Stefano Mainetti: La politica musicale nazista e l’influenza del culto wagneriano

Stefano Mainetti
Ed. Musa Comunicazione, Roma 2014
pagg. 99

L’autore, compositore e direttore d’orchestra, percorrendo il tragitto della “musica degenerata” durante il nazismo, arriva ad esporre un sua valutazione sull’influenza che Richard Wagner avrebbe avuto sull’ideologia nazista, specie in rapporto al feroce antisemitismo hitleriano.

“Nella vita sociale e politica tedesca del primo dopoguerra la musica ebbe un ruolo preminente e fu, per svariati motivi, un punto nodale della propaganda nazista.” La repressione sistematica del pensiero musicale iniziò, nel 1938, con la mostra “Musica degenerata”. Con questo termine si intendevano “la musica atonale, le espressioni istintive di razze inferiori, come per esempio la musica jazz, le opere di compositori ebrei o slavi” che, essendo il frutto di menti deviate, rappresentavano una minaccia.

Con la legge del maggio 1938, relativa al sequestro di opere che avevano ricevuto l’etichetta di “Arte degenerata”, molti artisti decisero di emigrare. Il maestro Wilhelm Furtwängler, considerato uno dei più grandi direttori del XX secolo, ebbe tra i suoi più grandi estimatori il Führer e pertanto riuscì a rimanere al proprio posto, garantendo il mantenimento del posto, tra i Berliner Philarmoniker, anche ad alcuni suoi orchestrali ebrei.

Quella del maestro Furtwängler fu, però, un’eccezione, ma “fu anche grazie a queste eccezioni che la propaganda nazista cercò di presentarsi agli osservatori stranieri sotto un profilo migliore.”

Il processo di “arianizzazione” della musica, invece, non conobbe eccezioni. Hitler, infatti “amava la musica, purchè fosse ariana”. E poiché tra i più celebri compositori e librettisti c’erano troppi ebrei, i nazisti sostituirono “libretti interi, cambiando orchestrazioni e strumentazioni di partiture celeberrime.” Furono censurate Le nozze di Figaro, Don Giovanni e Così fan tutte, in quanto opere composte sui libretti dall’ebreo Lorenzo Da Ponte. Furono revisionati il Requiem di Mozart e le cantate di Bach, come anche La battaglia di Legnano di Giuseppe Verdi e il Gugliellmo Tell di Gioacchino Rossini.

La musica fu protagonista anche nei lager dove si formavano vere e proprie orchestre e dove, “sfruttando l’amore per la musica dei nazisti, molti musicisti ebrei professionisti e non, riuscirono a salvarsi la vita.”

Ma fu la musica di Wagner quella di cui Hitler si infatuò, tant’è vero che “per suo volere gli attacchi degli aerei tedeschi erano accompagnati dalla Cavalcata delle Valchirie e l’ouverture di Rienzi marcava spesso l’inizio di cerimonie e congressi. Tutti i funerali di stato erano accompagnati dalle note della morte di Sigfrido dal Crepuscolo degli dei.”

Al popolo tedesco e ai gerarchi del regime, però, piaceva il melodramma italiano o quello francese. Era solo Hitler ad avere un amore viscerale per Wagner. “I suoi gerarchi […] erano terrorizzati dalla prospettiva di dover passare ore e ore immobili a seguire un’opera di Richard Wagner, e questo accadeva a ogni congresso o ricorrenza ufficiale.”

Buona parte degli eredi di Wagner approvò l’operato di Hitler, condividendone le folli teorie “quando questi era ancora un giovane esaltato, molto prima che diventasse capo del Terzo Reich.”

Ma il capostipite, Richard Wagner, morto nel 1883, “può essere realmente considerato il padre spirituale di Hitler, come questi sosteneva? La risposta può essere affermativa, ma esclusivamente nel senso che Wagner venne strumentalizzato a posteriori, da Hitler, pro domo sua.”

Fu, però, con Winifred, la moglie del figlio di Wagner, che cominciò la connivenza tra il nazismo e la famiglia Wagner: “è qui che nasce il collegamento tra la musica di Wagner e l’ideologia nazista, quindi non è colpa di Wagner. […] Limitare la figura di Wagner a quello che i nazisti pensavano di lui, è storicamente scorretto, e anche questa è l’ennesima violenza che il regime nazista ha commesso sulla cultura,non solo germanica.”

“Quella ideata da Adolf Hitler fu un’operazione a tavolino, una pura astrazione al fine propagandistico di eleggere Wagner a quel superuomo di natura nietzschiana di cui il dittatore aveva bisogno. Stravolgendo il significato dei miti della Tetralogia e manipolando abilmente quelle debolezze proprie del genere umano che il compositore aveva trattato nelle sue opere, Hitler si appropriò della bellezza, della potenza e dell’universalità della musica di Wagner, per soggiogare le masse e per vendere loro un messaggio tutto suo di cui Richard Wagner non può assolutamente essere ritenuto responsabile.”

Gianlorenzo Capano