Pur non avendo mai negato di aver avuto un “imprinting” figlio di quell’ideologia politica che ha dominato per mezzo secolo la sua Emilia, Luciano Ligabue si è sempre distinto da tutti quegli altri artisti che, al soldo di una certa bandiera, ne facevano propaganda alle “Feste dell’Unità” radunando lì decine di migliaia di persone da far diventare elettori.
Il “Liga” non ha mai proposto temi garibaldini (populisti ed esplicitamente politicizzati) con ritornelli tipo “bomba o non bomba noi arriveremo a Roma”, ma si è sempre limitato a descrivere in modo introspettivo ed individuale la vita della gente comune, appartenente ad anonimi paesini dispersi nella nebbia mediopadana. Per dirla in parole povere, il Liga descrive la vita delle api operaie che costruiscono l’alveare, o se preferite (spero non dal punto di vista alimentare, vista la nuova moda a cui ci vogliono portare) delle formichine del formicaio.
Una realtà fatta di lavoratori onesti che fanno sacrifici, che hanno sogni destinati a rimanere tali e che a volte si trovano osteggiati da una vita che non li ripaga né per i suddetti sacrifici, né per l’onestà, men che mai per l’impegno. Anzi, a volte si accanisce in modo gratuito e severo.
Ligabue si è quindi sempre limitato a descrivere l’esistenza di quelle persone che sanno trasferire, in ciò che producono, un’anima viva che è l’ingrediente segreto del “Made in Italy” apprezzato nel mondo.
A differenza di altri autori, Luciano non ti porta mai alla conclusione che se sposi un’ideologia politica troverai la soluzione dei tuoi problemi e un futuro di successo. In questo film, il messaggio che passa, è che sei sempre e solo tu l’artefice della tua vita, anche quando la società non ti dà più alcuna speranza o possibilità. Devi saper creare il tuo habitat ideale con i mezzi di cui disponi, facendoti forza solo di te stesso, con i tuoi valori e capacità, alimentandoti delle energie dall’interno della tua esistenza individuale (fatta di sentimenti e piccole cose concrete silenziosamente presenti nella nostra quotidianità).
Altri autori portano alla conclusione che, nonostante l’apparenza, esistono motivi di speranza nella società. In “Made in Italy” non se ne fa nemmeno menzione. Anzi, riguardo all’”environment” che ospita la vita dei protagonisti non mancano pesanti “stoccate” e riferimenti allo stato in cui ci siamo ridotti. Ma bisogna essere molto attenti ai dettagli, per saperli cogliere e apprezzare questo film. Per esempio un telegiornale che fa da sfondo ad una conversazione, in cui il cronista riferisce che la corruzione in Italia è seconda solo alla Bulgaria. Oppure una grande industria ridotta ad un rudere che fa da location per un divertentissimo matrimonio. Oppure ancora un giornalista che cerca di far passare un ben preciso messaggio. Ma ci fermiamo qui per non togliere il gusto di vedere il film.
Per chi aveva già ascoltato il disco o la storia di “Riko”, il suo protagonida spiegata dallo stesso autore in varie interviste a cui anche la televisione di stato ha dato ampio spazio perfino in prima serata, c’è la sorpresa di trovare un film che non segue la stessa trama del disco omonimo, che a questo punto ne diventa colonna sonora in minima parte.
Per chi ha già visto in precedenza altri film di Luciano Ligabue, “Made in Italy” diventa complementare a “Niente paura”, anche se in veste di film “vero” e con una trama artisticamente evoluta. “Niente paura” era infatti un “docufilm” fatto dalla lettura degli articoli della prima parte della Costituzione italiana che unita a testimonianze e opinioni di personaggi noti portava in primo piano la dimensione sociopolitica della nostra Costituzione e faceva meditare sulla trasformazione dei valori legati all'identità del nostro paese.
Considerando che “Made in Italy” ha impegnato il suo autore sin dall’estate del 2016, dispiace che tale impegno non abbia permesso di essere anticipato da una rivisitazione “Niente paura” proprio quando il nostro paese ha rischiato di vedere storpiata proprio quella magnifica carta costituzionale.
Ma anche questo fa parte dello stile di questo artista, che pur essendo capace di ottenere numeri incredibili di condivisione, non si pone mai ad essere un predicatore. Nemmeno con questo film che arriva alla vigilia di un’altra importante chiamata alle urne.
Andrea Troncone