La storia riscritta dai lettori di Difesa Online: la crisi di Sigonella (1985) e quella di Bari (1991)

(di David Rossi)
02/09/19

La fine della Guerra fredda porta con sé l’avanzata del terrorismo arabo-islamico e il fenomeno delle migrazioni di massa. Il mondo cambia alla svelta e non sempre in meglio…

Dal lettore Sergio Pession, l’attualizzazione della crisi di Sigonella... anzi, come evitarla

In un sogno/incubo distopico, partorito dal sodalizio caldo-dieta errata, immaginiamoci un universo parallelo dove i politici (tutti) del 1985 anziché essere professionisti (più o meno amati), abbiano invece capacità sociali ed intellettuali equivalenti ai loro odierni colleghi.

Appreso del dirottamento della Achille Lauro, il ministro degli esteri Giulio Andreotti e Spadolini della difesa si riuniscono subito dibattendo su chi debba dei due prendere a mano la questione e quindi sottoporsi ai riflettori mediatici. Spadolini ai media rilascia immediatamente comunicati di rassicurazione alle famiglie e che lo Stato è già attivato per risolvere la questione pacificamente e senza interventi militari potenzialmente lesivi per i sequestrati e precisando che il ministero degli esteri abbia già aperto tutti i canali del caso. Andreotti, costretto ad operare da solo prova disperatamente a riprendere i contatti col mondo arabo, ma tarda nell’avere risposte.

A prendere l’iniziativa è il presidente del consiglio Bettino Craxi, che attiva un canale privilegiato con Haliz al-Asad, senza per altro trovarlo da nessuna parte; ne approfitta immediatamente il vicepresidente del consiglio Forlani che in totale autonomia rilascia comunicati stampa dove tira in gioco direttamente gli Usa in quanto interessati per via di diversi passeggeri statunitensi. Ronald Reagan, al momento non al corrente di alcun ché, dopo un primo momento di disorientamento e ricevendo comunicazioni dirette da Forlani e Andreotti, si attiva sia a livello mediatico che militare. Linea dura coi dirottatori palestinesi e pronte due squadre di Delta Force per l’attacco.

In un clima delirante di comunicati e smentite, la nave procede verso Ashdod in Israele. Quest’ultimo, compresa la gravità della questione, si attiva per “accogliere” la minaccia in arrivo.

Reagan dichiara di voler far intervenire i Delta direttamente a bordo della nave, ma un timido Spadolini cerca di far capire al presidente Usa che la nave batte bandiera italiana e quindi sarebbe compito dell’Italia coordinare tutto, ma un comunicato ufficiale a sorpresa di Forlani esorta a vendere la nave agli Usa per aggirare la questione e che trincerarsi dietro quisquiglie legali e burocratiche quando ci sono in gioco delle vite sia ridicolo.

Intanto Arafat, raggiunto da Andreotti, nega ogni suo coinvolgimento ed attiva due emissari egiziani per prendere tempo e permettere ai dirottatori di lasciare la nave, ma è tardi, poiché Usa e Israele hanno già forze in mare pronte ad intervenire. Andreotti e Craxi procedono per vie diplomatiche attivando contatti in Tunisia, e facendo perdere tempo prezioso agli Usa.

La Siria, a mezzo della Croce Rossa Internazionale, prende l’iniziativa e fa sapere che il porto di Tartus è disponibile ad accogliere la nave e che occorrano canali diplomatici diretti con Italia e dirottatori. Questi ultimi, vista la piega presa dagli eventi, eviteranno minacce a passeggeri ed equipaggio, almeno per ora.

Reagan, spazientito dagli indugi italiani e forzato nella mano dai suoi consiglieri militari, grazie al supporto d’intelligence israeliano, da ordine d’intervenire al generale di brigata Stiner con i Delta. In totale sorpresa ed impreparazione, tre dei quattro dirottatori vengono neutralizzati, mentre Majed el Molqi, sfuggito miracolosamente all’assalto, tenta una rocambolesca fuga dalla nave. Capito ormai che la sua sorte era segnata, decide per un disperato e plateale “atto di fede” scaricando due caricatori di AK47 su un gruppo di passeggeri italiani, lasciando a terra 9 adulti e 4 bambini, prima di venire abbattuto da un Delta accorso per gli spari.

Fra il gruppo di italiani, miracolosamente illeso, c’è l’americano Leon Klinghoffer, graziato dall’inceppamento del fucile sovietico. I Delta statunitensi prendono a custodia la nave per poi dirottarla verso l’Italia dove viene riconsegnata alle “legittime autorità”.

Nel frattempo si scatena il mondo arabo per l’azione unilaterale Usa che viene condannata da Craxi e considerata male necessario da un costernato Andreotti che mostrerà incartamenti e autorizzazioni poco credibili agli Usa di intervenire. Cordoglio solenne viene espresso da Spadolini alle famiglie dei cittadini italiani morti, mentre Forlani, omaggiando le vittime, accusa formalmente Arafat e Asad di essere mandanti di questo brutale omicidio e che è solo grazie al pronto intervento degli Usa che la tragedia sia stata contenuta.

Anche Reagan in un comunicato ufficiale dichiarerà la sua totale dedizione alla causa della pace nel Golfo Persico. Quando gli spiegheranno che tutto è avvenuto nel Mediterraneo, risponderà che sempre degli Arabi c’erano di mezzo.

Mentre gli spettri della Guerra Fredda avanzano, Siria e Palestina pianificano nuovi e terribili attentati, Craxi è chiamato a rendere conto in parlamento del suo operato incerto e delle vittime italiane “sulla sua coscienza”, gli italiani tornano ad applaudire una grandiosa Juventus e gli Usa il simbolo del bene Leon Klinghoffer e gli eroi Delta che lo hanno salvato da morte certa.

Beati noi che non capiamo un…

Da un lettore anonimo, come prevenire il male finché è possibile…

C’era una volta un mondo con le frontiere, dove per andare da un Paese all’altro dovevi armarti di santa pazienza e agevolare alle varie guardie, in uscita e in entrata, i tuoi documenti, il tuo automezzo, i passeggeri e le eventuali merci a bordo. Era un’Europa comunitaria ma non ancora unita, come quella cantata da Toto Cutugno a Eurovision 1990 in quel di Zagabria, allora Jugoslavia. Era un’Europa che ignorava il problema delle migrazioni di massa nel senso vero del termine, con migliaia di persone che arrivano tutte insieme, più per disperazione che per vere persecuzioni.

Ed ecco là, la nave Vlora, costruita dai Cantieri Navali Riuniti di Ancona e varata 31 anni prima, col suo carico di oltre 20.000 boat-people albanesi, che si stacca dalla banchina del porto di Durazzo…

Avanza lentamente, nonostante il mare calmo, perché la prefettura di Brindisi, sentito il ministro dell’interno, ha comunicato al comandante che le Capitanerie di Porto di tutte le Puglie sono state allertate: l’ufficiale non solo non è stato lasciato senza ordini, ma è stato anche informato che la Marina militare ha ricevuto precise direttive nel senso di impedire ad ogni costo l’ingresso dell’imbarcazione in qualsiasi porto della Repubblica.

Alla segnalazione, falsa, fatta dal comandante che ci sarebbero stati dei feriti a bordo il Governo ha risposto di aver notizia certa - ma non verificata - della presenza di uomini armati sulla nave e di ritenere qualsiasi tentativo di attracco atto di guerra contro la Repubblica.

Prima dell’alba degli uomini in divisa sono calati da un elicottero: tengono in mano una bandiera italiana e una albanese. Altrettanto fanno alcune imbarcazioni della guardia costiera che si affiancano alla Vlora. Gli ordini sono trasmessi al comandante direttamente dal presidente del consiglio con l’ausilio di un enorme telefono satellitare: gli “ospiti” saranno trasbordati a piccoli gruppi dalla nave sulle imbarcazioni della guardia costiera, ufficialmente per essere smistati tra i vari porti della costa. Un pacco di banconote e la promessa di un saldo altrettanto ricco valevano a comprare la collaborazione dell’uomo. Quei poveri disperati sarebbero stati rimpatriati alla chetichella, mentre il consolato italiano in Albania avrebbe avuto ordini in merito alla concessione di visti con manica più larga.

Giulio Andreotti durante la conferenza stampa con cui spiegava ai giornalisti come avevano risolto sul nascere quella crisi disse: “Abbiamo agito in questo modo non perché siamo nemici dell’immigrazione. Anzi, siamo solidali con chiunque, anche per motivi economici, vuol trovare un lavoro nel nostro Paese e faremo di tutto per accogliere tutti quelli che ragionevolmente potremo accogliere. Solo che non vogliamo veder arrivare imbarcazioni cariche di disperati pronti a tutto per suggere un po’ di benessere e guidate da sciacalli pronti a rischiare le vite di quei disperati pur di arricchirsi”.

Nessuna risposta sul destino del comandante e dell’imbarcazione, ufficialmente ancora “carica d’armi”, e circa la notizia che sarebbero poi stati affondati a largo, una volta scaricato il “carico umano”.

Al di là del rumor sull’atto di machismo, la partenza del ministro degli esteri Gianni De Michelis per un giro delle capitali dei Paesi rivieraschi del mediterraneo meridionale fu accolta con commenti di stupore, dall’opposizione, dei comunisti, al grido di: “Che cosa va a fare?” Un noto comico genovese lo descrisse nei suoi sketch intento a copulare con le odalische.

Ancora più diretto il leader di un piccolo partito secessionista delle valli lombarde: “Va a z…cole coi nostri soldi!” Al che ha ben risposto il ministro della Giustizia Claudio Martelli: “Con l’Albania ci è solo andata bene: il loro governo era talmente evanescente, che avrebbero preso non solo i loro di migranti... Ma se un domani ci troveremo a fronteggiare crisi analoghe, vogliamo essere dotati di un accordo di rimpatrio con tutti i Paesi di partenza e di origine. Non riesco a immaginare che fra 20 o 25 anni l’Italia abbia accordi con solo 2-3 Paesi su decine e decine di potenziali esportatori di disperati.”

Foto: D. R. Walker / web