L'UNUCI come "Cultural Special Force"?

(di Nicolò Giordana)
09/12/15

L'esigenza della tutela del patrimonio culturale nel contesto dei conflitti armati da sempre ha preoccupato gli Stati ed esempio ne sono le numerose regolamentazioni storiche, tra cui quelle dei diritti dell'Aja e di Ginevra, già sviluppati alla fine del XIX secolo. La volontà di regolare questa materia è poi continuata con la Convenzione del 1954 e con i due Protocolli ad essa associati, non fermandosi e giungendo sino ad oggi con la promozione, da parte del Ministero della Difesa, del progetto "Caschi blu della cultura". La volontà alla quale si assiste è dunque la stessa dei secoli passati: tutelare il patrimonio artistico-culturale e, per consentire ciò, tendere sempre più alla formazione ultraspecialistica di militari idonei ad essere impiegati nella tutela e conservazione dei beni culturali nei conflitti armati.

In questo contesto potrebbe trovare applicazione l'Unione Nazionale degli Ufficiali in Congedo d'Italia: una nutrita associazione, oggi di diritto privata ma sino al 2013 dotata di natura pubblica, composta quasi interamente da militari, prevalentemente in congedo ma comunque reimpiegabili, che nel corso degli anni da "civili" si sono perfezionati nel loro campo (avvocati, ingegneri, architetti, medici, ecc.) maturando anche significative esperienze che rappresentano alte risorse che sarebbe irragionevole non sfruttare.

Nel quadro della contingente crisi economica e della sempre minor attenzione alle spese nel settore della Difesa, la creazione di una Cultural Special Force formata da quei militari dell'UNUCI che intenderebbero aderirvi sarebbe senza dubbio, almeno a parere dello scrivente, ottimale: significherebbe sfruttare al meglio le competenze di soggetti che, con l'onore dell'utilizzo della propria uniforme, sarebbero impiegati come volontari (quindi a costi più che contenuti) e senza la necessità di creare un Corpo Militare autonomo essendo comunque, ogni socio, inquadrato in uno specifico contesto (commissariato, fanteria, cavalleria, genio, ecc.).

La stessa Associazione, tra i propri fini, comprende la promozione dei valori di difesa e sicurezza della Patria - e certamente la tutela del patrimonio storico-culturale rientra pienamente nell'assett della Difesa - rafforzando i vincoli di solidarietà tra il mondo militare e la società civile, non solo, si impegna anche nel fornire il proprio apporto negli interventi di difesa e protezione civile, e promuove l'elevazione e la qualificazione culturale e professionale, nonché la formazione continua superiore dei propri membri, che potrebbero dunque essere destinatari di corsi specialistici organizzati dalle varie strutture capillari dell'UNUCI Un quadro statutario che quindi non avrebbe nulla di ostativo - anzi sembra quasi contenga un'impulso - verso la creazione di un'equipe di civili volontari, con chiare ed affermate competenze in campo militare, volto alla tutela del nostro patrimonio artistico e culturale. Una sorta di Croce Rossa dei Beni Culturali che quindi, anziché avere una dedizione di Corpo sanitario rivolto agli umani, la avrebbe con riferimento alle tracce storiche della nostra civiltà. Una tutela che non dovrà fermarsi alle condizioni di conflitto armato ma che dovrà estendersi anche ai casi di pericolo o calamità (si pensi alle necessità che si potrebbero avere nell'antisciacallaggio).

La creazione di questa C.S.F.- UNUCI non solo rappresenterebbe un quid pluris per il nostro Paese ma ci farebbe essere pionieri alla luce del mondo di una Forza specializzata e volontaria che mira alla conservazione delle nostre radici storiche. Non possiamo dunque che auspicare ad un contatto tra il Ministero della Difesa e la Presidenza Nazionale dell'Unione Nazionale degli Ufficiali in Congedo d'Italia per procedere in tal senso.