La doppia faccia dello Stato ignorata dai media

(di Fernando Termentini)
02/03/17

Da mesi i media italiani ci sommergono in modo ossessivo dei problemi dei partiti politici, del Sindaco di Roma Raggi e di chiunque altro operi senza successo in politica.

Spazi diversi sono dedicati solo a qualche politico buonista che invita a non usare la parola zingaro ed ora anche quella di “clandestino” quando si parla dei migranti, minacciando sanzioni amministrative. Un impegno da “operetta” che sicuramente rende visibilità a coloro che ne disquisiscono ma non esalta lo sforzo di chi si propone come tutore degli interessi dei cittadini.
Scelte editoriali che praticamente coinvolgono tutte le testate giornalistiche, tanto che portano a pensare che siano operative direttive ben precise collegate alla garanzia del finanziamento pubblico all'editoria.

Nel silenzio dell’informazione passano normative a totale svantaggio dei cittadini senza che nessuno ne dia notizia o ne commenti i contenuti. Moltissimi di questi provvedimenti coinvolgono coloro che servono lo Stato in uniforme. Polizia di Stato, Forze Armate, Vigili del Fuoco, ai quali vengono negati aumenti stipendiali promessi o adeguamenti delle condizioni di servizio mentre si è pronti, ad osannare costoro a parole portandoli sul palcoscenico del Festival di San Remo in uno show che a mio modesto avviso ha avuto del grottesco.

Ora si sta lavorando, sempre nel silenzio più assoluto, anche alla revisione delle carriere dei militari. Vi sono impegnate quasi le stesse persone, seppure con cariche diverse, che a suo tempo decisero di passare dalla leva obbligatoria al volontariato con una serie di provvedimenti che non tenevano conto dell’aumento dei costi indotti da una trasformazione generalizzata e delle esigenze di operatività e che a breve portò anche in ambito militare la figura del precariato (Volontari in spe e Volontari in ferma breve).
Una ristrutturazione che dovrebbe rendere operativi i contenuti del Libro Bianco della Difesa che non lasciano prevedere nulla di favorevole per il futuro di coloro che sceglieranno di dedicare la propria vita alla difesa della Patria a garantire la sicurezza globale operando in zone di guerra.

Oggi nulla è cambiato. Pur di adottare un provvedimento sicuramente non popolare ed offensivo nei confronti di coloro che in armi sono impegnati Fuori Area si è disquisito distinguendo zona di guerra da zona di operazioni. Tutto con lo scopo di eliminare un modesto beneficio stipendiale ai militari inviati in zone di conflitto per garantire la pace.

La norma è passata in silenzio perché di fatto qualcuno ha deciso che dove i nostri militari sono impegnati in attività di mantenimento della Pace non possono essere considerate “aree di guerra”. Spontanea, quindi la domanda: se l'Afghanistan, l'Iraq o la Libia, la Nigeria, il Sudan ecc. non sono zone di guerra come deve o può essere definito chi fugge da quei luoghi e cerca di entrare arbitrariamente in un altro Paese?

Le decisioni di non concedere i benefici combattentistici e nello stesso tempo di non chiamare clandestino chi fugge da un'area sono passate sotto il silenzio dei media impegnati, invece, a disquisire semanticamente sul termine clandestino senza evidenziare, però, che sul piano del diritto sostanziale eliminare i benefici combattentistici conferma che “la maggior parte di coloro che arrivano nel nostro Paese sono migranti economici e non aventi diritto della protezione internazionale - Di fatto quindi CLANDESTINI”.

Il perché è presto detto. I benefici combattentistici nel rispetto della Legge 1746/1962 venivano riconosciuti al personale militare che prestava servizio in zone di intervento ONU e consistevano nel raddoppio - ai fini della determinazione dello stipendio - del periodo trascorso in area di guerra. Ora. a distanza di 54 anni qualche illuminato - cresciuto dietro una scrivania - si è inventato che i benefici sono anticostituzionali ed il Consiglio di Stato ha sancito che è improprio continuare a prevederli in quanto si riferirebbero solo al periodo bellico 1940 – 1945, dimenticando, però, che in quegli anni l'ONU ancora non esisteva essendo stato fondato il 24 ottobre 1945 e quindi non potevano esistere nemmeno zone di intervento per militari che operassero per conto dell'Organizzazione.
Si gioca quindi con la sottile differenza fra zona di guerra e zona di intervento. Ma se si interviene con FA ci sarà pure un motivo sicuramente dettato da una situazione di contingenza non delle migliori e tale da indurre il Ministero della Difesa a inviare truppe di stabilizzazione su mandato ONU.

Un TAR ha anche esasperato il concetto sentenziando che le aree dove vengono inviati i nostri militari non sono aree di guerra perché mancano le dichiarazioni di belligeranza anche se si riconosce che i militari operativi sul terreno corrono gli stessi rischi come se partecipassero ad una vera e propria azione di guerra.
Inoltre, se la concessione dei benefici di guerra è anticostituzionale, tanto più lo sarà la Legge 145 del 24 luglio 2016 che regola le disposizioni sulla partecipazione delle Forze Armate italiane alle missioni internazionali che, peraltro, all'articolo 9 prevede lo “stato di prigionia” palese condizione dettata da una confronto armato.
Il tutto giustificato, a prescindere dai sofismi legali, dal fatto che, se venissero mantenuti i benefici combattentistici, lo Stato dovrebbe affrontare costi assolutamente insostenibili.
Prendiamone atto. Chiediamoci però perché, con il solito approccio buonista, si proscrive il termine clandestino riferito alla maggior parte dei migranti che approdano sulle nostre coste ma che, stante le conclusioni a cui è giunto il legislatore, non fuggono da zone di guerra e quindi non hanno diritto del soccorso internazionale.

Garantiamo 35 Euro a migrante, 80 Euro a pioggia e 500 Euro per i diciottenni, ma non disponiamo di pochi spiccioli a favore di chi si impegna a partecipare a missioni finalizzate a garantire la sicurezza internazionale.

Non è quindi uno scandalo chiamare clandestini i migranti che non provengono da aree i conflitto, è scandaloso invece, giocando sulle parole, cancellare modesti benefici a chi ha scelto di difendere la Patria, un'offesa inaccettabile per chiunque abbia dedicato la sua vita allo Stato.

(foto: U.S. DoD)