La parola ai lettori: a trent'anni dalla caduta del muro di Berlino, che cosa è successo e che cosa è cambiato

(di David Rossi)
09/11/19

Cari lettori, per capire che cosa è successo in quel 1989, un anno singolare in cui a detta di molti “la Storia sembra accelerare” e a detta di altri, forse troppo ottimisti, “la Storia finisce”, non serve citare né John Fitzgerald Kennedy né Giovanni Paolo II né Helmut Kohl: basta… raccontare una barzelletta, che circolava già negli anni Settanta. La storiella fa più o meno così: primo ministro israeliano Golda Meir, che era nata nell’impero russo, in questa simpatica storiella, incontra in un summit il leader sovietico Leonid Brezhnev e gli chiede con fare amichevole e in russo: “Leonid Ilyich, perché non apri le frontiere dell’Unione sovietica e permetti agli ebrei di lasciare il Paese per trasferirsi in Israele?” Al ché, il segretario generale del PCUS risponde con tono civettuolo: “Come sei romantica, Golda! Vuoi che tu e io restiamo qui da soli!” La verità è che, soprattutto nelle repubbliche baltiche e negli Stati socialisti dell’Europa orientale, da anni, anzi da decenni prima del 1989, nessuno crede più alle tragiche e miserevoli balle dei regimi, alla superiorità del sistema socialista e ai vari e fantasiosi pericoli che quei popoli avrebbero dovuto affrontare se si fossero sganciati dalla madre URSS e/o dal sistema marxista-leninista. La stessa Unione sovietica, dal canto suo, invece che fare da motore dello sviluppo del blocco orientale, finisce puntualmente per assorbirne le risorse, come un insaziabile Pantagruel. A tale proposito, riporto un’altra barzelletta in voga in quegli anni.

Il leader tedesco orientale Honecker è in visita al porto di Rostock, dove stanno salpando tre grosse navi mercantili e chiede al capitano della prima: "Dove è diretto questo carico?"

– "A Cuba!"

– "Cosa portate?"

– "Macchinari per l’industria pesante"

– "Con cosa tornerete?"

– "Con le arance".

Il capitano della seconda nave risponde che salperà alla volta del Brasile con un carco di apparecchi ottici. "E con cosa tornate?"

– "Con caffè, banane e altri prodotti esotici".

– "Compagno della terza nave, dove sei diretto?"

– "A Leningrado, compagno segretario generale"

– "Cosa porti?"

– "Arance, caffè, banane e altra frutta esotica da Cuba e dal Brasile"

– "E con cosa tornerete?"

– "Come al solito: col treno".

Restando in tema di risate amare, concludo con una storiella che, forse più di altre, spiega come mai milioni di persone in quel glorioso 1989 valicarono muri e frontiere alla ricerca di cibo, lavoro ma soprattutto di libertà. E i giovani smanettoni da computer non prendano la parola libertà come retorica…

Ci sono tre cani: uno polacco, uno tedesco-orientale e uno occidentale che si incontrano e raccontano come vivono. Il polacco dice: "Ah, noi stiamo malissimo: non c’è niente da mangiare". Il tedesco-orientale dice: "Per il cibo non mi posso lamentare. Per il resto, non ho niente da dire". Il cane occidentale allora esclama: "Io, quando abbaio, ricevo della carne". Il polacco, meravigliato, replica: "Cosa?! La carne?". E quello tedesco-orientale, spaventato: "Cosa?! Abbaiare?".

L’antico lettore L. Bendini è il primo a dare il suo contributo…

Una breve precisazione sul termine (ostaggio dei sovietici): dal punto di vista geografico e geopolitico si potrebbe sostenere che era Berlino ovest ad essere ostaggio della Nato. Si trattava, infatti, di una enclave occidentale nel bel mezzo del patto di Varsavia. Non ne faccio una questione di tifoserie ma solo di analisi cartografica.

Detto questo, ritengo che quello sia il terminale di una destrutturazione del campo socialista iniziata molto prima del 1980: a mio modo di vedere il primo mattone di quella destrutturazione coincide con il rapporto Krusciov ed il processo di destalinizzazione che fu solo sospeso ma non invertito con l'epoca Breznev definita politicamente stagnazione ma che lo fu anche economicamente. Ed è con il prolungarsi apparente di quel compromesso che Breznev rappresentava tra due anime (ortodossi e integrazionisti atlantici) che si crearono le premesse per giungere a Gorbaciov che fu il notaio della fine dell'URSS. Non si trattò di una rivoluzione ma di un collasso promosso proprio dalle posizioni di vertice occupate dall'ala integrazionista atlantica e che furono gli stessi a speculare ed arricchirsi delle immense risorse durante gli anni 90.

Il crollo del muro ha migliorato le condizioni politiche ed economiche del campo ex socialista? L'avvio della democrazia liberale ha certamente migliorato le c.d. libertà individuali ma sotto il profilo economico le cose sono andate ben diversamente: le disuguaglianze si sono ingigantite la precarietà economica totale (prima pressoché sconosciuta) è diventata la regola e solo in alcuni casi, dopo decenni di sofferenze, alcune realtà (penso ai paesi baltici) hanno goduto di una qualche miglioria.

Del resto il fenomeno della nostalgia è assai diffuso tra gli abitanti della ex DDR al punto che chi la visse in prima persona spesso recita il motto "non era poi così male" a confronto delle condizioni odierne.

Sotto il profilo globale, quel crollo, non ha certo portato un'epoca di pace: paradossalmente i conflitti erano minori durante il confronto "freddo" tra i due blocchi che dopo ed ai giorni odierni lo tocchiamo con mano.

Questo ci deve far rimpiangere quel periodo? Per noi Italiani, sì: quel confronto portò al paese un costante miglioramento della nazione se pensiamo alle condizioni dell’Italia del 1945 a quelle del 1991. Dopo la delocalizzazione e la globalizzazione ha prodotto il deserto attuale.

Ma per un Bulgaro nato nel 1991 o un rumeno o un cecoslovacco (sia ceco che slovacco) nati nel medesimo anno, forse il mondo attuale offre più opportunità e certo farebbe fatica, oggi, ad adattarsi a quella realtà che, come tanti suoi predecessori di pari età nell'epoca, non condividevano.

Di certo l'attuale fase di parziale multilateralismo internazionale è frutto di un disequilibrio dovuto al relativo declino USA: e, fino al ristabilimento di un equilibrio bipolare o tripolare, la fluidità della situazione geopolitica produrrà l'incapacità di risolvere la crisi globale da sovraproduzione.

Il vero problema il dramma, è il modo in cui si arriverà a creare un nuovo equilibrio duo o tripolare: di solito è una guerra globale.

Giorgio Resca Cacciari distingue tra il 1989 delle cancellerie e quello della gente comune.

La caduta del Muro e nello specifico la sua tempistica e modalità produsse due reazioni opposte, quella della gente comune che fu di genuino entusiasmo, vissuta come la fine di un incubo, quello del 'day after': diversa fu la reazione delle varie cancellerie in particolare quelle di Francia, Italia e Gran Bretagna che per decenni criticarono il Muro per poi essere letteralmente spaventate dalla riunificazione ormai non più evitabile della risorta, unica Germania.

Se la Caduta del Muro segnò l'inizio della fine del dominio sovietico sull'Europa orientale, mostrò con tutta evidenza che la fine della Seconda guerra mondiale non aveva minimamente intaccato la diffidenza europea verso la Germania. Il 1989 sarà ricordato non solo per il Muro ma anche per Piazza Tienanmen, due fatti che hanno segnato simbolicamente un passaggio di testimone tra due imperi, uno calante, l'URSS' e l'altro rinascente, la Cina. I fatti di Berlino furono così brillanti da oscurare quelli di Pechino e questo rese cieco l'occidente sul futuro che sarebbe stato, ovvero, l'avvento del secolo cinese.

Non so cosa scriveranno gli storici tra duecento anni sul 1989, noi che abbiamo vissuto quei giorni da spettatori, ora sappiamo, passati trent’anni che più che un muro a cadere fu l'aprirsi di un vaso, quello di Pandora.

Michele Carrera vede con orrore una nuova egemonia tedesca sull’Europa.

E se avessero avuto ragione i russi? Il muro fu costruito con i mattoni della dittatura sovietici e il cemento dell'ipocrisia occidentale. Per tanti anni il muro, in fondo in fondo, non dispiaceva a nessuno; gli occidentali e soprattutto gli europei avevano paura della grande Germania riunificata, i russi lo stesso ma almeno avevano il coraggio di ammetterlo, prima di tutto a loro stessi...

A trent'anni dalla caduta del muro le tante previsioni che sono state fatte si sono rivelate quanto mai infondate: l'orso sovietico è tornato a rugliare, la Cina non è caduta nella trappola della globalizzazione e ha mantenuto la sua indipendenza, il disarmo è un ricordo lontano, la pace è sempre un sogno e la Germania nonostante la roboante retorica è tornata ad essere quella nazione che vuole conquistare l'Europa (con buone possibilità di farcela oserei dire). Certo, stavolta ha lasciato a casa panzer e stuka e ha preso il marco, pardon l'euro, per invadere l'Europa, quel che è peggio è che stavolta gli USA non ci tireranno fuori dai guai primo perché siamo stati noi gli artefici della disfatta e poi perché gli Stati Uniti hanno ben altro a cui pensare.

Samuele Rigo analizza gli effetti negativi della caduta del muro.

La conseguenza più disastrosa della caduta del muro è il ritorno di un nuovo reich e per colmo d'ironia se per trent'anni ce la siamo scansata è stato grazie al nostro acerrimo nemico. Forse molti non lo sanno ma nella infuocata estate del 1989, molti opinionisti cambiarono idea sulla stabilità che la Guerra fredda dava all’Europa. Se pur la cortina di ferro ricordava a tutti la possibilità che il "PLAN A"1 fosse reale e possibile, lo storico Hugh Trevor-Roper ammoniva:

"Forse, se i controlli venissero aboliti, il comunismo in Germania orientale si avviterebbe su sé stesso come una spirale. Ma ciò non provocherebbe una rivoluzione, una destabilizzazione dell’Europa, che per 44 anni ha vissuto in un clima di pace equilibrata? …Le sole domande da porsi sono: i tedeschi la vogliono davvero? E se sì, come è possibile realizzarla senza distruggere il delicato equilibrio dell’Europa basato sulla divisione?"2.

Di stesso parere era la premier Thatcher che se nel 1988 dichiarava in esultanza "non siamo più in Guerra fredda"3 risultava ancora gelida all’idea di una Germania riunificata, che potesse rimboccare la strada dei nazionalismi e dei totalitarismi, dello stesso auspicio era Gorbačëv. Voce fuori da coro fu quella Bush che preferiva una Germania più unità sotto i valori occidentali e che restasse fuori dalle orbite di Mosca.

E i tedeschi? Be… I cittadini tedeschi con l’affievolirsi dei ricordi della Seconda guerra mondiale si dimenticavano anche le idee di una Germania "Über Alles" ammonita soprattutto dalla divisione. In un paradosso più reale che imaginario si formava sempre più l’idea inevitabile di una Germania più democratica e unita. Fu dunque la trasformazione di una Germania democratica attraverso il dopo guerra e il fallimento storico del fascismo e del comunismo a renderla oggi una forte nazione europea fondata sul federalismo e sul mercato sociale.

Il crollo dell’URSS dunque non può essere limitato a una rivoluzione nelle acciaierie di Danzica nel 1980 o a un errore amministrativo da parte di Schwabowski difronte a un giornalista ma come lo e stato per il crollo della Grecia o delle SPQR un insieme di molti più fattori.

A Sergio Pession, veterano di questa rubrica, l’onore e l’onere di concludere…

Berlino Ovest, nella logorante partita a scacchi Usa-Urss, era un pedone bianco ad un paio di case dalla promozione, circondato sì, ma tutt’altro che indifeso. Insomma, un grattacapo non da poco per il blocco sovietico e fulcro essenziale per quello Nato.

Il Muro è stato eretto per volontà dell’Est, ma con l’avvallo dell’Ovest. Non far procedere un pedone inattaccabile per l’Urss era l’unica strategia attuabile, e parliamoci chiaro, agli Usa faceva comodo un blocco che inchiodasse la macchina sovietica.

La partita si sa come è finita, coi pezzi neri (o rossi) via via mangiati o isolati ed alla fine, col Re nero fuori dal quadrato, il pedoncino bianco ha avuto l’ambita promozione a Regina. Attorno a quel pedone, sono state tante le mosse che ne hanno decretato le sorti; l’alfiere nero, la Polonia, è stata la prima ad essere inforcata da quello bianco, il Papa Karol Wojtyla e gli scioperi di inizio anni ’80 e culminata nel 1990.

Poi la torre nera, l’Ungheria con la diga sul Danubio mai realizzata, è stata presa nel 1988 con conseguente aggiramento delle frontiere e del muro stesso.

A poco è servito lo scalpitante cavallo nero Ceausescu, ormai tagliato fuori dai suoi stessi cittadini. A strada spianata, il pedone è stato promosso a regina, e la regina nera, Gorbaciev, scambiata malamente, ha decretato la chiusura di una partita, forse, persa in partenza.

Ma chi era il giocatore bianco? Gli Usa? Secondo me no, bensì la Germania Ovest di Kohl, forte dell’avvallo francese ed italiano. La volontà di riunificazione delle Germanie, culminata con la decisione unilaterale di Kohl che, senza negoziati, porta la Germania (Ovest) una volta per tutte, a camminare senza essere tenuta per mano (o al guinzaglio?) da nessuno. Da qui la volontà europea di una Germania unita, un Marco forte e base di lancio per la moneta unica.

Il processo di integrazione europeo, cauto, metodico e sistematico, dopo il Muro diventa veloce e travolgente e a malapena rallentato dai drammi della ex Jugoslavia.

La blitzkrieg economica ha dato grandi risultati in poco tempo, ma come la storia insegna, non tutto l’esercito resta al passo ed ora ci troviamo con una Germania ed una Francia proiettate in avanti, ma senza i rinforzi dei paesi più lenti, prima fra tutti, l’Italia. Se non è una sfida questa…

In definitiva, rivedere le foto dei ragazzi in festa su quel miserabile mostro di cemento, ripensare a chi, nel giorno del suo quinto compleanno ha perso la vita per attraversarlo e riascoltare le musiche di quei periodi, mi commuove ancora oggi e mentre scrivo… credo che… per quanto vogliamo fare i freddi analisti o i focosi sognatori, l’essere umano sia destinato ad essere entrambi e contemporaneamente. Sì, mi piace anche pensare che una cosa non escluda l’altra e ci sia stata anche grande gloria in quei giorni. Una gloria che solo in parte va a compensare le vite rovinate dalla cortina di ferro e giochi politici, ma liquidarla del tutto la darebbe vinta a chi ha mosso i pezzi calcolandone le perdite ad ogni mossa sulla schiena del popolo tedesco e non solo quello.

1 A. Glaser, dà "PLAN A", Science & Global security. The Lab, Plan A, 6 settembre 2019, https://sgs.princeton.edu/the-lab/plan-a, ultimo accesso 3 novembre 2019.

2 "On the unification of Germany", in "Indipendent", 17 giugno 1989, cit. in G.-J. Glaessner, "German unification and the West", in Glaessner e I. Wallace (a cura di), The German Revolution of 1989: Causes and Consequences, Oxford, 1992, pp. 208-9, cit. in M. Mazower, "La Germania riunificata", in Le ombre dell’Europa: Democrazia e totalitarismi nel XX secolo, Garzanti, Milano, 2018, pp. 381.

3 M. Mazower, "La Germania riunificata", in Le ombre dell’Europa: Democrazia e totalitarismi nel XX secolo, Garzanti, Milano, 2018, pp. 379.