Coronavirus: uno scenario possibile per dimostrarne la forza devastante

(di David Rossi)
25/03/20

A Roma le campane suonano a morto, anche se le chiese sono deserte. Chiuse da settimane, dopo che persino a Pasqua ai fedeli non era stato consentito di partecipare alla liturgia: la pandemia aveva avuto successo dove Diocleziano, Napoleone e i totalitarismi del XX secolo avevano fallito.

Dopo una settimana di agonia al Policlinico Gemelli, il regnante pontefice ha reso l’anima a Dio. I carabinieri e l’esercito italiano dal giorno prima impediscono l’accesso a Via della Conciliazione e all’area antistante la basilica vaticana. Lo stesso succede di fronte a Santa Maria Maggiore e San Giovanni in Laterano, la “cattedrale” del papa. La programmazione televisiva si adegua alla gravità dell’evento, come già nel 2005 quando morì Giovanni Paolo II. Il cardinale camerlengo, un nord-europeo di poco più di settant’anni, come suo dovere, alla morte del pontefice presiede il periodo della cosiddetta Sede vacante. Ha come coadiuvante un vice camerlengo, non cardinale, ma insignito del carattere arcivescovile. Il decano del collegio dei cardinali è addirittura ultraottantenne e nemmeno potrà partecipare al prossimo conclave. Intanto, però, prima di parlare dell’elezione del nuovo Vescovo di Roma e capo della Chiesa Cattolica, occorre pensare al funerale del papa defunto. L’infuriare del “pestifero morbo” invita alla prudenza: nessuna esposizione del corpo alla vista dei fedeli, nessuna delegazione di capi di stato e di governo, nessuna partecipazione massiva dei cardinali e dei vescovi, tutti in età e spesso con patologie per cui il germe responsabile della pandemia è potenzialmente letale.

Il decano e il camerlengo propendono per una cerimonia per pochi, trasmessa in streaming, con al termine seppellimento nelle grotte vaticane: come già nel 1799 per Pio VI, condotto in prigionia a Valence da Napoleone, i funerali solenni sono rinviati a migliore occasione. La prudenza suggerisce ai cardinali curiali di rendere omaggio filiale alla salma del Vescovo di Roma individualmente e di restare nei loro appartamenti fino all’apertura del conclave. L’anziano decano come da tradizione accetta di celebrare il rito alla presenza del presidente della repubblica italiano, di pochi esponenti della curia e di quasi tutto il corpo diplomatico. Solo un paio di teste coronate minori sono intervenute di persona, attraversando metà dell’Italia in auto per devozione a antichi valori.

Vengono immediatamente convocati i quasi 120 cardinali elettori: hanno un’età media di oltre 72 anni e devono spostarsi dai cinque continenti, quasi tutti da Paesi con divieto di entrata e di uscita. Infatti, uno su dieci, per così dire, “marca visita”, un po’ temendo le conseguenze del viaggio e un po’ perché già impedito dall’aver già contratto il virus.

Arrivare a Roma è tutt’altro che facile: alcuni cardinali italiani, francesi e di lingua tedesca optano per lo spostamento con un’auto privata, accompagnati solo da un parente e/o da un segretario come autista. La storia di un porporato che ha fatto quasi cinquecento chilometri guidando da solo finisce sui giornali di tutto il mondo. Che sia una forma di self-marketing? I cardinali che devono prendere voli intercontinentali sono costretti a fare molti e complicatissimi scali per arrivare a Fiumicino. Alcuni atterrano a Zurigo e noleggiano un minibus con autista, dopo aver acclarato che costui indossi rigorosamente mascherina chirurgica (contenitiva…) e guanti protettivi.

All’arrivo, tutti vengono messi in isolamento in appartamenti singoli con servizi e sottoposti al tampone per verificare se sono già infetti. Così, uno di loro viene isolato in quanto già affetto dalla malattia… Viene scartata l’ipotesi di sottoporre tutti a quarantena per non allungare troppo i tempi e moltiplicare i rischi. Intanto, il manifestarsi di sintomi in alcuni loro accompagnatori e, successivamente, la loro positività a test ripetuti, porta due cardinali all’auto-esclusione dal conclave.

Il malumore serpeggia nel collegio cardinalizio, perché il personale della curia non sembra curarsi in modo puntuale della trasmissione del virus prima e durante il conclave: non è mai stato approntato un piano per la gestione del rischio. D’altronde, la curia vaticana è un organismo vecchio di secoli e colmo di acciacchi che fatica non poco a procedere nel XXI secolo. Il decano e il suo segretario si rivolgono a un’azienda specializzata per garantire un minimo di professionalità nella gestione del rischio, ma in cuor loro non sono certi nemmeno della bontà della scelta fatta.

La partecipazione al conclave in un ambiente chiuso, insieme a decine di anziani potenzialmente già contagiati ma soprattutto fisicamente fragili, viene vista come un obbligo molto pericoloso. Qualcuno ricorda le storie del terribile conclave estivo del 1978, con decine di vecchi porporati senza aria condizionata nelle stanze poco areate, il caldo soffocante e il fatto che fossero costretti a spartirsi pochi bagni. Qualcun altro cita San Giovanni: “Quando eri più giovane ti cingevi la veste da solo, e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi”.

Si moltiplicano le teleconferenze per cercare di addivenire a una decisione prima dell’"extra omnes" di rito: ci si chiede chi votare perché si vuol ridurre al minimo la presenza nel conclave. È meglio eleggere un curiale esperto di politica o un bravo pastore di anime? Meglio puntare su uno giovane e con un lungo pontificato davanti a sé o uno anziano che duri poco per poi eleggerne uno in modo più meditato dopo pochi anni?

Qualcuno, sagacemente, cita Benedetto XIV, il famoso papa Lambertini, che ebbe a dire: “Volete un santo? Scegliete Gotti. Volete uno statista? Eleggete Aldobrandini. Volete un onesto figlio di buona donna? Eleggete me”.

L’idea di eleggere un papa cinquantenne sembra prevalente, ma certi cardinali anziani ricordano la boutade che si frappose fra il cardinale Giuseppe Siri e l’elezione al soglio petrino nel 1958: “Essendo così giovane al momento dell’elezione che non sarebbe un padre santo ma un padre… eterno!”

Altri ricordano, invece, che l’anziano e malaticcio arcivescovo di Perugia, il cardinale Pecci, era stato eletto per regnare pochi anni e poi era sopravvissuto per la bellezza di venticinque.

Una cosa appariva chiara a tutti: il nuovo papa, una volta insediato, avrebbe dovuto superare la sfida della pandemia, nel senso di non morirne, prima ancora di concentrarsi sull’Occidente ormai post-cristiano e sui Paesi in via di sviluppo. Questo portava a escludere chiunque, per età e patologie, potesse durare sulla Cattedra di San Pietro non abbastanza da far tornare i cardinali prima che la minaccia del virus si fosse attenuata.

C’era da trovare qualcuno che affrontasse una serie di sfide senza precedenti, magari rischiando in prima persona. Ecco, come per magia due nomi (un europeo di meno di sessant’anni e un asiatico di poco più vecchio) cominciano a crescere nelle preferenze.

Il camerlengo si strofina le mani: forse in pochi giorni quell’evento storico così rischioso sarà passato. Intanto, uno dei cardinali ha la febbre e inizia a respirare affannosamente poche ore prima della messa Pro Eligendo Pontifice. Un brivido corre fra i cardinali: parecchi di loro hanno pericolosamente avvicinato il confratello, il quale nel frattempo risulta positivo al test.

Durante la messa, la piccola folla appare sgomenta. Il cardinale decano si schiarisce la voce più e più volte per attirare l’attenzione, ma i porporati appaiono alcuni terrei in viso, altri intenti a discutere fra loro con occhi spaventati, altri ancora col capo chino in preghiera.

L’anziano vescovo si interrompe un attimo durante l’omelia: ha un brivido. Gli è venuto in mente un libro letto alcuni anni prima su consiglio del defunto pontefice, scritto da uno scrittore e presbitero inglese e pubblicato nel 1907: Il Padrone del Mondo. Nelle ultime pagine, l’antagonista Giuliano Felsenburgh, per annientare la Chiesa cattolica uccide a gruppi o individualmente i cardinali, così impedendo l’elezione di un nuovo Vescovo di Roma e decapitando la gerarchia in modo irreparabile. Che cosa sarebbe successo se fossero entrati tutti nei locali del conclave? Gli viene in mente anche un’antica profezia, al ché interrompe di nuovo e in modo definitivo la lettura dell’omelia e esclama: “Ne diruetur! Non sarà distrutta! Fratelli, se ci riuniremo in conclave, un luogo fisico pericoloso in queste condizioni, avremo un’alta probabilità di contrarre - tutti noi, molti dei quali anziani e malati - il mortifero morbo, ma soprattutto contageremo il futuro papa, che si trova già fra noi e devasteremo lui e il Collegio dei cardinali. Ora, proprio detto collegio, cioè noi i principi della Chiesa romana, è sovrano in tempo di sede vacante. Vi chiedo perciò di esprimervi per acclamazione, a maggioranza assoluta, se volete procedere all’elezione del nuovo papa sempre per acclamazione e in questo stesso luogo, come lo Spirito ci darà la facoltà di fare. Se siete d’accordo, dite: sì, in nome di Dio lo voglio! Così, procederemo seduta stante, al termine della santa messa, all’elezione del successore di Pietro, vescovo di Roma…”

Il lettore perdonerà questo esercizio di fantapolitica, successivo a quello del 21 febbraio, avente lo scopo il mostrarvi, attraverso uno scenario possibile, la forza devastante di questa pandemia sulla società e sulle istituzioni. Ci siamo permessi di non indicare date e di omettere i nomi, persino quelli dell’agente patogeno e della pandemia, perché profondamente desiderosi che tutto questo non debba mai accadere.