Alcune riflessioni sull’esercito russo

(di Renato Scarfi)
07/04/22

La guerra (perché di questo si tratta) in Ucraina se da un lato ha colto di sorpresa molti osservatori, dall’altro ha permesso di conoscere meglio le reali capacità operative dell’esercito russo. Non solo, al di là degli evidenti problemi della catena logistica, impietosamente evidenziati durante la campagna militare russa, all’attenzione dei commentatori internazionali è stato presentato un esercito che, fatta eccezione per alcuni reparti d’élite, non riesce a essere efficace quanto ci si aspettava, nonostante il grande divario numerico e di dotazioni di quella che sembrava essere una schiacciante forza militare russa.

Fin dall’inizio del conflitto siamo stati invasi da informazioni riguardanti convogli bloccati, soldati che disertavano lasciando il proprio equipaggiamento sul terreno, mezzi che venivano abbandonati perché rimasti senza carburante, soldati che vagavano affamati per l’assenza di adeguati rifornimenti di derrate alimentari, generali uccisi perché la loro posizione veniva scoperta ascoltando le comunicazioni con i cellulari. Una situazione complessiva che contraddiceva gli studi consolidati di settore. Di conseguenza, molti si sono chiesti se l’esercito che veniva fuori dalle descrizioni dei servizi giornalistici era veramente l’esercito che per decenni era stato valutato come il più forte del mondo o se ciò che emergeva dalla narrazione degli inviati era frutto della propaganda di guerra.

Alcuni fatti oggettivi della campagna di guerra, tuttavia, sono davanti agli occhi di tutti. Il Cremlino contava di concludere rapidamente le operazioni militari, ipotizzando una resistenza ucraina debole e caotica, in alcune zone addirittura assente, e presupponendo un diffuso atteggiamento amichevole da parte della popolazione. Invece, contrariamente alle aspettative russe, la resistenza si è rivelata organizzata, ben armata e determinata, sia da parte dell’esercito regolare ucraino che di quella delle forze di volontari e riservisti arruolatisi in gran parte del paese.

La strategia russa è quindi passata dal blitzkrieg a una guerra di bombardamento a tappeto, con una serie di raccapriccianti assedi urbani per fiaccare il morale dei difensori. In sostanza, distruggere l'Ucraina piuttosto che sottometterla. Da qualche giorno si è poi assistito a un progressivo ripiegamento delle forze russe, che si sono concentrate nella parte orientale del territorio ucraino e lungo la fascia costiera sul Mar d’Azov e del Mar Nero.

Al centro della questione sembra esserci una mancanza di coordinamento, pianificazione e, soprattutto, addestramento tra le forze russe, che sono costituite in buona parte da giovani poco addestrati o motivati. Una condotta dei combattimenti che si sono finora rivelati lontani da quella che veniva ritenuta “…una forza disciplinata e sofisticata … che oggi può affrontare il contesto globale con un nuovo carattere, uno status rafforzato e abilità impensabili pochi anni fa…”i. Un esercito che, quindi, non si è finora rivelato quella macchina da guerra che si pensava fosse.

A dispetto di quanto affermato da Putin, inoltre, fin dall’inizio delle operazioni militari è stato impegnato anche personale che, dalle scarse capacità dimostrate, non sembrerebbe professionista.

Perché queste difficoltà?

Il personale dell’esercito russo

Nei primi anni novanta del secolo scorso la caduta del Muro di Berlino ha rivelato al mondo un esercito russo trascurato, impoverito e inefficiente perché, per buona parte, strutturalmente e tecnologicamente obsoleto. Dopo molte difficoltà nel 2003, l’allora ministro della Difesa Sergei Ivanov, per rendere più attraenti gli arruolamenti e risollevare un esercito prostrato, varò delle riforme che permettessero al personale di non vivere più all’altezza dei propri mezzi … di sopravvivenza. Tali riforme miravano anche a creare un esercito più contenuto nei numeri, ma più moderno, professionale e con elevata mobilità, in grado di rispondere adeguatamente agli impegni regionali, mentre la deterrenza nei confronti delle minacce più rilevanti avrebbe continuato a essere assicurata dall’arsenale nucleare, settore presso il quale viene impiegato il personale più qualificato.

Un esercito, quindi, che avesse la capacità di esprimere adeguatamente l’uso della forza, da miscelare agli attacchi informatici e a una potente propaganda al servizio del regime, come previsto dalla nuova modalità “ibrida” di fare la guerraii.

È così cominciata un’opera di riorganizzazione e ammodernamento dello strumento militare terrestre russo, con l’acquisizione di nuovo armamento, nuovi sistemi di comando e controllo e con la progressiva professionalizzazione di quello che una volta era uno strumento quasi esclusivamente composto da coscritti.

Tuttavia, la creazione di un esercito professionale non è solo una questione di volontà, ma soprattutto di tempo e soldi (addestramento, dotazioni, ecc…). Troppe energie per un paese che, seppure immenso e con enormi risorse naturali, ha un PIL inferiore a quello della sola Spagna. Nonostante la manifestata volontà di migliorarne le condizioni e l’operatività, passando da un budget di 23,6 miliardi USD (2000) a 61,7 miliardi USD (2020)iii, se paragonato all’impegno statunitense, le risorse destinate all’apparato militare russo non hanno superato rispettivamente il 5% e l’8% di quanto stanziato nello stesso periodo dagli USA (475 miliardi USD nel 2000 e 778 miliardi USD nel 2020). In aggiunta, il prolungato impegno militare in Siria ha assorbito buona parte degli stanziamenti del passato. Ciò, se da un lato ha permesso a Mosca di acquisire crediti da Damasco, permettendogli di ripresentarsi come attore nella geopolitica del Mediterraneo, ha però ridotto sensibilmente le risorse da dedicare alla riorganizzazione dell’esercito.

Il risultato è che la Russia, che si stava rialzando dalla grave crisi che ha contraddistinto gli anni novanta dello scorso secolo e i primi anni di questo duemila, non ha potuto disporre di adeguate risorse per professionalizzare completamente i propri reparti dell’esercito. Gli scarsi capitali allocati, infatti, sono stati principalmente indirizzati ai corpi speciali, reparti altamente specializzati per i quali è indispensabile un addestramento lungo e approfondito. Ciò nondimeno, gli enormi problemi logistici di cui è affetto lo strumento militare terrestre russo hanno ridotto drasticamente anche l’efficacia di quei reparti, causando perdite pesanti durante la campagna militare ucraina. Reparti non rimpiazzabili nel breve/medio periodo.

A questo si aggiunge anche un altro problema di difficile soluzione. L’attuale “sviluppo” demografico non permette a Mosca di ottenere gli arruolamenti numericamente necessari a far fronte al proprio livello di ambizione. Neanche la relativamente recente costituzione della Guardia Nazionale (nelle intenzioni di Putin una sorta di “pretoriani”) ha permesso di alzare il livello qualitativo complessivo, non essendo stati sostanzialmente eliminati i vincoli economici correlati alle esigenze di addestramento e dotazioniiv.

L’esercito russo, quindi, consiste ancora in non meno del 38% di forze composte da coscritti, chiamati a svolgere servizio militare per la durata di un anno (fino al 2008 era di 18 mesi)v.

Alla limitazione numerica si aggiunge un altro grande vincolo, quello qualitativovi. Neanche il miglioramento complessivo della qualità di vita del personale militare sembra, infatti, aver creato le condizioni per attirare individui più qualificati o più motivati.

Nel corso del periodo sovietico, servire nell’esercito era considerato un gesto altamente patriottico e un modo per passare dall’adolescenza alla maturità. Come scrive Iva Savic, tale percezione è andata gradualmente attenuandosi, anche a causa della diffusione di pratiche interne violente (nonnismo esasperato), fino a portare il 70% dei giovani russi a non considerare più il servizio militare nell’esercito come una possibilità di crescita sociale. Una percezione condivisa dalle famiglie, che fanno di tutto per evitare l’arruolamento dei propri figli. Non sorprende, quindi, come sia piuttosto frequente il ricorso alla corruzione per evitare il servizio militare. Ciò permette ai giovani delle classi più agiate di evitare di indossare l’uniforme, lasciando tale onere alle classi meno abbienti e, normalmente, provenienti dai luoghi più remoti del paese. L’effetto è che, nel 2008, non meno del 30% dei chiamati alle armi è stato giudicato inabile al serviziovii.

In sostanza, quasi la totalità dei coscritti proviene dalle classi lavoratrici più umili e povere, e dalle zone più isolate del paese, con tutto quello che consegue anche a livello culturale. Tra coloro che non riescono a evitare il servizio militare (quelli nati dal 2000 in poi), inoltre, una significativa percentuale non gode di buona salute, proprio a causa di problemi correlati alla povertà e alle modeste condizioni di vita. Una povertà che tocca il 12-15% negli oblast più ricchi, per arrivare al 60-70% nelle regioni siberiane.

A ciò si aggiungono i metodi talvolta impiegati per l’arruolamento, che possono prevedere l’approccio dei giovani per strada, nella metropolitana, davanti ai dormitori universitari, o direttamente alle residenze, da dove vengono portati direttamente, spesso coattivamente, ai distretti militari per una veloce valutazione, l’arruolamento e il trasferimento alla destinazione di servizioviii.

Va infine sottolineato come l’esercito russo abbia “…troppi colonnelli e pochi caporali...”ix. Una relativa carenza qualitativa di ufficiali nei gradi intermedi e di sottufficiali, quindi, quelli più a contatto con le truppe, quelli che dovrebbero guidarle in battaglia. Una leadership lacunosa delle piccole unità russe il cui risultato è stato che il morale delle truppe e la fiducia nella catena gerarchica sembrano scesi oltre ogni limite, costringendo Mosca a inviare in prima linea molti generali per poter dirigere le operazioni in prima persona e tentare di risollevare il morale delle truppe. Generali che sono rapidamente diventati il bersaglio preferito dei cecchini. Se la morte di un generale durante una guerra normalmente è un evento abbastanza raro, l’eliminazione di ben nove alti gradi in prima linea ha stravolto le statistiche.

In definitiva

Forze di terra con pochi ufficiali intermedi, insufficienti sottufficiali in grado di gestire le piccole unità e con un’alta percentuale di coscritti, non adeguatamente motivati e addestrati. Forze che non sembra riescano ad avere l’efficacia operativa che gli osservatori si aspettavano e, soprattutto, che il Cremlino si aspettava. Una carenza operativa che porta anche a compiere gravissimi errori. Come non ricordare il “fuoco amico” che, durante i combattimenti in Ossezia del sud nel 2008 (ma sembra anche in Ucraina), ha causato gravi perdite a causa (sembra) della sostanziale mancanza di contatti tra le truppe di terra e l’aviazione. O come i problemi sempre alle comunicazioni che in Ucraina hanno costretto i militari a usare i telefoni cellulari personali per rimanere in contatto con i propri reparti.

Forze che sembra siano state ulteriormente e intensamente impiegate dal 2014 in poi. Impiego prolungato che ha causato cedimenti anche nelle truppe d’élite, come appurato dagli interrogatori ai prigionieri fatti dagli ucraini nelle aree separatistex, anche se Mosca non ha mai riconosciuto come propri tali combattenti.

Un esercito formato da così tanti coscritti, inoltre, che ha dimostrato di non poter operare efficacemente in un contesto quale quello della guerra in corso, in un’area complicata, sensibile e potenzialmente divisiva come, appunto, l’Ucraina orientalexi, con penetrazioni in profondità lontano dai propri confini nazionali. Confini che la Russia sviluppa, e deve controllare, su migliaia di chilometri e che in alcune aree presentano oggettive difficoltà di difesa come nel Caucaso, in Asia centrale e nella Siberia orientale, anche se Mosca storicamente percepisce ancora i confini europei come quelli più minacciosi. Proprio per questa percezione russa del pericolo “europeo”, nel 2016 a Kaliningrad sono state sistemate delle postazioni di SS-26 “Iskander”, missili balistici a corto raggio, anche se quell’area è (ancora) tra le più tranquille lungo i confini russixii.

Nel frattempo, proprio per le carenze finora dimostrate dalle forze di terra, si sta sviluppando (con le dovute cautele, visto che a Putin non sembra piacere il dissenso) un dibattito tra coloro che vorrebbero il ritorno allo sviluppo geografico sovietico e coloro che, più pragmaticamente, ritengono che i tempi (e le forze) siano profondamente cambiati e che ciò sia ormai impossibile. Correnti di pensiero che riflettono le divisioni interne al potere russo. Da una parte chi ha compreso che questa guerra si è trasformata in un pantano ed è meglio finirla quanto prima possibile. Dall’altra chi vuole che questa continui, sperando che una significativa conquista territoriale sul campo faccia dimenticare un esercito inadeguato e una pianificazione delle operazioni a dir poco lacunosa. Sopra a tutti c’è un Putin che vuole a tutti i costi un trofeo da mostrare alla popolazione, perché non vuole uscire dalla guerra da sconfitto. L’esito di tale dibattito è nelle mani di Giove.

Per quanto attiene alla sicurezza complessiva della Russia, a Mosca tutti concordano sul mantenimento di una credibile capacità di deterrenza nucleare e sulle capacità della Marina russa di maritime denial (leggi articolo).

Al momento, appare comunque ipotizzabile che le performances dell’esercito russo durante la guerra in Ucraina non mancheranno di avere effetti anche sulla dottrina militare russaxiii.

Ma qualunque postura nazionale o livello di ambizione geopolitico russo dovrà fare i conti con gravi problemi di carattere strutturale, dalla questione sociale/demografica a quella economica. Limiti evidenti che si riflettono sulla qualità delle Forze Armate, nel caso particolare con l’esercito. Un esercito che non è finora apparso così forte come si credeva. Un esercito che sembra si sia anche macchiato di crimini di guerra (le inchieste della Corte Penale Internazionale forse lo chiariranno). Un esercito che nel teatro dei combattimenti sembra vedere un aumento dei casi di autosabotaggio e che, per far fronte ai problemi in zona di guerra, ha chiamato altri 135 mila ragazzi alle armi (sic!)xiv. Altra carne poco o nulla addestrata (o motivata) da buttare in campo, nel tentativo di ottenere un risultato che giustifichi questo conflitto agli occhi della popolazione russa.

i Mark Galeotti, L’esercito russo dal 1992 al 2016, Mondadori, 2018, dalla presentazione del volume

ii Nicola Cristadoro, La dottrina Gerasimov. La filosofia della guerra non-convenzionale nella strategia russa contemporanea, Ed. Il Maglio, 2022

iii Stockolm International Peace Research Institute (SIPRI) database sulle spese militari mondiali. Ancorché non completamente omogenei, i dati forniscono un’indicazione di massima del rapporto delle spese militari tra i due paesi.

iv Mikhail Barabanov, Konstantin Makienko, Ruslan Pukhov, Military reform: toward the new look of the Russian Army, analytical report of the Valdai discussion club

v Iva Savic, The russian soldier today, su “Journal of International Affairs” 63

vi Mikhail Barabanov, Konstantin Makienko, Ruslan Pukhov, Military reform: toward the new look of the Russian Army, analytical report of the Valdai discussion club

vii Vladimir Mukhin, Calling up workers and peasants, Nezavisimaya Gazeta, 1 aprile 2008

viii Rapporto dello Human and Civil Rights Violations in relazione alla campagna di arruolamento 2009 nell’area di San Pietroburgo

ix Paméla Rougerie, Guerre en Ukraine: pourquoi la Russie perd tant des hauts gradés sur le front?, Le Parisien, 26 marzo 2022

x BBC, Crisi ucraina: Forze Speciali russe catturate, 17 maggio 2015, su www.bbc.com/news/world-europe-32776198

xi Iva Savic, The russian soldier today, su “Journal of International Affairs” 63

xii Jonathan Marcus, Russia’s missile deployment in Kaliningrad ups the stakes for NATO, BBC

xiii Jaroslaw Adamowski, Russia overhauls military doctrine, Defence news, 10 gennaio 2015 e Olga Oliker, Unpacking Russia’s new national security strategy, Center for Strategic and International Studies, 7 gennaio 2016

xiv Matteo Sacchi, “L’esercito russo si rafforza”. Ma spuntano i disobbedienti, il Giornale, 1 aprile 2022

Foto: MoD Fed. Russa