Verità per Gulio Regeni

31/03/16

Sulle facciate di molti edifici pubblici e privati del nord-est italiano, ma anche in altri luoghi della Penisola campeggia la scritta nera su fondo giallo: “VERITÀ PER GIULIO REGENI”, il giovane dottorando, originario del Friuli Venezia Giulia, scomparso in circostanze misteriose in Egitto il 31 gennaio del 2016 e ritrovato cadavere dopo 5 giorni sul ciglio di una strada periferica del Cairo.

Verità per Giulio Regeni è divenuto il mantra necessario a spiegare i rapporti bilaterali tra Italia ed Egitto, malgrado il dolore della famiglia e la tragicità della morte?

Così, mentre le procure di Roma e del Cairo indagano, nei modi più disparati ed alle volte con effetti paradossali, il circo mediatico (chissà se può essere ancora utilizzare questa formula in un pezzo giornalistico?!) sguazza su indiscrezioni e finti scoop, peraltro resi ancor più paganti dal punto di vista del gossip in quanto alternati con dichiarazioni imbarazzate ed imbarazzanti degli inquirenti egiziani e della solita inadeguata diplomazia italiana (Caso Marò docet).

Questa situazione intricata porta però ad alcune osservazioni, o meglio ad alcune riflessioni sul lavoro che lo studente friulano stava conducendo nel paese delle piramidi.
Pare assodato si occupasse di una ricerca sul campo inerente la negazione dei diritti dei lavoratori ambulanti, il tutto per l’elaborazione di una tesi che gli consentisse di conseguire un dottorato di ricerca presso la prestigiosa università di Cambridge; un lavoro da topo di biblioteca ad un superficiale esame dei fatti, roba da secchioni, niente a che vedere con i servizi segreti.

NO! Assolutamente NO! Citare le spie sarebbe da complottisti, la tesi che coinvolge l’intelligence è stata definita addirittura da beceri ignoranti, peraltro la negano fermamente gli inquirenti e la stessa famiglia, insomma tesi da sciacalli e speculatori.

Aspettate un momento, "speculatori"? Ma questo termine italiano a cosa somiglia?
Certo!
Al sostantivo latino speculatores, una figura militare con compiti amministrativi, nata in età repubblicana VI-I sec. a.C. con il nome di frumentarii ed evolutasi fino alla fine dell’Impero.

Mille anni di un ruolo nelle res militaris, all’interno di un mondo fondato sull’attività dell’exercitus, c’è da giurarci, avrà determinato una significativa influenza nella cultura e nel modo di pensare, ma sarà stata tale da giungere fino a noi? E poi in tutto ciò cosa centra il povero dott. Regeni?
Forse tutto o forse proprio nulla!

Gli speculatores all’origine erano figure sovrapposte a quelle dei frumentarii, si occupavano dell’approvvigionamento di granaglie per la legione di appartenenza, tenendo la contabilità di quanto veniva incamerato e quanto veniva redistribuito, insomma, furieri ante-litteram, tuttavia nel tempo, l’ampliamento dei commerci, l’afflusso di cereali da paesi come la Macedonia e l’Egitto, che coincidenza! Fece sì che questi “miti ragionieri” cominciassero a raccogliere non solo elementi necessari a contabilizzare i beni alimentari della legione, ma anche gli sfoghi, le lamentele e qualsiasi altra comunicazione giungesse dai mercanti, gente che certo le cose non stentava a raccontarle.
Tale condizione, tale capacità, non poté certo sfuggire all’attentissima classe dirigente senatoria che iniziò a sfruttare le informazioni ottenute dai frumentarii tramutandoli in speculatores, in questo modo sarebbe stato più semplice prevedere le mosse di alleati, soci e nemici. 
Chi, al di sopra di tutti, comprese il nuovo ruolo degli speculatores fu Giulio Cesare, l’allora proconsole romano infatti li impiegherà quali avanguardie delle sue legioni, soprattutto in territorio gallico, tali avanguardie erano solite sfruttare le vie commerciali tra mediterraneo e centro europa, aree peraltro già ampiamente battute da fenici ed achei fin dall’età del bronzo. 
Con l’ascesa di Ottaviano e l’avvento del principato questi solerti furieri rientrarono nell’alveo delle unità del pretorio, cioè le guardie della domus imperiale, ma sarà con Adriano che giungeranno a costituire addirittura la guardia personale del principe stesso, assumendo un ruolo di tale rilievo da condizionare addirittura la nomina degli imperatori.

Non resta altro da fare che ritornare a Giulio Regeni, probabilmente uno speculator dei nostri tempi, quasi certamente inconsapevole della doppia valenza che il proprio lavoro avrebbe avuto, sicuramente coinvolto in un gioco al rialzo tra forze di intelligence e di sicurezza di diversi paesi con interessi divergenti.

Resta da chiedersi se la medesima innocenza attribuibile a Regeni sia possibile supporla per chi ha ritenuto corretto ed utile che il dottorando lavorasse nell’ambiente del sindacalismo clandestino di uno stato autocratico come l’Egitto.

Rimane inoltre il dubbio che il lavoro dello studente italiano fosse necessario ad un mondo universitario, quello anglosassone, che da sempre oltre a contribuire significativamente alla ricerca scientifica, in diversi settori è stato ed è fonte di informazioni preziose per la rete dei servizi di sicurezza, questi sempre alla ricerca di conoscenze affidabili e scientificamente rigorose.

Verità per Giulio Regeni, speculator inconsapevole del XXI secolo, verità per Giulio Regeni, ragazzo troppo preparato e risorsa troppo preziosa perché si possa giustificare il fatto di averlo mandato in “prima linea” senza un’adeguata preparazione e formazione finalizzata alla self-protection.

Verità per Giulio Reggeni, affinché tutti dicano ciò che sanno, al Cairo così come a Londra e Roma. 
Verità per Giulio Regeni!

Lettera a firma: L’homme qui va

(foto: ©Maurizio Bonanni)