Artico Made in China

(di Francesco Bergamo)
08/08/16

L'incredibile crescita economica ed industriale della Cina degli ultimi anni fa sì che il gigante asiatico si muova alla ricerca di quanto possa servire a mantenere il trend produttivo. La costante ricerca a garantirsi l'accesso alle materie prime, vitali per la sua economia, porta Pechino ad investimenti strategici. 

Dal 2013 la Cina è diventata osservatore permanente del Consiglio Artico e attorno all'Artico sta cercando alleanze commerciali con gli stati confinanti, come ad esempio l'accordo di libero scambio con l'Islanda.

Pechino ha la seria intenzione di monitorare l'area e aumentare la sua influenza nel breve periodo sull'Artico, visto l'aumento degli investimenti economici a tal riguardo, facendo in modo che non ci siano interferenze negative da parte degli Stati costieri. È significativo inoltre che il sistema Cina stia già cercando di operare per entrare nell'area metallifera groenlandese puntando così ad avere quantità sempre maggiori di ferro, rame e uranio importanti per la costruzione dei prodotti high-tech per il settore della difesa e civile.

Secondo uno studio della U.S. Geological Survey, l'Artico avrebbe nelle sue viscere qualcosa come il 13% del petrolio mondiale, il 20% di Gnl (gas naturale liquefatto) e il 30% delle risorse di gas, nonché titanio, carbone, cromo, rame, manganese, tungsteno, nichel, zinco, oro e argento. Tutte  per l'84% in acque offshore.

Nel medio-lungo temine l'impegno della Cina potrebbe causare una certa perdita economica agli Stati che storicamente hanno interessi in quell'area geografica e non per nulla il Ddis (Danish Defence Intelligence Service) sta già monitorando con estrema attenzione lo sviluppo di tale scenario. 

Secondo il rapporto China Prepares for an ice-free Arctic di Linda Jakobson (leggi) del Sipri (Stockholm International Peace Research Institute) la Cina starebbe perseguendo una pianificazione seria per transitare quanto prima nell'area artica. Pechino sta iniziando a guardare la regione artica con sempre maggiore interesse, anche se non è ancora la priorità assoluta della sua classe dirigente.

L'Artico è importante sia per quanto sta sotto sia per le rotte di navigazione: a pieno regime di navigazione la Cina, attraverso il passaggio a Nord-Est della Russia, avrebbe un percorso più breve di 6400 km, equivalenti a 15 giorni di navigazione, e meno costoso verso il Nord Europa pur considerando alcuni costi aggiuntivi come le particolari navi adatte alla navigazione artica. La nuova rotta non avrebbe più il problema del fenomeno della pirateria tra Suez e Malacca.
L'ipotetico scenario, una volta realizzato, sarebbe interessante per Pechino perché i trasporti via mare, il 70% del totale cinese, sarebbero ripartiti su due importati rotte, mettendo anche in sicurezza la nazione dalla possibile chiusura tramite blocco navale, in caso di guerra o tensioni diplomatiche, dell'unica rotta attualmente usata.

Altro fattore importante tenuto in considerazione per l'ampliamento della rotta al Nord è il fatto che, per via dello scioglimento dei ghiacci, la navigazione sarebbe continua per 12 mesi contro 5 attuali (da luglio a novembre). Solo nel 2015 Russia, Cina, Olanda e Svezia hanno trasportato merce sulla rotta artica per 1.35ML tonnellate; ma il primo ministro russo Dmitry Medvedev ha previsto di arrivare entro il 2030 a 80ML di tonnellate. Un aumento così forte della rotta in questione darà alla Cina un ulteriore notevole impulso ai suoi commerci.

Il presidente Xi Jinping ha dato una potente spinta alla politica estera e alla Difesa. L'obiettivo è quello di avere più peso a livello internazionale, ma questo comporterà per forza di cose il coinvolgimento delle FFAA cinesi negli scenari esteri con vere e proprie operazioni militari di supporto.

Il generale Han Xudong nel suo Closely watched dispute over Arctic sovereignty, scritto nel 2008, ha ipotizzato di non poter escludere l'uso della forza nell'Artico. Da quanto rilevato, attualmente Pechino ha già dato il via alla prima fase aumentando le iniziative di marketing e propaganda politica verso l'estero per avere maggior visibilità. Sarà comunque interessante vedere la eventuali critiche, da parte della Comunità internazionale, a seguito della latitanza di Pechino dal rispetto delle norme internazionali. Le attuali operazioni politico-economiche cinesi stanno creando delle frizioni con l'area sottoposta all'influenza americana.

Nell'ottica del medio-lungo periodo Pechino avrà un ruolo sempre più dominante nel commercio regionale. È chiaro, dunque, che le nazioni limitrofe al gigante asiatico vadano a controbilanciare la sua crescita con la ricerca della protezione militare degli Usa. La Cina per far pendere la bilancia della supremazia regionale punta ad espandere la sua presenza nel Mar Cinese con la creazione di una flotta sempre più forte, avveniristica e supportata da vere e proprie isole artificiali.

(foto: U.S. Navy)