Bruno Cianci: Le navi della mezzaluna. La marina dell’impero ottomano (1299-1923)

Bruno Cianci
Ed. Odoya, Bologna 2015
pagg.391

L’autore, giornalista e storico, con dovizia di particolari descrive, in questo corposo saggio - la cui stesura ha richiesto sette anni di lavoro - la storia della marina ottomana. “Pur discendendo da un popolo inequivocabilmente di terra, gli ottomani poterono contare su una tradizione navale plurisecolare, sviluppata nell’ambito dell’impero turco che aveva dominato l’Anatolia prima dell’avvento di Osman e della sua progenie: i Selgiuchidi,” (dinastia che cadde nel XIII secolo, dando così spazio agli ottomani) che, per proteggere dai predoni la costa occidentale dell’Anatolia, capolinea della Via della Seta, sentirono l’esigenza, sia commerciale che militare, di armare navi.

La conquista di Costantinopoli, del 1453, avvenne con una flotta di circa cento/centodieci unità da guerra di vario tonnellaggio, per un totale di truppe che andava dagli 80.000 ai 160.000 uomini, e con una parte delle navi che, per ordine del sultano Mehemet II, fu trasportata via terra per aggirare la cinta fortificata della colonia genovese di Galata. Una marina, quella di Mehemet II, impiegata come forza ausiliaria all’esercito di terra e costituita da caicchi, fuste, galeotte e galee.

Con la salita al trono di Beyazit II, avvenuta nel 1481 alla morte di Mehemet II, ci fu un forte sviluppo della marina da guerra., con l’adozione di galee sempre più grandi, che portò al declino di Venezia nel Levante, rendendo gli ottomani padroni incontrastati delle Grecia continentale e dell’Albania “rendendo anacronistico il mito dell’invincibilità cristiana sul mare”.

Nel XVI secolo, dove “la cultura e la sapienza turca e islamica si fusero con il Rinascimento delle corti europee” ci fu anche lo sviluppo della cartografia. Al 1513 risale la carta dell’oceano Atlantico di Piri Reis, che è anche il più antico documento turco su cui figura il continente americano. Ma il XVI secolo vide anche le imprese dei due corsari, i fratelli Oruç e Hizir Barbarossa, e l’ascesa al trono, alla morte di Selim, del sultano Solimano il Magnifico che, con la conquista di Rodi, ottenne la sicurezza delle rotte e dei commerci nel Levante”Fatta eccezione di Cipro, per la quale Venezia pagava un salato tributo annuo, il Mediterraneo divenne così un lago ottomano a tutti gli effetti.”

Nominato comandante in capo della marina ottomana, Hizir Barbarossa (suo fratello era morto in combattimento), signore di Algeri, dedicandosi all’allestimento della flotta, “diventò nel corso degli anni un esperto a tutto tondo di raddobbo, di manutenzione e di architettura navale.”  Sulle coste italiane e spagnole, attaccate da pirati e corsari barbareschi, iniziarono a spuntare torri d’avvistamento mentre Carlo V ingaggiò l’ammiraglio Andrea Doria per contrastare la flotta ottomana. Un contrasto non sempre determinato, quello di Andrea Doria, forse perché Carlo V era interessato più a indebolire la forza navale della Repubblica di San Marco che a battere i turchi. L’avversione comune verso Carlo V di Francia e Spagna, invece, favorì la nascita, nel 1543, dell’empia alleanza tra Francesco I e Solimano il Magnifico, alleanza che permise al Barbarossa di avere, per alcuni anni, a sua disposizione, la base navale di Tolone. Tre anni dopo, il 4 luglio 1546, Barbarossa morì a causa di una violenta dissenteria. La sua eredità fu raccolta, successivamente, dal famoso Dragut, protagonista,nel 1565, dell’assedio di Malta, che gli costò la vita.

Un anno importante fu il 1571 dove gli ottomani, pur ottenendo l’isola di Cipro, obiettivo principale della guerra a Venezia, ne uscirono sostanzialmente sconfitti, a causa della battaglia di Lepanto avvenuta il 7 ottobre. Subito dopo però, sotto la guida di Uluç Alì Reis – rinnegato calabrese – nominato kapudan paşa, fu organizzata, in pochi mesi la rinascita della flotta ottomana. A causa del fallimento dell’assedio di Malta e del disastro di Lepanto, “il XVI secolo si chiuse con una sostanziale battuta d’arresto per la vocazione espansionistica dell’impero ottomano che “cessò di interessarsi alla metà occidentale del Mediterraneo e ne lasciò il controllo alle reggenze della Barberia”, vale a dire quelle di Algeri, Tunisi e Tripoli,che basavano la loro economia soprattutto sull’attività di corsa e che “si erano già ritagliate un certo grado di autonomia da Istanbul, pur continuando a fare formalmente parte dell’impero ottomano.”

Con il XVII secolo ci fu l’affermazione dei galeoni sulle galee. Nel XVIII secolo si disputò, nel luglio 1718, l’ultima battaglia navale tra ottomani e veneziani presso capo Tenaro (Matapan). Con la pace di Passarowitz del 21 luglio 1718 iniziò il declino della Serenissima - unico stato italiano non sottoposto al dominio spagnolo - che “dal 1718 al 1797, anno della sua caduta per mano di Napoleone, non fu più coinvolta in conflitti di rilievo.” Da allora, per gli ottomani, il nuovo nemico fu rappresentato dalla flotta dello Zar. Il desiderio principale di Pietro I Romanov (1672-1725), detto il Grande, fu quello di costituire una potente marina da guerra e di conquistarsi degli sbocchi sui quali farla operare. L’accesso russo al mar Baltico, infatti, era precluso dalla Svezia mentre “il mar Nero e il mar d’Azov erano altrettanto inaccessibili, essendo saldamente in mano agli ottomani oppure ai khanati loro vassalli.” Pertanto la ricerca di uno sbocco verso i mari meridionali portò a contrasti tra Istanbul e Mosca dal 1695 in avanti, contrasti dovuti anche al fatto che “Istanbul, la Costantinopoli dei cristiani ortodossi, era vista dai russi come una città da restituire, presto o tardi, alla cristianità.”

Il primo storico successo russo sui turchi si ebbe il 28 luglio 1696 con la conquista di Azov. Dal 1739 al 1769 ci fu un periodo di pace tra Russia e ottomani, periodo contraddistinto inoltre da una specie di letargo della marina ottomana che gli fece perdere terreno rispetto alla marina russa. La pace fu interrotta dalla battaglia di Çeşme dove, il 7 luglio 1770, con l’annientamento quasi totale della flotta, le perdita di 12.000 cannoni e la morte di 7.000 turchi, si consumò la più immane tragedia nella storia della marina ottomana, dopo Lepanto. Gli effetti di questo disastro “costrinsero gli ottomani a un rinnovamento che investì non soltanto la sfera militare, ma anche quella amministrativa, burocratica, fiscale”, rinnovamento che, per la marina, avvenne con il contributo di nazioni straniere, quali la Francia e la Svezia, e che riguardò le costruzioni navali, i cantieri e l’istruzione del personale. Nei galeoni scomparvero i castelli di poppa e di prua, mentre si ricorse al rame per il rivestimento degli scafi. Nonostante, però, questi sforzi compiuti dal sultano Selim III, “il declino della marina ottomana iniziato a Lepanto, tamponato a più riprese e riemerso in tutta la sua drammaticità nella rada di Çeşme, non poteva dirsi arrestato.”

La battaglia di Navarino - maggiore base turca nel Peloponneso - combattuta il 20 ottobre 1827 e dove la flotta di una coalizione franco-russo-inglese debellò quella ottomana, fu drammatica per l’impero turco in quanto accelerò la perdita della Grecia – sancita il 21 luglio 1832 con il trattato di Costantinopoli – e produsse una fattura profonda tra l’Egitto e Istanbul. Intanto il sultano decise di dare impulso alla costruzione di navi a vapore al posto della vela e, successivamente, nel 1852, all’introduzione dell’elica come mezzo di propulsione al posto delle ruote a pale.

Dopo la catastrofe di Sinope (1853) e dopo la guerra di Crimea (1854-1856) gli scafi in legno furono definitivamente dismessi e furono introdotte le corazzature in metallo, molto più idonee a resistere alle granate sparate dai cannoni di nuova generazione. Tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo due furono le principali innovazioni introdotte in campo navale: un nuovo tipo di nave militare, il cacciatorpediniere e una nuova arma, il siluro. Il 16 gennaio 1878 la nave a vapore turca Intibah fu la prima nave affondata in un’azione di guerra da parte di un siluro autonomo.

Si arrivò alla Grande guerra dove, delle quaranta navi che la marina turca aveva, otto erano cacciatorpediniere. Alla fine della Grande guerra “dieci milioni di persone non c’erano più, così come quattro gloriosi imperi: ottomano, tedesco, austro-ungarico e russo.”

Il 29 ottobre 1923 fu istituita formalmente la Repubblica di Turchia, con a capo Mustafà Kemal, il quale assunse il nome di Kemal Atatürk (padre dei turchi), e che, con il trattato di Losanna del 24 luglio 1923 ottenne tra l‘altro, grazie al suo prestigio, di mantenere in essere una flotta da guerra.

Gianlorenzo Capano