Salvini: dal dito medio alla questione Gregoretti. Ma siamo sicuri che il vero problema non sia la piattaforma Rousseau?

(di Avv. Marco Valerio Verni)
21/12/19

Mentre fa il giro dei social la fotografia di una ragazza che, in viaggio aereo accanto ad un Salvini dormiente, si scatta un selfie con il dito medio in bella mostra, suscitando l’ira del popolo leghista e l’ilarità di quello delle sardine (sul punto, il sottoscritto rimane cauto: d’altronde, parlando più in generale, tra la banana di Cattelan, e la sacrilega storpiatura blasfema della Madonna col bambino di Bellini, in cui la Vergine Marina è stata raffigurata con il volto di Pamela Mastropietro - la diciottenne romana violentata, uccisa, disarticolata, depezzata chirurgicamente, scuoiata, scarnificata, esanguata, asportata di tutti i suoi organi interni, lavata con la candeggina, messa in due trolley ed abbandonata sul ciglio della strada il 30 gennaio dello scorso anno in quel di Macerata - ed il piccolo Gesù con quello del carnefice della suddetta - il nigeriano Innocent Oseghale, condannato, per i suddetti fatti, all’ergastolo, sebbene ancora solo in primo grado - si è dimostrato fino alle estreme conseguenze l’ampia gamma di significati o rappresentazioni cui, in un senso o in un altro, può arrivare la mente umana), il capo politico del Movimento5Stelle, annuncia a Porta a Porta di voler votare per l’autorizzazione a procedere nei confronti del capo del Carroccio sul caso Gregoretti ("Noi a gennaio o febbraio di quest'anno - magari del prossimo, n.d.r. - saremo chiamati a riconoscere l'interesse pubblico prevalente a bloccare una nave: ma stiamo parlando di una nave bloccata a luglio quando gli altri paesi europei che venivano chiamati si offrivano per la redistribuzione dei migranti").

Facendolo, peraltro, a poche ore dal suo ritorno dalla Libia dove, in veste di ministro degli Esteri italiano, aveva incontrato al Sarraj ed Haftar, dimenticando, probabilmente, che i veri criminali erano e sono proprio quelli che, dalle coste libiche, partono indisturbati alla volta dello Stivale, favorendo la tratta esseri umani o il traffico di migranti, con tutto quello che ne consegue anche in termini di sicurezza1 interna al nostro Paese.

Ebbene, siccome la legge è - o dovrebbe essere uguale per tutti -, anche se sono innegabili, a volte, i dubbi legati al sistema che è chiamata a farla rispettare, una questione su cui pure occorrerebbe tornare a riflettere, proprio nell’interesse pubblico, è quella della piattaforma Rousseau.

Come noto, su di essa, punto di riferimento del Movimento5Stelle, ciascun suo iscritto può “esprimere le sue idee e sostenere le sfide in cui crede, proponendo disegni di legge, votando le leggi proposte dagli altri utenti” che ritiene “più utili o urgenti, e portando tematiche di interesse collettivo all’attenzione” dei relativi Portavoce2, in una sottile linea di confine tra la libertà dei partiti politici (cui è riconosciuta una struttura di tipo privatistico) di organizzare la propria vita interna, secondo regole che non devono certo sottostare al vaglio esterno di terze persone (incontrando esse, come unici limiti, naturalmente, quelli stabiliti dalla legge civile comune e dai divieti posti da quella penale, nei qual casi, certamente, il ricorso ad autorità esterne diventerebbe obbligato), ed il c.d. divieto del mandato imperativo (sancito dall’art. 67 della nostra Costituzione e che, per inciso, lo stesso Di Maio vorrebbe abolire) secondo cui “Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”.

Ebbene, proprio da essa, non a caso, dipende, in qualche modo, l’attuale esistenza del governo in carica e, dunque, in una ottica di coerenza e di doverosa critica, occorre tornare a porsi determinati quesiti, leciti e legittimi all’epoca, ed ancora di più oggi, alla luce delle dichiarazioni, più sopra accennate, del capo politico del movimento grillino.

Come si ricorderà, infatti, in data 3 settembre 2019, su questa piattaforma, si erano svolte le votazioni on-line al fine di ascoltare il pensiero della “base” del movimento in questione, in seguito alla crisi di Governo avvenuta nel nostro Paese in quelle settimane, con le successive consultazioni del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, volte a verificare la possibilità di formazione di una maggioranza alternativa, evitando così il ritorno anticipato alle urne.

La domanda sottoposta al vaglio dei relativi iscritti era stata: "Sei d'accordo che il MoVimento 5 Stelle faccia partire un Governo, insieme al Partito Democratico, presieduto da Giuseppe Conte?"3.

Di tale votazione, ne fu sottolineata non solo l’importanza ("Il Movimento 5 Stelle ha già vinto: il mondo intero attende il nostro voto e noi non rinunciamo alla partecipazione diretta"4), proprio dal capo politico del Movimento 5 Stelle, Luigi Di Maio, ma addirittura il suo carattere vincolante: sempre quest’ultimo, già in data 27 agosto 2019, ad esempio, aveva infatti affermato che “Alla fine di questo percorso ci sarà una proposta di progetto di governo che sarà stata condivisa tra le forze politiche che intendono entrare in maggioranza. Prima che venga sottoposta al Presidente della Repubblica, questa proposta sarà votata online su Rousseau dagli iscritti del Movimento 5 stelle. Solo se il voto sarà positivo la proposta di progetto di governo sarà supportata dal Movimento 5 stelle. Il voto dovrebbe avvenire entro la prossima settimana. Gli iscritti al Movimento 5 stelle hanno e avranno sempre l’ultima parola5.

Per poi tornare a dichiarare, all’esito delle stesse che "In meno di un mese si è risolta una crisi di governo attraverso un metodo diverso e non nelle segrete stanze"6.

Così le cose, emerge con evidenza, allora, che quanto deciso attraverso le votazioni on-line suddette, abbia esulato chiaramente dalla semplice vita interna del movimento politico in questione (da non sottovalutare, a tal proposito, le dichiarazioni proprio del primo ministro nuovamente incaricato, Giuseppe Conte, che, alla vigilia delle stesse, aveva arringato il popolo grillino chiamato ad esprimere la propria opinione sulla piattaforma in questione, dichiarando che "Non mi sfuggono le ragioni di perplessità, ma vi ricordo che il M5S ha detto in modo sempre chiaro che, se non avesse avuto la maggioranza, avrebbe lavorato con le forze disponibili a farlo portando avanti il programma. Vi dico di non tenere nel cassetto queste idee, questi sogni"7, con un chiaro intento di orientamento del voto) e sia andata, invece, ad interessare le sorti di una intera Nazione e che, di conseguenza, sia lecito l’interesse di un qualsiasi altro cittadino, interno o esterno allo stesso, o, addirittura, iscritto ad altro partito, a capire se le suddette (votazioni) si siano svolte secondo criteri di trasparenza e legalità. Proprio nel rispetto, anche, di quel pluralismo partitico, e quindi di interazione di pensiero tra appartenenti a schieramenti diversi, che costituisce certamente la linfa del metodo democratico.

Sulla trasparenza e legalità delle votazioni on-line del 3 settembre scorso

Già all’epoca erano stati diversi i dubbi sollecitati non solo da “semplici” attivisti del Movimento 5 Stelle, ma anche, ad esempio, da una sua stessa senatrice, Elena Fattori, che aveva evidenziato, tra diverse anomalie, anche che "ad alcuni che sono riusciti a votare ha chiesto l'sms di conferma dell'identità, ad altri no, rivelando quindi due livelli diversi di sicurezza per la determinazione dell'identità di cui non si capisce né l'origine né il motivo né le implicazioni", affermando inoltre che "C'è qualcosa da rivedere, la democrazia diretta è una cosa seria oggetto di studi approfonditi nelle Università ma che non può coincidere con uno strumento telematico per lo più discutibile nel suo funzionamento8. Dichiarazioni piuttosto importanti, che già di per sé stesse avrebbero dovuto allertare o, quantomeno, “incuriosire” qualche Procuratore della Repubblica, per le evidenti, potenziali, implicazioni sottese.

Piuttosto sintomatico di un generale malfunzionamento della piattaforma in questione al momento della votazione suddetta, era stato anche quanto accaduto all’ex senatore Giorgio Pizzol, per diverso tempo militante tra le fila del Partito Socialista italiano e poi del Partito Socialista Democratico italiano, avvicinatosi successivamente al Movimento 5 Stelle che, addirittura durante la diretta de “L’aria che tira”, trasmissione in onda sull’emittente televisiva “La7”, aveva mostrato la difficoltà nel poter votare il suo dissenso, avendo dovuto egli accedere alla piattaforma diverse volte, prima di vedersi accettato il suo voto.

La vicenda era stata poi ripresa da alcuni quotidiani, su cui si leggeva che “(…) Subito dopo, Pizzol davanti al suo computer ha mostrato la pagina di Rousseau dove si esprime la preferenza esclamando che per fortuna “non mi hanno ancora cacciato”. Una battuta polemica che ha fatto sorridere gli ospiti in studio e la conduttrice Myrta Merlino.

È a questo punto che qualcosa sulla piattaforma va storto. L’ex senatore clicca deciso sul “NO” ma incredibilmente, al momento di confermare la preferenza, il sito si blocca tanto che compare la scritta “errore, prova più tardi”. Sconcerto in studio dove sono scoppiate risate e applausi ironici con la conduttrice, basita dall’accaduto, rimasta qualche secondo in silenzio.

Mi impediscono di votare NO”, afferma sconfortato Pizzol mentre la Merlino lo invita riprovare. Anche il secondo tentativo va a vuoto9.

Difficile pensare ad un semplice sovraccarico del sistema, dal momento che, come evidenziato sul blog dello stesso Movimento 5 Stelle10, veniva addirittura cassata come “fake news” la notizia secondo cui “La piattaforma Rousseau è impreparata a gestire un elevato traffico per il voto sul Progetto di Governo”: veniva infatti specificato che “Grazie al miglioramento dell’infrastruttura ed un’allocazione ad hoc di risorse hardware che vengono incrementate in maniera proporzionale alle esigenze del voto, la nuova area voto, in uso da 5 mesi, ha dimostrato buone performance in condizioni di carico. Durante la votazione per la conferma di Luigi di Maio come capo politico, hanno votato 56.127 persone ed il sistema è stato oggetto di 3 attacchi DDos che sono stati sventati. Le performance dell’area voto sono rimaste intatte, a parte un lieve rallentamento durati meno di 30 minuti.

Nell’arco delle operazioni di voto, malgrado gli attacchi subiti, il tempo del server per processare le richieste (latenza) è stato di: massimo 71 millisecondi nella metà dei casi, massimo 207 millisecondi nel 90% dei casi e 409 millisecondi nel 99% dei casi. Abbiamo gestito una media di 116.25 richieste https al secondo, con picchi di 305 richieste al secondo durante il picco di voto (escludendo il DDoS). Considerando gli attacchi, i tentativi di attacco e gli errori legittimi, possiamo dire di non aver avuto alcun errore nel processare i voti”.

Se si considera che, nella votazione del 3 settembre scorso ebbero a votare 79.634 iscritti, spalmati peraltro in un arco temporale piuttosto ampio (dalle ore 9 alle ore 18), risulta di dubbia causa il motivo di tale ritardo, denunciato, peraltro, da numerosissimi altri utenti.

Ad aumentare le ombre sulla trasparenza di tali votazioni, inoltre, non possono non considerarsi le dichiarazioni di Gianni Cuozzo, esperto di cyber security e consulente per l’intelligence militare di diversi paesi Nato. In una sua intervista11, in cui rispondeva dettagliatamente, e spesso in senso contrario, proprio a quanto riportato nel blog dei 5 Stelle riguardo le possibili fake-news (vedasi quanto detto più sopra), egli affermava, tra l’altro, che “Molti degli attacchi di cui abbiamo parlato sono mirati, quindi non replicabili su vasta scala, ma possono colpire singoli utenti particolari come quelli con privilegi d’amministrazione all’interno della piattaforma. Inoltre esistono tecniche di “elevazione dei privilegi” con le quali, sfruttando degli errori nel codice, si può trasformare un utente semplice in un utente con privilegi d’amministrazione. Da lì tramite tecniche di “escaping” si può passare dalla piattaforma ad attaccare il server nella sua interezza e quindi andare poi a cercare il database ed alterarne i valori. Ovviamente stiamo parlando di attacchi non semplici da eseguire, ma sono possibili. Un’altra via per manipolare l’esito delle votazione risiede nell’attaccare il database in cui questi voti vengono salvati. Ogni volta che un utente effettua una votazione viene popolata una tabella su un database e, per analizzare la votazione, può venir fatta una richiesta alle varie tabelle degli utenti votanti. Se alterate, queste tabelle nel server, possono esporre dati alterati agli stessi amministratori di Rousseau. E nessuno se ne accorgerebbe. Le statistiche ci dicono che circa il 70% di chi subisce un attacco non sa che è sotto attacco o che è stato sotto attacco”.

Alla specifica domanda, poi, se una qualche modifica illegittima potesse avvenire anche “dall’interno”, senza che gli utenti se ne potessero accorgere, la risposta era stata abbastanza chiara: “Assolutamente sì. Dall’interno un amministratore con i giusti livelli di privilegi può, tramite semplici script, sovrascrivere le tabelle dei database a proprio piacimento ed alterare il risultato della votazione. Così quando vengono prodotti i risultati, essendo anonimi, nessuno può rendersi conto della cosa”.

Orbene, per tutto quanto su esposto, sarebbe di indubbio interesse comprendere, anche a tutela di chi abbia espresso la propria opinione in regolari elezioni, così come svoltesi lo scorso 4 marzo 2018, se la votazione sulla piattaforma Rousseau, per gli effetti che poi ha prodotto (ossia il voto di fiducia, in accordo tra Movimento5Stelle e Partito Democratico, all’attuale governo), sia avvenuta in maniera corretta e scevra da qualsivoglia ombra. Ed il ministro Di Maio, capo politico dei grillini, dovrebbe essere il primo a pretenderlo, proprio in virtù di quello stesso principio invocato nei confronti dell’ex ministro dell’Interno, Matteo Salvini. Chissà.

1 Già si è scritto, su queste pagine, al riguardo: https://www.difesaonline.it/evidenza/diritto-militare/si-salvi%E2%80%A6ni...