Lettera a Difesa Online: Italia tafazziana araba fenice

16/05/20

Caro direttore, qualche giorno fa ho avuto modo di leggere l’editoriale di Marco Travaglio dal titolo “Tutto il Covid è paese”. Un editoriale interessante che partendo dal proverbio, un po' autoassolutorio, “Tutto il mondo è paese”, mette in luce come sia corretto da parte di ogni cittadino pretendere che il proprio Paese possa essere meglio degli altri.

La storia del covid-19 nel nostro Paese ha, tutto sommato, dimostrato che l’Italia non è stata quel disastro che alcuni politici e media arroganti e sciacalli hanno voluto fare credere e questo alla luce di quanto accaduto in altri Paesi che, non dimentichiamolo, hanno avuto il vantaggio di avere proprio il nostro Paese come elemento di confronto da cui trarre dei vantaggi. La Francia, il Belgio o l'UK, a dispetto delle dichiarazioni del ministro della Sanità, non mi sembra che abbiano fatto chissà quali meraviglie per fare fronte alla pandemia.

Una volta terminata la lettura, ho preso carta e penna, come si diceva una volta, e ho pensato di scriverti perché mi ha aiutato a riflettere, oltremodo, su come sia delicato, importante, pericoloso, subdolo, trasparente, e potremmo trovare un’altra decina di aggettivi, i dati e comunicare le informazioni.

Marco Travaglio è un giornalista con cui, spesso, in passato, non mi sono trovato in sintonia ma che, quasi sempre, dice quello che pensa, dote non così comune. Uno dei suoi “difetti”, direbbe un mio amico, è di contestare le affermazioni più radicali e, a volte, troppo semplicistiche, che, ormai troppo spesso, ascoltiamo, accomunando a queste, al contrario, proposte serie e concrete. Questo editoriale mette in luce le due facce della stessa medaglia. Da un lato il confronto, con altri paesi per evidenziare la bontà di ciò che sta facendo l’Italia, forse in un modo polemico e poco costruttivo, riducendo il dibattito politico a questa semplificazione che nasconde, invece, la complessità cui il governo sta cercando di far fronte e a cui tanti stanno contribuendo con proposte serie e concrete, nascondendo, ad esempio, i ritardi più forti nel governo nel fare test più massicci che possano consentire alle aziende di riaprire in maggior sicurezza. 

Dall’altro, invece, pone l’attenzione sulla necessità di contenere il più possibile, proteggendo i più fragili. Essendo consapevoli che purtroppo per un po’ non fermeremo completamente questo virus, e ciò che ogni società deve fare è trovare il miglior bilanciamento fra rischio sanitario (inteso come numero di decessi e non di contagiati) e ripresa di attività, il cui blocco sta creando nelle fasce più deboli della popolazione (non dimentichiamo che in Italia il tasso di istruzione è basso, quindi persone che possono fare ’smart working’ non è poi così elevato) disagi gravi.

Fatta questa premessa, però, personalmente, mi trovo d’accordo con Travaglio in questa analisi, indubbiamente sommaria ma che reputo efficace.

Ora, perché questa lunga antifona?

Ci tengo a precisare che non ho così tanti elementi per sapere esattamente come stiano andando le cose negli altri Paesi ma ho colleghi ed amici che mi raccontano di situazioni estremamente critiche, assolutamente paragonabili a quelle che noi abbiamo vissuto tra febbraio e marzo. Preferisco credere a queste piuttosto che a quanto ci raccontano determinati media perché le notizie che sentiamo vanno sempre prese con i beneficio di inventario, spesso spinta dallo sciacallaggio mediatico e politico. È un dato di fatto, però, che la situazione è difficile ovunque e che nessuno ha la medicina magica per risolvere il problema. Basta guardare cosa sta succedendo in questi giorni in Cina, nella zona di Wuhan, oppure in Corea dove è sorto un altro focolaio.

Come ho avuto modo di scrivere in un altro articolo, proprio sul Covid-19 e in merito alla modalità con cui un’epidemia si espande sia che si tratti di un virus sia che si tratti di un contenuto digitale, la comunicazione, ahimè, è la madre di tutti i problemi. Chi comunica ha una responsabilità enorme nei confronti dell’Universo intero. Comunicare in maniera sbagliata o volutamente errata, porta a influenzare nel bene e nel male il modo di vivere, il sentimento delle persone, la capacità di credere o non credere, le abitudini, i modi di comportarsi e, in una sola parola, l’ecosistema nel quale viviamo.

È estremamente istruttivo e, al tempo stesso, terribile ciò che scrive Brittany Kaiser, ex direttrice del business development di Cambridge Analytica, nel libro “La dittatura dei dati”:

  • "E così , mi ero ritrovata a far parte della maggiore operazione condotta da Cambridge Analytica, che consisteva nel raccogliere più dati possibili sui cittadini statunitensi e nello sfruttarli per influenzare le intenzioni di voto degli americani. Avevo potuto rendermi conto di come le inadeguate norme sulla privacy di Facebook e la totale mancanza di controllo del governo federale sui dati personali avessero reso possibile tutto questo. Ma, soprattutto, avevo capito che Cambridge aveva utilizzato le sue risorse per far eleggere Donald Trump."
  • "Sanno cosa compri. Sanno chi sono i tuoi amici. Sanno come manipolarti. Settanta like erano sufficienti per sapere di quella persona più di ciò che sapevano i suoi amici; centocinquanta like più di quello che sapevano i suoi genitori; trecento like più del suo partner. Oltre i trecento si era in grado di conoscere un individuo meglio di quanto conoscesse se stesso."

Chi non l’ha ancora capito, farebbe bene ad accelerare il processo di comprensione altrimenti ne va della democrazia e della nostra stessa vita.

L’influenza ella comunicazione ha assunto livelli enormi e, per certi versi, inaspettati se pensiamo soltanto a qualche anno fa e questo è dovuto al fatto che la popolazione che, siccome non legge, non approfondisce e non studia, si beve qualsiasi cosa, crede a coloro che parlano alla pancia, urlano slogan ma non hanno sostanza.

Comunicazione da una parte e ignoranza dall’altra sono una miscela devastante ed esplosiva di cui il nostro Paese si nutre a dosi massicce.

Mi piace ricordare una frase di Nelson Mandela: L’istruzione è l’arma più potente che si può usare per cambiare il mondo

Purtroppo, sembra che non sia così perché basta guardare la sconsideratezza dei messaggi sessisti, razzisti, beceri, urticanti che sono stati inviati a Silvia Romano per rendersene conto pienamente.

Chi siamo noi per dire certe cose? Chi siamo noi per urlare, in maniera qualunquista, che con 4 milioni di euro si sarebbero potuti comprare mascherine, dispositivi di assistenza, ecc. quando ci sono partiti politici che devono restituire allo Stato Italiano 49 milioni? Ci vuole giudizio, rispetto ed equilibrio nel dire e nel pensare certe cose. La vita umana, dal mio punto di vista, è al di sopra di ogni cosa ma ormai, siccome vale tutto, ci si permette di scrivere e urlare qualsiasi cosa.

Nel diluvio di insulti social contro Silvio Romano, c’è chi si augura per lei “la pena capitale”. Il post appare su un gruppo che raccoglie i ‘musulmani d’Italia’. “Questa non è una conversione religiosa ma un attacco politico alla nostra nazione e alla nostra Europa - si legge - Persone come lei andrebbero giustiziate negli Stati americani ove esiste la pena capitale. Ora le pecore italiane acclamano al ritorno. Ma quale ritorno! Non si rendono conto che ci hanno inviato una cellula dell’ISIS in perfetta copertura?”. Anche questo post finisce al vaglio della Procura di Milano che sta indagando per minacce aggravate a carico di ignoti. Ci sono anche gruppi come ‘Silvia Romano restituisci i soldi’ in cui si avalla la tesi, al momento priva di ogni fondamento, dell’accordo tra la cooperante e i suoi rapinatori.

Tra i post shock contro la giovane cooperante italiana c’è quello di un consigliere comunale di Asolo (Treviso), Nico Basso, che ha postato una foto di Silvia e sotto ha scritto “impiccatela”. Basso, un ‘venetista’ capogruppo della civica “Verso il futuro”, ex assessore della giunta comunale leghista del comune trevigiano, ha subito cancellato il post, che era accompagnato da altri messaggi di odio e offese volgari alla giovane cooperante italiana liberata in Somalia dopo 18 mesi di prigionia.

Possiamo discutere di tutto ma in modo corretto e sereno e invece no. Qui si che servirebbe lo Stato e basterebbe fare rispettare la legge e mandare in galera i leoni da tastiera del “far web” che insultano tutti perché, secondo questa “gente”, il digitale è un mondo dove ci si può permettere di dire e fare qualsiasi cosa. La legge vale anche nel mondo digitale, cari i miei leoni da tastiera.

Di errori ne sono stati fatti e molti se ne faranno ancora. E non li ha fatti solo il Governo ma anche gli scienziati perché questo tipo di scienza non è "esatta" ma è un percorso che procede per approssimazioni successive.

Che gli altri siano meglio di noi, non credo. Questo Paese è un ossimoro: da un lato ha una capacità di risorgere dalle proprie ceneri come un’araba fenice, come ha fatto tante volte nel corso della propria storia, e dall’altro ha una tendenza “tafazziana” a farsi del male da solo.

E noi, comuni cittadini? Dovremmo tornare alle origini e a quello che i nostri Padri e i nostri Nonni ci hanno insegnato e ci hanno lasciato come eredità da preservare per noi e per i nostri figli. Se non lo faremo, saremo destinati a distruggere quel bene che si chiama vita.

Grazie

Ing. Carlo Mauceli