’elezione di un papa donna - oppure sei nei guai fino al collo, perché sarai costretto a impiegare una parte consistente delle forze per stringere in una morsa l’ex capitale ucraina e il suo enorme territorio.

A proposito di territorio, Kharkiv non è un blocco di cemento costruito da Stalin e non si trova in un deserto. Non è un blocco di cemento perché è una città d’arte e di cultura e una delle maggiori città universitarie d’Europa, con decine di migliaia di studenti dai cinque continenti, ha due celebri cattedrali (la Dormizione e l’Annunciazione) e una serie di importanti musei e teatri. Può Putin pensare di raderla al suolo impunemente come ha fatto con Grozny, in Cecenia? Poi, la città e l’area metropolitana di Kharkiv non sono certamente una cattedrale nel deserto: tutto attorno sorgono, infatti, numerosi centri con una popolazione variabile fra i 20 e i 50 mila abitanti, per capirsi della taglia di Mostar e Dubrovnik, che non puoi chiudere in tante piccole sacche ma che devi, ci mancherebbe altro, prendere con le buone o con le cattive.

Infine, anche ipotizzando che con l’aiuto delle forze speciali i Russi riescano a occupare edifici strategici nel centro di Kharkiv, la città andrà comunque sottomessa e normalizzata, il ché potrà richiedere - lo ricordo: due milioni di abitanti! – il grosso delle forze attualmente dislocate attorno alle frontiere ucraine, oltre a un bagno di sangue enorme. Mantenendo le proporzioni col caso di Sarajevo, potremmo immaginare oltre centomila morti, di cui un quinto o un sesto fra gli uomini in divisa, i mercenari e il personale degli occupanti russi. Tutto questo, per fare trenta chilometri all’interno del territorio ucraino e occupare una città simbolo!

Il carissimo prezzo della presa di Kharkiv

Quanto tempo potrebbe durare l’assedio di Kharkiv? Beh, mettiamola così: dipenderà dalla fretta che avranno i Russi di togliersi di mezzo quella sacca e quelle circa due milioni di persone ostili, poste alle spalle delle loro forze di terra.

Se anche le sanzioni degli occidentali saranno sopportabili nel caso di un mero attraversamento della frontiera, gli effetti collaterali della campagna di conquista e sottomissione dell’ex capitale ucraina costringeranno gli Europei - forzati dallo Zio Sam - a imporre la sanzione più drastica contro la Federazione russa: il blocco del transito e del commercio di gas e altri idrocarburi verso l’Europa, sostituendoli con quello di Qatar, Canada e degli stessi Stati Uniti. Parliamo di due terzi dell’export, del principale settore di impiego e della prima fonte di valute pregiate della Russia.

E dopo Kharkiv?

Il resto dell’invasione, una volta presa l’ex capitale ucraina, sarà una passeggiata? Niente affatto: quello che abbiamo visto è solo l’antipasto, anche se già di durata indefinita e con una mortalità fra i militari russi superiore a dieci anni di invasione sovietica dell’Afghanistan. A parte la relativa facilità dell’avanzata nelle campagne disabitante, ogni città di una certa importanza comporterà gli stessi rischi e costi di Kharkiv e richiederà uno sforzo proporzionato.

Una volta arrivati a Kiev, si troveranno davanti una città con una superficie, un’orografia e un numero di residenti paragonabili a quelli di Roma (oltre a tanti importanti siti UNESCO che faranno sembrare ogni offensiva un’operazione dell’ISIS a Palmira) e, per prenderla, dovranno metter in campo una forza e aspettarsi costi di dimensioni almeno triple rispetto a quanto fatto per conquistare Kharkiv.

Andando a ovest del Dnepr, prendere il controllo di ogni centro abitato farà sembrare l’enorme e disumano bagno di sangue di Kharkiv e quello ancora più spaventoso e devastante di Kiev un giro in bici per un parco pubblico a Zurigo: parafrasando i dispacci degli ufficiali tedeschi dal fronte di Stalingrado, potremmo dire che l’armata russa - combattendo casa per casa - dovrà impiegare centinaia di truppe in un giorno solo per la conquista… del salotto di una villetta e sperare di dilagare… fra la cucina e le camere da letto nella giornata successiva. Poi, arrivati nelle città al di qua e al di là dei Carpazi, fra Leopoli, Uzhhorod, Ternopil e Ivano-Frankivsk, potranno solo usare il “metodo Katyn” per domare le popolazioni ribelli: un colpo alla testa e giù dentro una fossa comune.

Ma il peggio deve ancora arrivare…

Se tutto questo vi pare spaventoso, considerate, in conclusione, che la guerra russo-ucraina sarà il primo caso di invasione di un Paese che ha rinunciato alle armi nucleari - una gran brutta scelta! - e che è dotato di centrali a energia atomica. Una fra queste si trova a Zaporizhzhia, non lontano dalla Crimea occupata e dalla prevedibile ondata di attacco russo dal Sud ed è la più grande d’Europa. Vi lascio con questa immagine: le forze dei due Paesi intente a combattere fra reattori e depositi di plutonio Zaporizhzhia o a Kiev o magari attorno al sarcofago di Chernobyl…

1 Nel senso di potenza dell’Eurasia

Foto: MoD Ukraine / Dmitry Sleduk