Il presidente della Repubblica: i suoi (enormi) poteri e un occhio ai (tanti) candidati

(di David Rossi)
19/01/22

La prossima settimana le due camere e i rappresentanti delle regioni si riuniranno nell’emiciclo del palazzo di Montecitorio per eleggere non un notaio, ma una personalità, che porterà il titolo di Presidente della Repubblica, con poteri vasti quasi - e sotto certi aspetti persino di più - dei suoi quasi omologhi americano, francese e russo.

Quasi l’elezione di un Re…

Intanto, il nostro presidente è eletto per sette anni, mentre a Washington, Parigi e Mosca ogni mandato dura fra i quattro e i cinque anni. Putin ha dovuto sgomitare per rendersi rieleggibile più di due volte, mentre in linea teorica l’inquilino del Quirinale potrebbe essere rieletto senza limiti. Se non è mai successo, salvo il caso di Giorgio Napolitano nel 2013, è per opportunità politica, non per una questione costituzionale.

Poi, il capo dello Stato italiano può sciogliere le Camere (o anche una di essa), indice nuove elezioni e fissa la prima riunione del Parlamento. Tutto questo può avvenire con la sola condizione di “sentire” i presidenti delle due assemblee. Chiedete a Biden se può sciogliere il Congresso o ai presidenti-notai di Germania e Austria se possono sciogliere, magari di imperio, le camere. Lo scioglimento del parlamento è atto politico, che i nostri costituenti hanno lasciato nelle mani del presidente della Repubblica, giammai del fragilissimo presidente del Consiglio, un vaso di coccio in mezzo ai vasi di ferro della politica.

Come già e forse più ancora del Re nello Statuto albertino, il presidente autorizza la presentazione alle Camere dei disegni di legge di iniziativa del Governo, promulga le leggi ed emana i decreti aventi valore di legge e i regolamenti, indice il referendum popolare, nomina i ministri - dietro indicazione di un presidente del Consiglio che ci appare sempre più come uno sfigato -, nomina, nei casi indicati dalla legge, i funzionari dello Stato, accredita e riceve i rappresentanti diplomatici, ratifica i trattati internazionali, previa, quando occorra, l'autorizzazione delle Camere, ha il comando delle Forze armate, presiede il Consiglio supremo di difesa costituito secondo la legge, dichiara lo stato di guerra a condizione, almeno questa limitativa, che sia stato deliberato dalle Camere e presiede il Consiglio superiore della magistratura. Insomma, il potere legislativo, il potere esecutivo e quello giudiziario, la diplomazia, i quartieri alti della Pubblica amministrazione e le Forze armate non possono battere un chiodo se il presidente non è favorevole.

C’è da immaginare il russo Putin, l’egiziano Al-Sisi e il turco Erdogan rosi dall’invidia al pensiero di quante funzioni e poteri abbia il loro omologo italiano, essendo per giunta anche non responsabile - cioè non imputabile - per gli atti compiuti nell'esercizio delle sue funzioni, tranne che per l’ipotesi di “alto tradimento o per attentato alla Costituzione” e con i ministri di volta in volta competenti costretti ad assumersene l’onere ma non l’onore con la controfirma.

L’uomo forte al potere…

Che nessuno abbia chiesto ancora al presidente di tornare “alla lettera” della Costituzione, vale a dire alla realtà di un presidente forte e niente affatto “notaio”, non è proprio vero. Durante i passaggi cruciali della storia repubblicana, nel 1960, nel 1992-93, nel 1995, nel 2011 e più di recente nel 2021, è toccato al capo dello Stato farsi carico della nomina di un governo “tecnico” o “del presidente”. Il fatto che siano stati il più delle volte scelti politici a fine carriera, la dice lunga sul timore che regna nel mondo politico di scegliere un presidente “forte”, che non accetti la logica dei partiti o dei gruppi di potere presenti in Parlamento. Parlamento, ricordiamolo, che resta in carica per cinque anni, vale a dire meno del capo dello Stato.

Scegliete il candidato che preferite…

Ciò detto, ho chiesto ai collaboratori di Difesa Online di cercare di capire come si collochino i “papabili” per la Presidenza della Repubblica rispetto alle questioni che ci interessano, vale a dire mondo militare, Forze armate, geopolitica e relazioni nazionali. Insomma, quanto possano garantire di essere dei validi interpreti e difensori dell’interesse nazionale dell’Italia. Ne è venuta fuori un’analisi un po’ lunga, perché riguarda 12 uomini e 8 donne fra quelle che i rumor - e la logica - indicano come possibili successori di Sergio Mattarella. Se non volete perder tempo con questa o quello, potete cercare quelli che vi interessano di più dato che sono in ordine alfabetico.

Giuliano Amato, l’ultimo treno per il potere…

Secondo l’amico Silviano Drago, nonostante ancora tutti ricordiamo bene il prelievo forzoso del 6 per mille sui risparmi nazionali, Amato è un candidato evergreen; già proposto – e giubilato - nell’ultima tornata elettiva, data l’anagrafe è alla sua ultima chance. Arguzia, preparazione accademica, intelligenza, che hanno determinato l’ingiuria alla Leonardo Sciascia di dottor Sottile, e che gli permetterebbero di coltivare certi e proficui rapporti istituzionali sia con la Difesa, a suo tempo toccata nelle disponibilità dalle sue osservazioni in qualità di responsabile del dicastero finanziario, sia in ambito internazionale europeo ed atlantista, sembrano aver spianato, per l’ennesima volta, l’accesso a quella che fu la reggia vaticana; ma il fattore età, per un 83enne rimane un ostacolo da dover considerare, a meno che non si consideri la sua esperienza quale ponte e garanzia da portare a scadenza dopo le elezioni politiche del 2023.

Silvio Berlusconi, di lui sapete già tutto (o almeno credete)

Poco da dire su un uomo politico sul quale si sono versati fiumi di inchiostro: è all’ultima chance. Dopo questo treno, potrebbe non passarne un altro per un incarico prestigioso al servizio del Paese. Atlantista convinto, ma con ottimi uffici con Putin, ha coltivato relazioni amichevoli con i principali leader internazionali negli anni al potere fra il 2001 e il 2011. Dopo l’espulsione dal Parlamento in applicazione della discussa Legge Severino, sembrava essersi ritagliato un ruolo di capo partito, lontano dalla sala dei bottoni.

Rosaria “Rosy” Bindi, la più amata dai 5 Stelle (e questo vi basti)

Cattolica progressista, il nostro Andrea Forte - e non solo lui - la vede divisiva e di bandiera, come contro-sfida al divisivo Berlusconi. Europeista sì (Inizia la carriera a Bruxelles), ma crede che il sovranismo sia stato aiutato proprio da un euro-egoismo tecnocratico. Crede che unità nazionale, pace e democrazie non ci sono in natura, vanno costruite e difese. Le forze armate sono uno degli strumenti che partecipano a questi obiettivi, all’interno di una cornice atlantica.

Emma Bonino, oltre tempo massimo (e troppo discutibile)

Ritorniamo a sentire Silviano Drago: “La radicale Bonino ha dichiarato la sua indisponibilità all’elezione quirinalizia malgrado il sostegno fornito da Carlo Calenda che ne esalta l’indiscussa competenza internazionale ed istituzionale. Sono da ricordare le sue prese di posizione discutibili in occasione della vicenda che ha visto coinvolti i fucilieri di Marina La Torre e Girone. Sia chiaro, non si può e non si deve certo condannare la coerenza, qualità quanto mai oggi carente, ma proprio per una sorta di contrappasso politico, non si può dimenticare tutto chiudendo una porta, per quanto quirinalmente preziosa ed istoriata.

Il nostro Tiziano Ciocchetti ne parla per un altro aspetto. n merito alle tematiche inerenti alla Difesa e alla Geopolitica, la Bonino, fin da quando venne nominata Commissario europeo nel 1995, denunciò l’impotenza dell’Unione Europea (nonché l’inutilità dell’ONU) di fronte alla “pulizia etnica”, intrapresa dai serbi (e non solo) nella guerra della ex Jugoslavia. La Bonino è una convinta europeista e atlantista. È inoltre una forte sostenitrice della creazione di un “Esercito Europeo”. Dal 28 aprile 2013 al 22 febbraio 2014 ha ricoperto l’incarico di Ministro per gli Affari Esteri del Governo Letta, in tale veste ha appoggiato l’operazione navale Mare Nostrum finalizzata al salvataggio dei migranti in mare.

Letizia Maria Brichetto Arnaboldi, vedova Moratti, se cercate una donna di centrodestra (che è pure contessa)

È il più probabile piano b femminile del centro-destra, secondo Andrea Forte. La sua elezione lascerebbe scoperta la casella critica della sanità lombarda nel pieno di una pandemia. Da imprenditrice e formatrice di giovani imprenditori africani, è convinta che il soft power possa contribuire alla stabilizzazione di aree critiche per l’Italia. Considera le capacità logistiche delle forze armate il valore aggiunto, che le ha reso possibile l'inizialmente fragile campagna vaccinale lombarda.

Marta Maria Carla Cartabia, un mistero nascosto in un enigma

Del suo pensiero su Difesa e geopolitica, sappiamo meno che nulla. Tiziano Ciocchetti ci ricorda che è di orientamento cattolico ed è assai probabile che anche la sua visione delle relazioni internazionali segua la dottrina di Comunione e Liberazione (grande attenzione alla realtà missionaria). Punto.

Maria Elisabetta Alberti Casellati, Berlusconi sotto spoglie femminili

Scrive Andrea Forte che la presidente del Senato è con Berlusconi da sempre e potrebbe essere una sua proposta alternativa. È però più berlusconiana di Berlusconi, dunque divisiva. Si definisce europeista, non per afflato, ma a patto che l’UE moltiplichi le forze insufficienti dell’Italia. Solo in questo caso sarebbe a favore dell’autonomia strategica europea. A favore di uno sviluppo militare a proiezione larga, anche spaziale, dove crede che svolgerà la vera sfida geopolitica futura.

Pier Ferdinando Casini, un uomo per tutte le stagioni (o una minestra riscaldata?)

Riecco Silviano Drago, a parlarci di colui che da quarant’anni è l’enfant prodige del centro e di tutti i centri, un uomo che ha fatto weberianamente della politica una professione, ha percorso un cursus honorum che, pur stando a regole non scritte, lo abilita senz’altro alla candidatura presidenziale. La vicinanza all’istituzione lo porta vicino sia alla Difesa sia alle aperture atlantiche ed europeiste. Tuttavia, secondo Tiziano Ciocchetti, non risultano tuttavia sue esternazioni in merito al settore della Difesa e alla Geopolitica. Fervente europeista e filo-atlantista, Casini ha ricoperto, dal 7 maggio 2013 al 27 settembre 2017, la carica di presidente della Commissione Esteri del Senato.

Giuseppe Conte, quello dei militari a parlare di pace nelle retrovie

Il responsabile Mondo Militare di Difesa Online, Tiziano Ciocchetti, ne parla in termini molto realistici. Nel campo delle relazioni internazionali dobbiamo evidenziare delle dicotomie tra il governo Conte I e Conte II. Nel primo esecutivo, la presenza della Lega, ha visto una politica estera dell’esecutivo vicina alla Russia. Mentre nel secondo, con la presenza del PD, Conte ha implementato le relazioni con la Cina. Inoltre, nonostante un europeismo di facciata, Conte stringeva accordi con singoli paesi europei. Ad esempio, nel febbraio 2020 a Napoli, in un incontro bilaterale con il presidente francese Macron, aveva concesso l’invio di un contingente di forze speciali con assetti aerei in Mali (operazione Takuba), successivamente ridimensionato dal COI. In ambito Difesa Conte ha sempre seguito la linea ondivaga del Movimento 5 Stelle. Emblematica la sua dichiarazione di non compare 5 fucili e di mandare i soldati che ne rimanevano senza “nelle retrovie a parlare di pace”.

Mario Draghi, per chi vuol andare sul sicuro (o ha poca fantasia)

Secondo Andrea Forte, l’attuale premier è il favorito. La principale difficoltà è garantire la continuità di governo e legislatura, in caso di passaggio al Quirinale. Atlantista convinto, ha svuotato l'avvicinamento alla Cina del 2019, utilizzando il Golden Power contro acquisizioni cinesi. Cerca di prendere i soldi europei, senza che aiutino un’egemonia tedesca nell’Europa “americana”. È consapevole della rivalità turca, e ha cercato di contenerla, ma senza successo. Sa che il contenimento della Cina implica minor centralità dell’Europa, per questo ritiene necessaria un’autonomia strategica, ma complementare alla Nato. A tal fine il bilancio militare è in aumento.

Secondo Tiziano Ciocchetti, Draghi è perfettamente in linea con le politiche estere dell’Unione Europea. Il 6 aprile 2021 si è recato in Libia, dove ha incontrato il Primo Ministro (in pectore) Abdul Hamid Mohammed Dbeibeh. I due capi di governo hanno parlato di cooperazione in campo energetico e infrastrutturale, nonché di immigrazione e di gestione dei flussi migratori nel Mediterraneo. Il viaggio è stato descritto come un tentativo di ridurre le influenze turche ed egiziane sulla Libia, a seguito della guerra civile. Alcuni giorni successivi alla prima visita ufficiale, infatti, durante una conferenza stampa, Draghi ha criticato duramente la politica del presidente turco Recep Tayyip Erdoğan, definendolo un dittatore. Il suo esecutivo prevede, nei prossimi anni, un aumento delle spese militari grazie ai fondi del Recovery Plan.

Anna Finocchiaro, ovvero i treni persi non ritornano (chiedete a Renzi)

Il buon Silviano Drago non è peli sulla lingua. “Magistrato prestato alla politica, la dottoressa Finocchiaro ha lasciato la toga più di 30 anni fa, dopo aver esercitato le sue funzioni per non più di un sessennio. Nel 2018 scontando la politica di rinnovamento inaugurata da Matteo Renzi non viene ricandidata anche per effetto di fotografie che, forse poco opportunamente, la ritraggono mentre sta facendo la spesa con due agenti della scorta. A questo si aggiunge la successiva decisione del ministro Bonafede che, assunto l’incarico, decide di non avvalersi dell’operato della dottoressa Finocchiaro, invece impiegata dal suo predecessore Andrea Orlando. L’epilogo è scontato, e vede partire la richiesta di pensionamento indirizzata al CSM. Non emergono particolari esperienze che conducano Anna Finocchiaro a contatto, per aspetti eminentemente operativi e politici, con la Difesa, eccezion fatta per il suo accostamento alla riorganizzazione dei vertici di Via XX Settembre, che l’ha fuggevolmente vista, tempo fa, quale possibile Segretario Nazionale della Difesa in versione sdoppiata rispetto all’attuale, che associa più organicamente l’incarico di Direttore nazionale degli armamenti”.

Si sofferma su di lei anche Andrea Forte: candidata di bandiera, del centro-sinistra, ma non dispiace al centro-destra. Pacifista, firma contro l’intervento in Kosovo, ma si dice umanitariamente a favore di quello in Libia nel 2011, che ha destrutturato una nostra area di interesse fondamentale. Ergo non ha alcuna contezza strategica. Da pacifista è favorevole a un maggior controllo dei civili nelle forze armate.

Dario Franceschini, sognando Chigi o Quirinale (anche per il 2029)

Andrea Forte va dritto al sodo: più che quirinabile, è chigibile, essendo considerato un anti-Draghi, in quanto politico, contro il predominio dei tecnici. Con Draghi al Colle, potrebbe essere il punto di caduta per far sopravvivere la legislatura. È un multilateralista privo di capacità analitica, è cioè convinto che gli altri facciano il nostro interesse… come in Libia. Non ha una vera cognizione del mondo militare. Il recente accordo sulla promozione dei musei militari italiani con il ministro Guerini è solo la tessitura di un legame politico.

Politico colto ed intelligente, secondo Silviano Drago, di recenti aperture al mondo militare si annovera quella operata a favore della valorizzazione dei musei militari. Dell’avvocato Franceschini, al momento si segnala il suo prodigarsi per la permanenza dell’esecutivo Draghi, i buoni rapporti con la Cina ed un atlantismo meno spinto di quello dell’attuale presidente del Consiglio.

Franco Frattini, se l’esperienza torna utile (e va ancora bene un uomo)

In due esecutivi a guida Berlusconi, secondo Tiziano Ciocchetti, ha ricoperto il ruolo di Ministro degli Affari Esteri. Sebbene contrario all’intervento in Libia nel 2011, ha sempre condotto una politica estera filoamericana e NATO. Nel 2003 ha appoggiato l’invasione statunitense dell’Iraq, definendolo un intervento legittimo, pur privo di una risoluzione delle Nazioni Unite.

Paolo Gentiloni Silveri, un conte al Quirinale (ovvero il Draghi di centrosinistra)

Ecco finalmente uno di cui si può scrivere molto in ambito geopolitico e militare! Ce ne parla Tiziano Ciocchetti. In qualità di Ministro degli Affari Esteri (carica ricoperta dal 31 ottobre 2014 al 12 dicembre 2016 nel governo Renzi) rilasciò una bellicosa dichiarazione contro lo stato islamico, dopo che questi aveva occupato la città di Sirte, in Libia, nel 2014. In Libia Gentiloni è stato tra i principali sponsor di Fayez al-Sarraj come premier di conciliazione nazionale, pur con periodiche aperture all'uomo forte di Bengasi, Khalifa Haftar, sostenuto dall'Egitto. Il sostegno alla lotta delle forze libiche contro lo stato islamico lo ha fatto definire da questi ultimi come "ministro dell'Italia crociata”. La sua posizione sulla Siria è rimasta più sfumata e in linea con i partner europei. Durante il suo mandato da ministro degli esteri sono più che triplicati i valori relativi alle licenze all'esportazione di armamenti, passando da meno di 2,9 miliardi di euro nel 2014 a oltre 8,2 miliardi di euro nel 2015, una cifra record dal dopoguerra. Il 21 marzo 2015 Paolo Gentiloni, con il Ministro della Difesa Roberta Pinotti, senza consultare deputati, senatori o farne parola in Parlamento, firma il Trattato di Caen con la Francia (per la quale erano presenti il Ministro degli Esteri Laurent Fabius e della Difesa Jean-Yves Le Drian), che stipula la cessione di trecentoquaranta chilometri quadrati di mare italiano, tra Sardegna, Liguria e arcipelago toscano, alla Francia. Dopo aver ratificato l'accordo, il 13 gennaio 2016 il governo francese sequestra il peschereccio Mina. Il peschereccio, portato sotto sequestro nel porto di Nizza da parte della Gendarmerie Maritime, viene riportato in Italia sotto pagamento di ottomila euro. Il Ministro Gentiloni decide di non intervenire nella questione diplomatica. L'Italia non ha ancora ratificato l'accordo Paolo Gentiloni sostiene fortemente l'integrazione europea e un'Europa a più velocità. Durante la sua premiership, Gentiloni ha affrontato diverse situazioni di politica estera impegnative, come la crisi del debito europeo, la guerra civile in Libia, l'insurrezione dell'Islam in Medio Oriente.

Marcello Pera, ovvero a volte ritornano (e sono pure intelligenti)

Atlantista convinto e intellettuale di razza, l’ex presidente del Senato in passato si era segnalato per i buoni rapporti con la Santa Sede durante il pontificato di papa Ratzinger.

Roberta Pinotti, ma anche no… (con tutto il rispetto)

A ricordarci i suoi rapporti col mondo militare è Andrea Gaspardo: è stata in successione: presidente della quarta Commissione Difesa della Camera dei Deputati, Sottosegretario di Stato al Ministero della Difesa, Ministro della Difesa ed infine presidente della 4a Commissione Difesa del Senato della Repubblica, tuttavia il ricordo che ha lasciato nei militari è stato talmente negativo da spingermi a dire che non ritengo la sua esperienza sufficiente a portare il benché minimo valore aggiunto.

Romano Prodi, nove anni dopo… (ma ne ha poca voglia)

Di lui scrive Tiziano Ciocchetti. Fautore di un Esercito Europeo, rimanendo comunque filoamericano, Prodi da presidente del Consiglio ha condotto una politica estera utilizzando anche lo strumento militare. Ne sono chiari esempi l’intervento nel 1997 in Albania per stabilizzare il Paese (operazione Alba) e l’incremento del contingente italiano di ISAF in Afghanistan (con l’invio di elicotteri d’attacco Mangusta). In questi ultimi anni ha evidenziato spesso gli errori commessi dall’Italia in Libia, adducendone il motivo alla mancanza di iniziativa dei vari esecutivi.

Paola Severino Di Benedetto, è brava ma perché fare un dispetto a Silvio?

Andrea Forte va subito al punto: è sua la legge, che ha espulso di Berlusconi dal Senato. Quasi impossibile immaginare un tale schiaffo al Cavaliere. I rapporti internazionali ci sono, considerata ad esempio la sua partecipazione alla stesura del Trattato del Quirinale. E lei ad aver fatto sì che la sua università, la Luiss, partecipasse ancora di più alla formazione delle forze armate.

A volte Silviano Drago usa la sferza, altre volte il guanto di velluto, In questo caso, va giù dolce dolce… Secondo lui, la presidente della Scuola Nazionale dell’Amministrazione nonché vicepresidente della Luiss, in questo momento interpreta forse una delle maggiori chance per la cosiddetta quota rosa. Criticata per gli aspetti professionali che la conducono al mondo forense, se davvero saltassero le ipotesi collegate a Draghi e ad un ipotetico Mattarella bis, potrebbe essere interprete di una delle candidature più valide. La Professoressa Severino, ha un curriculum di tutto rispetto, e questo non può giocare contro la sua candidatura per mera questione di principio; lo abbiamo scritto al principio: il candidato ideale e per tutti, non esiste. La carica presidenziale è carica di potere, e solo persone che nel loro campo hanno saputo esercitarlo con perizia possono esservi avvicinate, a meno che non si interpreti il potere stesso quale fattore atto ad impedire l’assunzione di incarichi istituzionali.

Giulio Carlo Danilo Tremonti, è intelligente ma speriamo che poi non torni pure Mario Monti…

Si parla da qualche giorno dell’ex ministro dei dicasteri economici dei governi Berlusconi. Più che il piano b, secondo Andrea Forte, sarebbe la carta segreta del centro-destra. Piace soprattutto agli “alleati” del Cavaliere, ma a ricordare loro che gli piace, sarebbe stato velatamente Renzi, che ambisce sempre ad essere ago della partita. È forse, insieme a Draghi, l’atlantista più consapevole delle sfide geopolitiche in atto. Da ministro fece dolorosi tagli alla Difesa, ma è un convinto assertore della minaccia cinese nei campi dei Big data e dell’intelligenza artificiale, e in questi crede si debba investire.

Walter Veltroni, un po’ piacione, un po’ galantuomo (con meno chance di tutti?)

Il clintoniano, secondo Silviano Drago, per avere qualche chance chiede un impegno collettivo che garantisca l’unità eleggendo un presidente bipartisan già alla prima votazione, in un quadro di legislatura che resista alle pressioni esterne. Amen!

Politico attento al fluire degli eventi, Veltroni in passato non ha mancato di spendersi a favore delle forze dell’ordine e ha cercato punti di incontro, talvolta anche criticati, con l’opposizione. Sui militari rimangono vive le (legittime) posizioni espresse per la tragedia di Ustica. Insomma, un uomo politico intelligente, comunicativo, ma che in un ruolo super partes dovrebbe dimostrare un’equidistanza forse ancora da maturare.

Le ultime parole…

Lasciamo la conclusione ad Andrea Gaspardo. In campo geopolitico e delle relazioni internazionali, sappiamo che molti dei nomi sopra citati hanno alle spalle decenni di esperienza nelle istituzioni più disparate a livello nazionale ed internazionale per cui hanno avuto occasione di forgiare rapporti sia istituzionali che personali che “potrebbero” (il condizionale è d'obbligo!) essere utili alla tutela degli interessi nazionali italiani. Il problema qui è chiedersi: quali sono gli interessi nazionali italiani? E come i soggetti sopra citati li declinano? Un rapido sguardo all'anagrafe degli interessati rivela che essi sono nati o comunque cresciuti tutti in un'epoca storica nella quale l'Italia non era più un paese padrone del suo destino e sono stati plasmati da un mondo culturale che ha essenzialmente creato generazioni di “irresponsabili” (nel senso di “non responsabili”). Formati mentalmente nel “Secolo Americano” e male abituati da decenni di “pace apparente”, a mio modestissimo (per non dire infimo) avviso i sopra citati candidati sembrano tutti (forse con le uniche parziali eccezioni di Romano Prodi e Mario Draghi, ma non ne sono completamente sicuro!) sostanzialmente impreparati a proteggere l'Italia dalle tempeste geopolitiche che colpiranno il nostro mondo nei prossimi 20-30 anni e che ridisegneranno radicalmente gli equilibri di potere globale.

Foto: Difesa Online