Siria: possibile genocidio e rinascita del terrorismo

(di Giuseppe Morabito)
21/12/24

Dopo la caduta del regime siriano di Assad, l'emergere di una nuova “costellazione” di potere, nel territorio in passato riconosciuto come Siria, non solo rischia di diffondersi in tutta la regione, ma anche di causare una possibile presa di controllo regionale da parte della Turchia governata da Erdogan (a suo tempo definito quale un dittatore dall’ex presidente del consiglio italiano Draghi).

Questo è dimostrato sia dal sicuro coinvolgimento del governo turco quale uno dei principali sostenitori della milizia estremista Hayat Tahrir al-Sham (HTS) e di altri gruppi, attualmente guidati da Abu Mohammed Al Julani, sia dall’evidenza che Ankara non solo è stata in grado di rimuovere il regime di Assad, ma ha anche ridotto il potere russo nella regione. La strategia a lungo termine di Erdogan, quella di diventare una grande potenza regionale avrebbe fatto un significativo passo avanti. Al momento, funzionari governativi di alto livello e leader dei servizi di sicurezza turchi si aggirano a Damasco, Hama, Homs e Aleppo. Senza alcun dubbio, Al Julani, che ora usa il suo vero nome, Ahmed Al Sharaa, riceverà consigli o indicazioni dalla leadership turca (da alcune fonti è trapelato che lo stesso Al Juliani facesse parte del gruppo terroristico che ha organizzato il sanguinario attacco terroristico ai militari italiani a Nassiria-Iraq).

Negli ultimi anni, la Turchia ha sostenuto attivamente HTS e altre organizzazioni, in gran parte per contrastare possibili prese di potere da parte delle Forze democratiche siriane curde (SDF), un sodalizio di milizie curde e di altre milizie anti-Assad sostenute dall'Occidente, che detengono una posizione di potere nella Siria orientale, al confine con Turchia e Iraq, ma anche per eliminare le YPF (milizie curde) e i resti del PKK in Siria.

Mentre Ahmed Al Sharaa sta consolidando il suo potere a Damasco e cercando di istituire un nuovo governo, la Turchia è coinvolta a tutti i livelli. I funzionari della sicurezza turca sono a Damasco a parlare con le nuove autorità siriane. Ufficialmente, Ankara ha sfacciatamente negato qualsiasi coinvolgimento nel rovesciamento di Assad nelle ultime settimane ma sarebbe come credere che “gli asini possano volare”. Gli analisti, infatti, sono chiari sul fatto che senza il consenso e il sostegno turco, le operazioni offensive anti Assad non sarebbero state in grado di essere messe in atto. Ankara ha anche collaborato con l'HTS contro le unità dell’SDF per respingere le forze curde in Siria.

Nelle scorse ore Erdogan ha espresso la sua disponibilità ad aiutare Hayat Tahrir al Sham (HTS) a formare un nuovo sistema politico in Siria a ha aggiunto che la Turchia potrebbe offrire competenza e guida a questo scopo. Erdogan spinge i suoi delegati ad affermare che c’è la necessità di redigere una nuova costituzione siriana e a conferma delle sue mire ha deciso che il Ministro degli Esteri turco Hakan Fidan si recherà presto a Damasco per discutere la formazione di un nuovo stato siriano. Questa disponibilità giunge in concomitanza con le dichiarazioni di HTS che ha deciso di stabilire uno stato siriano centralizzato e unitario senza regioni autonome o federali per le minoranze, come drusi e curdi.

Non sorprende che le parole di Erdogan giungono nelle ore in cui si concretizza un’aggressione turca verso le Forze Democratiche Siriane (SDF) che fino ad ora sono state sostenute militarmente dagli Stati Uniti. Funzionari turchi hanno in questi giorni confermato che uno dei loro principali obiettivi in Siria quello di "eliminare" le SDF. La Turchia e l'Esercito Nazionale Siriano (SNA) sostenuto dalla Turchia hanno rafforzato la loro presenza militare immediatamente fuori dall’area controllata dalle SDF e non hanno nascosto che potrebbero attaccare per conquistare quel territorio. Un comandante militare dello SNA ha affermato il 20 dicembre che le sue Forze stavano combattendo contro i "partiti separatisti", riferendosi alle SDF. Il comandante delle SDF Mazloum Abdi il 10 dicembre ha affermato che voleva "entrare in un processo politico per il futuro" della Siria, ma non è chiaro quale ruolo avrebbe svolto se la Turchia avesse assunto un ruolo importante nella formazione di un nuovo stato siriano.

Il 20 dicembre le SDF e lo SNA hanno continuato a scontrarsi lungo le linee di controllo nella provincia di Aleppo. Sono stati confermati "feroci scontri" sul ponte Qere Qozaq, che attraversa il fiume Eufrate. Questo ponte e una diga a valle sono stati il luogo di continui combattimenti tra le SDF e lo SNA dal 9 dicembre.

Le SDF avevano originariamente preso il controllo di alcune città sottraendole al regime di Assad il 6 dicembre e hanno dichiarato che le loro forze si sono schierate il 19 dicembre per operare nelle città stesse contro gli elementi dello Stato islamico (ISIS) in Iraq e Siria e li hanno respinti. L'identità esatta di questi elementi anti-SDF non è chiara in questo momento ma va ricordato che Erdogan ha in passato arruolato nelle sue milizie un cospicuo numero di ex “tagliagole” in forza all’Isis.

Il comandante generale del comando centrale degli Stati Uniti (CENTCOM) Michael Krill ha affermato che l'ISIS intende sfruttare l'instabilità in Siria per far uscire 8.000 dei suoi combattenti dai centri di detenzione siriani. Questa dichiarazione arriva mentre fonti vicine all'ISIS criticavano la detenzione dei suoi combattenti in Siria. L'ISIS ha cercato a lungo di liberare le sue Forze dai centri di detenzione e i sostenitori dell'ISIS hanno sempre più suggerito online che la caduta di Bashar al Assad rappresentasse un'opportunità da sfruttare a tale scopo.

Esiste un precedente di gruppi salafiti-jihadisti che sfruttano l'instabilità politica, come ciò che sta accadendo in Siria, per ricostituire rapidamente le loro forze. Il predecessore dell'ISIS, al Qaeda in Iraq, si è rapidamente ricostituito liberando i combattenti dai centri di detenzione iracheni dopo il ritiro degli Stati Uniti dall'Iraq dal 2011 al 2014. I combattenti e i comandanti dell'ISIS detenuti nei centri di detenzione siriani rappresentano una considerevole forza combattente che sosterrebbe ulteriori operazioni in Iraq e Siria ( e c’è il pericolo che si spostino in altri continenti).

La missione anti-ISIS degli Stati Uniti si basa in modo importante sulle SDF come principale forza partner anti-ISIS in Siria. Gli attuali combattimenti SDF-SNA, come delineato precedentemente, avranno probabilmente un impatto sulla capacità delle SDF di eseguire questa missione. L'ISIS è probabilmente a conoscenza dell'attuale dinamica SDF-SNA e la vede come un'ulteriore opportunità che potrebbe sfruttare a proprio vantaggio. Il portavoce del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, Pat Ryder, ha affermato che gli Stati Uniti hanno aumentato la propria presenza in Siria da 900 a circa 2.000 unità e una delegazione statunitense guidata dal segretario di Stato assistente per gli affari del Vicino Oriente, Barbara Leaf, ha recentemente incontrato il leader dell'HTS Ahmed al Shara a Damasco e questa è la prima volta che i funzionari statunitensi hanno visitato Damasco in oltre un decennio.

Per quanto riguarda l’Iran, elementi filo governativi stanno cercando di giustificare a livello nazionale il sostegno iraniano durato anni a Bashar al Assad, minimizzando il fatto che la caduta di Assad segni una sconfitta strategica per Teheran. Il segretario del consiglio supremo per la Sicurezza nazionale iraniano Ahmadian ha affermato che l'Iran è intervenuto in Siria per combattere l'ISIS su richiesta di Assad ma, soprattutto, va ricordato che gli iraniani erano in Siria per minacciare gli Stati Uniti e Israele. L’Iran deve accettare l’evidenza che la caduta di Assad danneggia l'Asse della Resistenza, ma anche se sostiene che i gruppi terroristici di Hamas e l'Hezbollah sono autosufficienti e non hanno bisogno del sostegno iraniano per rimanere forti, appare fuori dubbio che tale affermazione non ha basi logiche e reali.

In conclusione, parlare di indeterminazione nella regione è quantomeno prudente. Chi nell’immediato rischia di più sono le popolazioni curde che potrebbero fare la fine degli armeni del Nagorno Karabak o addirittura peggio se si considera la situazione di impunità e la crudele sfrontatezza che guida Erdogan.

Si prospetterebbe un altro genocidio per mano turca e nel frattempo al mercatino di Natele di Magdeburgo… si riaffaccia il terrorismo "islamista" nel Vecchio Continente.

Foto: presidency of the republic of Turkiye