Il 2 settembre 2015 la 72esima edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia viene aperta dalla proiezione della pellicola “Everest”, basata sulla storia vera della disastrosa scalata alla montagna più alta del mondo da parte del gruppo “Adventure Consultants” capitanata dall’alpinista neozelandese Rob Hall, avvenuta nella primavera del 1996.
CIAK 1: Appena il gruppo si riunisce nella capitale nepalese Kathmandu, Rob conduce un briefing in cui fornisce le prime spiegazioni riguardo all’avventura da intraprendere. Spiega Rob: “È semplice ragazzi: gli esseri umani non sono fatti per poter funzionare alla quota di crociera di un 747. Una volta arrivati qui, sopra il Colle Sud, il nostro corpo inizierà a morire. Intendo, letteralmente. (…) Quindi la sfida è: riusciremo a portarvi in cima, e poi al Campo Base, prima che il corpo muoia?”
CIAK 2: Per provare ad ovviare ai problemi di sovraffollamento sulla montagna di quei giorni di maggio 1996, Rob della Adventure Consultants e Scott Fisher della spedizione concorrente “Mountain Madness” si accordano per unire le forze e condividere i compiti da svolgere in fase di ascesa (sistemare le corde, eccetera). Subito prima di partire dal Campo Base, Rob e Scott tengono un briefing congiunto dei 2 gruppi. Ad un certo punto la discussione tocca l’argomento della suddivisione tra i partecipanti delle bombole di ossigeno da portare sulla montagna, per migliorare la respirazione in caso di difficoltà. L’alpinista kazako Anatolij Bukreev, una delle guide della Mountain Madness, suscitando lo scalpore di tutti, dice: “Io non uso l’ossigeno. Aria finta, non mi serve. Mai usato, e mai lo userò. Hai più problemi se poi finisce.”
CIAK 3: La spedizione congiunta è in difficoltà. Le corde fisse che dovevano già essere state fissate dagli sherpa prima della partenza del gruppo non sono al loro posto e si è accumulato ritardo nel sistemarle. Qualcuno ha perso le energie ed è tornato indietro, qualcuno ha raggiunto la cima e sta tornando indietro, qualcuno è bloccato. Le due guide Rob e Scott hanno perso il controllo di dove si trova ciascun partecipante e in quale direzione stia marciando, quando una bruttissima tempesta sorprende tutti. Alcuni alpinisti muoiono stremati dopo aver esaurito le loro bombole di ossigeno. Beck Weathers, scalatore americano della Adventure Consultants, bloccato dall’ipotermia, riesce miracolosamente a trascinarsi fino al Campo 4, dal quale i compagni comunicano via radio al Campo Base che Beck è vivo, ma che non riuscirà a ridiscendere con le proprie forze. La responsabile Helen Wilton del Campo Base riferisce via telefono satellitare alla moglie di Beck, negli Stati Uniti, la quale risponde prontamente: “Oh, lo porto giù io. Lo porto giù io, OK? Cosa ci serve? Serve un elicottero, giusto?” Dopo aver riattaccato, la signora Weathers organizza telefonicamente l’elicottero di soccorso che salverà la vita al marito.
In conclusione, su 34 scalatori presenti sulla parete dell’Everest, ben 8 muoiono. È stato osservato che l’uso delle bombole d’ossigeno ha storicamente “permesso a molte più persone, che altrimenti non si sarebbero mai potute trovare lì, di poter tentare di salire montagne al di sopra delle loro possibilità, aumentando in questa maniera i rischi e, conseguentemente, i morti” (fonte: Wikipedia). Viceversa, durante i tragici giorni descritti nel film, non solo Anatolij riesce a scalare la vetta e a rientrare illeso, ma nessuno dei clienti affidati a lui morirà. Inoltre, Anatolij riuscirà a salvare ben 3 alpinisti in altrettante uscite dal Campo 4 oltre gli 8000 metri di altitudine. Anatolij morirà un anno più tardi sull’Annapurna, travolto da una valanga, ma questa è un’altra storia.
Le misure restrittive della libertà di circolazione che il governo italiano ha imposto ad un’ampia maggioranza dei cittadini da molti giorni sono ahimè molto simili ad una vera scalata himalayana per molti italiani. Questo è dovuto ovviamente al fatto che un numero troppo elevato di persone devono affrontare in questo periodo di quarantena molte spese irrinunciabili (come ad esempio affitto per la casa e generi alimentari di prima necessità) senza poter lavorare e quindi in molti casi senza una fonte di reddito.
Nel nostro Paese esiste fortunatamente lo strumento della cassa integrazione per i lavoratori dipendenti con contratto di lavoro “standard”. Vi sono però nel nostro Paese molte migliaia di persone, fra lavoratori autonomi, tirocinanti, senza lavoro, lavoratori in nero, eccetera, che senza adeguate misure di aiuto potrebbero ritrovarsi nel bel mezzo di questa fase di emergenza senza le risorse finanziarie minime per coprire le spese incomprimibili ed essenziali.
Volendo paragonare tutto l’insieme delle persone fisiche che compongono il nostro Paese ad un “corpo collettivo”, il compito del governo di studiare misure di aiuto finanziario per permettere a questo corpo collettivo di superare questo periodo di emergenza senza che nessuno scivoli nell’indigenza, può essere paragonato al compito di Rob nel nostro Ciak 1: portare tutti in cima, e poi giù al campo base, senza che il corpo muoia.
Negli Stati Uniti il presidente Trump ha firmato alcuni giorni fa un maxi-pacchetto di stimolo economico dal valore di 2000 miliardi di dollari, per permettere agli USA di attraversare la crisi scatenata dalla pandemia. In particolare, si prevede che ciascun cittadino single riceverà 1200 dollari accreditati gratuitamente sul proprio conto corrente, mentre ciascuna coppia riceverà 2400 dollari. In più, ciascun genitore riceverà 500 dollari per ogni figlio al di sotto dei 17 anni di età. Questi aiuti sono gradualmente ridotti per le persone che guadagnano più di 75000 dollari all’anno, mentre non sono proprio previsti per le persone che guadagnano più di 99000 dollari l’anno (queste ultime due soglie sono raddoppiate per le coppie).
Molte testate giornalistiche (in America e altrove) hanno utilizzato l’espressione “helicopter money”, ovvero “soldi dall’elicottero” per descrivere questi aiuti. Questa espressione deriva probabilmente da quegli incidenti che capitano di tanto in tanto (più in America che altrove) in cui un elicottero portavalori che trasporta chili e chili di banconote da 100 dollari subisce un qualche guasto mentre si trova in volo sopra una grande metropoli: a un certo punto il portellone si apre e un’infinità di succulenti bigliettoni verdi si riversano sui marciapiedi sottostanti, frequentati da ignari passanti che arraffano a più non posso soldi gratis che vengono quindi distribuiti a tutti senza distinzioni.
Non è mia intenzione esprimere un giudizio accurato su questa misura approntata dal Congresso americano con voto bipartisan, anche perché non l’ho studiata in maniera approfondita e non posso quindi escludere che, come dicono gli americani, “the devil is in the details”, cioè le fregature stanno nei dettagli.
Vorrei però sottolineare la bontà, a mio avviso, del principio generale di questo provvedimento: gli aiuti vanno a tutti i cittadini al di sotto di una certa soglia di ricchezza, a prescindere dalla loro situazione lavorativa. Questo è il motivo per cui i “soldi dall’elicottero” dell’America di Trump possono anche essere paragonati alla scena del nostro Ciak 3, in cui l’elicottero preleva lo scalatore che non ce la fa più e lo trasporta direttamente al Campo Base.
Vorrei invece mettere in guardia le nostre istituzioni dal mettere in campo aiuti che siano in qualche modo “condizionati” ad un futuro ritorno alla normalità. Faccio un esempio: nei nostri giorni è rimbalzata nel nostro dibattito pubblico la proposta di aiutare i lavoratori autonomi con partita IVA che pagano un affitto per esercitare la propria attività, dando loro la possibilità di posticipare la rata dell’affitto di aprile fino a settembre. Nel malaugurato caso in cui si raggiungesse settembre e il nostro lavoratore autonomo non fosse ancora in grado di derivare un sostentamento dalla propria attività, come potrebbe pagare non una ma addirittura due rate dell’affitto contemporaneamente?
Ecco quindi la mia convinzione in base alla quale qualunque tipo di aiuto condizionato ad un futuro rientro allo stesso lavoro che si faceva prima che si scatenasse la pandemia sarebbe l’equivalente della bombola d’ossigeno tanto osteggiata dall’alpinista Anatolij Bukreev nel nostro Ciak 2. Guai peggiori se l’aiuto arrivasse ad esaurimento prima che la scalata (ovvero la fine dell’emergenza dovuta a questa pandemia) sia giunta a termine. “Hai più problemi se poi finisce”.
Nel mio primo articolo “Chissà se grazie al Coronavirus noi italiani troveremo il coraggio di voltarci dall’altra parte?” ho cercato di descrivere la mia profonda convinzione su quanto profondi saranno, al termine dell’emergenza, gli impatti di questa pandemia sui bisogni dell’uomo, sui bisogni dell’ambiente, e dunque sull’economia e sulle dottrine che cercano di indirizzarla. Inevitabilmente, questi profondi cambiamenti porteranno alla morte milioni di aziende in tutto il mondo, anche in Italia, poiché i loro prodotti o servizi non saranno più richiesti.
Nel mio secondo articolo “La quarantena finanziaria” ho dunque ipotizzato un metodo, il più ordinato possibile, per smantellare le aziende che ahimè non avranno più un ruolo positivo da giocare nel mondo post-Coronavirus di domani, e allo stesso tempo salvaguardare quelle che invece avranno ancora uno spazio sul mercato. Inevitabilmente, tutto ciò porterà a milioni di licenziamenti e alla necessità di riconvertire la carriera di milioni di persone.
In questo terzo e ultimo articolo della serie desidero quindi auspicare che tutte queste persone ricevano un aiuto finanziario gratuito, immediato e non vincolato né al proprio status professionale pre-crisi, né tantomeno alla prospettiva di un ritorno “alla normalità”, dato che per moltissime persone, al termine di questa emergenza, la normalità sarà cosa ben diversa da come l’abbiamo intesa fino a ieri.
Questi aiuti gratuiti e immediati alle persone fisiche, per quanto riguarda l’Italia, possono essere realisticamente finanziati unicamente attraverso il programma OMT (Outright Monetary Transaction), annunciato dal Consiglio Direttivo della Banca Centrale Europea il 2 agosto 2012. Le OMT consisterebbero nell’acquisto diretto da parte della BCE di titoli di stato a breve termine emessi in questo caso dall’Italia.
Un giorno tornerà il bel tempo e avremo tutti occasione di ricostruire le nostre vite private, le nostre vite professionali, le nostre carriere. Ma fino ad allora sarebbe davvero pericoloso dare alle nostre famiglie “ossigeno” per continuare a procedere a tentoni nella tempesta senza avere alcuna certezza di dove ci troveremo (e in quali condizioni) quando l’ossigeno finisce. Molto meglio optare per un elicottero di aiuti incondizionati, che ci riporti al sicuro a Campo Base fino a quando la tormenta non sarà passata.
Paolo Silvagni
(Laureato in economia, ex consulente finanziario, imprenditore)
Foto: U.S. Air Force