Obiettori di coscienza o fuorilegge?

(di Nicolò Manca)
01/07/19

Col caso Sea Watch 3 si è riproposto, anche se con spirito farisaico e di parte, il dilemma se esercitare l'obiezione di coscienza o più semplicemente farsi beffe della legge.

È fuori discussione che sia dovere e obbligo del ministro Salvini tuonare “galera per chi non rispetta la legge”, dimenticando però di aver egli stesso a suo tempo attaccato Renzi citando Don Milani: “A leggi sbagliate si deve disobbedire finché non cambia”.

Meno accettabile che i parlamentari in trasferta a Lampedusa (Del Rio, Orfini, Fratoianni ecc) predichino l'obiezione di coscienza a leggi approvate dal parlamento di cui fanno parte.

Ancor più grave poi se a non far rispettare la legge fosse la magistratura, mentre più comprensibile appare che a schierarsi contro, con l'alibi dell'obiezione di coscienza, siano i leaders di partito (Zingaretti, Gentiloni, lo stesso Del Rio, in tandem con l'immancabile Papa Bergoglio) nella loro veste di forza di opposizione politica. C'è da chiedersi se il Del Rio che è corso dai 43 aspiranti migranti clandestini sia lo stesso Del Rio che da ministro responsabile della vigilanza sui ponti autostradali (incluso il “Morandi”) non ha sentito il dovere morale di presentarsi ai funerali dei 43 morti per il ponte crollato.

Scontata infine l'accorata immancabile partecipazione all'agone politico dei vari Roberto Saviano, Adriano Sofri, Vauro Senesi e di quel raffinato gentiluomo radical-shit (il mio modesto inglese non accetta interferenze da parte del correttore automatico) di Oliviero Toscani, che ha usato un vocabolo molto elegante, quanto meno nella sua bocca, per definire il ministro leghista nonché il rispettivo partito (leggi) e chi, come chi scrive, ha votato Lega.

Va da sé che a infrangere la legge sia stata comunque la giovane capitana, l'idealista Carola Rackete che, forse per bilanciare gli interessi paterni in fatto di produzione e commercio di armi, si è calata nel nobile ruolo di salvatrice di vite umane (previa corresponsione di un acconto, si intende, e con saldo finale al termine dell'operazione). Il fatto che la giovane missionaria non si sia fermata alle intimazioni della barchetta della GdF, rischiando di travolgerla col suo bestione da 600 tonnellate, è stato elegantemente superato, come si usa adesso, con un “chiedo scusa”. Quando si rischia di uccidere (o si uccide) qualcuno, ora va di moda infatti non invocare il perdono ma ...si chiede scusa! (“Mi scusi se ho reso invalido o ucciso suo figlio.” “Ma le pare, tra gentiluomini... ci mancherebbe! Certo che la scuso... specie se la cosa può servire per farle ridurre la pena!”)

Ora che la vicenda Sea Watch è avviata sui collaudati binari del punto e a capo, con le ong che prelevano su appuntamento fanciulli non accompagnati che fuggono dalla guerra (per la verità alcuni un po' sovrappeso, col loro taglio di capelli come la moda comanda e con i cellulari sfuggiti ai torturatori libici), qualche riflessione non guasta.

Che l'Italia continui a subire, grazie alla complicità delle quinte colonne nostrane, la grottesca messa in scena delle ong e delle Carole di turno, ha un che di farsesco e di umiliante. Ha dell'allucinante inoltre che le quinte colonne in questione fingano di non ricordare le nefandezze in fatto di migrazione clandestina commesse in passato dalla loro parte politica.

Marzo 1991: affogati in una sola notte nel Canale di Sicilia 850 albanesi in fuga dalla fame.

28 marzo 1997: per fronteggiare ancora l'arrivo degli albanesi (Prodi Presidente del Consiglio, Dini agli Esteri, D'Alema segretario di partito, più Andreatta, Napolitano, Veltroni e compagnia cantante) viene schierato in Adriatico l'intero 28° Gruppo Navale. Nave Sibilla sperona un'imbarcazione carica di albanesi: 81 tra morti e dispersi (di cui 31 di età sotto i 16 anni). Nessun inquisito tra i personaggi politici allora al potere.

È ovvio che martellare oggi sul razzismo e sul nazi-fascismo leghista si prefigge di conseguire una molteplicità di obiettivi, primo tra tutti il recupero elettorale di una parte politica in odore di estinzione. L'importante è focalizzare l'attenzione dell'opinione pubblica sui 43 migranti della Sea Watch e disquisire se e chi, in questa Europa di 500 milioni di abitanti, accetterà di prendere 2 o 5 o10 migranti clandestini, col pensiero però rivolto ai prossimi arrivi.

Domanda: come è possibile che il popolo italiano accetti di essere umiliato da nazioni che pretendono furbescamente di predicare quel che deve o non deve fare l'Italia, mentre loro razzolano come gli pare? Confesso che personalmente, a differenza di papa Francesco, non sono affatto contento che l'Italia e l'Europa si stiano atrofizzando mentre la Nigeria e l'Africa si stanno espandendo grazie proprio al continuo afflusso di “risorse” clandestine.

Altra domanda: come è possibile accettare il messaggio che viene da certa politica che vuole gli Italiani orgogliosi e fieri di non dimostrare né orgoglio né fierezza? Ora su tutto aleggia l'auspicio che a occuparsi di problemi che riguardano in primis la sicurezza e l'inviolabilità dei confini nazionali sia... la magistratura! La magistratura, non le Forze Armate.

E in risposta al tentativo della Carola tennistica di schiacciare contro la banchina una barca militare italiana, una Elisabetta Trenta risponde fieramente con edificanti appelli e ringraziamenti per la mini-ritirata di cui l'Italia ha dato spettacolo. C'è da chiedersi perché non sia il ministro della difesa a risolvere il problema, lasciando la magistratura tranquilla ad occuparsi dei noti recenti miasmi che l'hanno travolta ma che finora non hanno lasciato traccia, a meno di qualche edificante auto-sospensione e del consueto pistolotto presidenziale.

Nota finale: è fuor di dubbio che i militari per primi devono rispettare le leggi, oltre che obbedire agli ordini, ma così come alle prime vengono contrapposte obiezioni di coscienza di comodo, così ai secondi, quando c'è di mezzo il compito da assolvere e l'incolumità dei nostri militari, si deve reagire operando di iniziativa, a costo di scivolare (e qui mi contraddico) in quella virtù della disobbedienza predicata dal generale De Gaulle (v.articolo). Ecco perché da comandante della barca della Gdf avrei fatto sentire alla Carola tennista qualche colpo d'arma da fuoco di avvertimento, anche se solo di una pistola calibro 9... giusto per sottolineare chi è che comanda sul territorio italiano. So per esperienza che la cosa funziona... con qualunque Carola, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

Foto: Twitter / Sea Watch / web