Lettera a Difesa Online: "qualche dubbio sul Piano per l’ottimizzazione industriale di Leonardo"

21/05/22

La Società Leonardo (ex Finmeccanica) sta presentando agli Enti Istituzionali e alle Organizzazioni Sindacali il suo Piano per l’ottimizzazione industriale per il consolidamento e la crescita della Divisione Elettronica, con l’obiettivo di ambire alla leadership europea nel settore della Elettronica per la Difesa.

Il piano prevede investimenti (autofinanziati) per 200M€ all’anno per 5 anni per lo sviluppo del portafoglio prodotti, ed altri 50M€ per la manutenzione di quei siti riconosciuti centri di eccellenza.

Si parla di investire per creare la Factory of the Future migliorando i processi industriali secondo i concetti di Industria 4.0 e Digital Manufacturing, si incrementeranno i rapporti con le Università e si aumenterà la capacità industriale italiana, tenendo in debita considerazione la sostenibilità ambientale giustamente divenuta un must di questi nostri tempi.

Questo piano prevede la chiusura di 6 siti in Italia, accorpandoli in realtà vicine, e la creazione di un Hub Logistico nell’area del comune di Pomezia a sud di Roma.

Naturalmente il piano non prevede riduzioni dell’organico dei lavoratori di Leonardo anzi ci saranno assunzioni.

E fin qui tutto bene.

A pensarci meglio però ci sono alcuni dubbi sulla reale efficacia del Piano e del suo scopo finale.

Più che un piano industriale sembra un piano economico con lo scopo di razionalizzare i costi dell’azienda, facendo cassa a guadagno degli azionisti e del top management aziendale.

Non vogliamo entrare in disquisizioni economiche e siamo positivamente meravigliati che un’azienda partecipata dallo Stato al 30% non parli di finanziamenti statali, definendosi in grado di provvedere a sé stessa, e forse senza aumentare il suo indebitamento e migliorando il cash flow (il flusso di cassa giustamente da tenere in considerazione).

Vogliamo invece entrare nel merito della chiusura dei siti: più specificatamente in quello di Pomezia, sito storico, attivo già dagli anni 60 del secolo scorso, prima come Scialotti, poi come Elmer (Elettronica Meridionale) e via via fino alla fusione con la Marconi e poi all’ingresso nell’orbita Finmeccanica ora Leonardo.

Prima di tutto Pomezia è un sito di proprietà e non si capisce perché chiuderlo e tenerne aperti altri in cui invece si paga un affitto.

I dipendenti del sito di Pomezia sono attivi nella progettazione, sviluppo, gestione e manutenzione di equipaggiamenti per comunicazioni militari, terrestri, navali ed avionici; attività nelle quali Leonardo si presenta come player di livello internazionale, forte anche della collaborazione con il vicino aeroporto militare di Pratica di Mare.

La chiusura del sito prevede lo spostamento degli oltre 700 dipendenti ed attività in altri siti dell’area laziale: quello di Cisterna di Latina, quelli romani della Ex Sistemi Integrati sulla via Tiburtina, della Ex Vitrociset sempre in via Tiburtina e presso il sito (forse in affitto) di Leonardo in via Laurentina. In qualche caso parliamo di siti con forte necessità di manutenzione straordinaria, rispetto a Pomezia già pronto all’uso grazie agli investimenti fatti nel passato e che continuano ancora oggi.

In un momento in cui anche Leonardo è concentrata sulla sostenibilità ambientale, lei stessa non si preoccupa di incrementare ulteriormente il pendolarismo su tratte stradali (Via Pontina e Grande Raccordo Anulare) già naturalmente “antropizzate”, non curandosi del conseguente inquinamento, dell’aumento dei consumi dei suoi dipendenti, dell’incremento delle ore passate in auto per raggiungere un posto di lavoro più lontano, fino al cosiddetto stress da lavoro correlato.

Se Leonardo dichiara che non ci saranno perdite di posti di lavoro, sicuramente si riferisce ai suoi dipendenti, ma cosa succederà all’indotto. L’indotto necessario ad una grande azienda come pulizie, mensa e servizi, si basa in gran parte su operatori inquadrati in regime di part-time quindi con reddito medio basso: di sicuro chi lavora 4 ore al giorno non può permettersi di gestire i suoi soldi per languire 2-3 ore nel traffico stradale, e quindi si licenzierà (possiamo parlare di licenziamento indotto).

Sempre di licenziamento indotto, siamo portati a pensare che qualche dipendente Leonardo possa cercare fortuna altrove, sfruttando proprio l’elevata esperienza acquisita in anni di lavoro in azienda.

Relativamente al Comune di Pomezia, al posto di un’azienda ad alto contenuto tecnologico, Leonardo intende impiantare un hub logistico, un grande magazzino generale gestito da 40-50 operai addetti, con un reddito sicuramente più basso dei colleghi impiegati e quadri che lasceranno Pomezia per migrare in altri siti.

Questo comporterà la diminuzione della capacità d’acquisto nella cittadina laziale, con la crescente insoddisfazione dei commercianti locali già provati dalla pandemia.

La chiusura del sito non permetterà l’assunzione di giovani locali, e quindi non ci sarà domanda di nuove case o di avere asili e scuole e di tutte quelle necessità generate da nuove famiglie.

La sparizione di una ulteriore grande azienda sull’area pometina, già abbondantemente depressa economicamente, potrebbe portare all’insediamento di organizzazioni malavitose. Leonardo è una partecipata statale e, come tale, condivide con lo Stato la responsabilità sociale del luogo dove opera.

Tutela dell’ambiente, salute, lavoro, uguaglianza sociale, e giustizia sono solo alcuni degli obiettivi per lo sviluppo sostenibile, conosciuti come Agenda 2030, individuati dalle Nazioni Unite, e che anche le grandi aziende devono tenere in debita considerazione.

Infine non si capiscono le motivazioni per le quali si vuole chiudere un sito che, anche durante la pandemia, è riuscito a performare in maniera eccellente, tanto che i dipendenti, avendo raggiunto gli obiettivi prefissati, hanno ottenuto la corresponsione del 100% del Premio di Risultato di sito.

Quello di Pomezia è un sito definito da altri un gioiellino ed un orologio svizzero e riteniamo che Leonardo debba e possa rivedere il suo piano.

Lettera firmata